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Marco Pitzalis
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Un ricco vedovo, su consiglio del figlio, decide di risposarsi. Con l'aiuto di un amico che lavora nel mondo del cinema metterà in scena un'audizione per poter trovare la sua anima gemella : troverà una ragazza, gentile, timida ed educata, forse fin troppo, che nasconde un terribile segreto!
“Audition” è un film "d'autore", un film apparentemente lento, che potrebbe annoiare lo spettatore medio, ma è un film ben fatto, che ci presenta la solitaria e malinconica figura del vedovo in cerca di una nuova compagna.
Ancora una volta un film orientale affronta il problema della solitudine: anche una società iper tecnologica e moderna come quella giapponese accusa una carenza di sentimenti affettivi, come accadeva già nel “Kairo” (“Pulse”) di Kiyoshi Kurosawa.
Il regista di “Audition” è Takashi Miike, che tratta il suo film con raffinatezza: nella prima parte (forse un pò troppo lunga) che potrebbe far sembrare il film un "drammone", viene presentata la figura (direi positiva) del protagonista, triste e solo, per il quale è inevitabile provare compassione e simpatia allo stesso tempo; in seguito viene introdotta la ragazza dall'aspetto gentile e dall'animo buono e carico di malinconia, per la quale non è possibile non provare un sentimento di empatia, viste anche le torture subite da piccola.
Il genio di Miike si può intuire soprattutto nella seconda parte del film, una parte breve rispetto alla prima ma che senza dubbio sconvolge lo spettatore e lo lascia stordito.
Il pregio del film è, a mio avviso, l’ambiguo finale: non capiamo se le scene forti alle quali abbiamo assistito (la tortura con il filo è folle/geniale/malata, la trovata del sacco é a dir poco inquietante) sono frutto dell'immaginazione del nostro protagonista, forse convinto di avere conquistato la ragazza in modo disonesto (una finta audizione), o forse è la realtà; non si capisce se la riservata ragazza è una maniaca possessiva o se è solo l'incubo del protagonista, capiamo solo che è una ragazza sfortunata, che ha sofferto molto per colpa della cattiveria degli uomini che ha incontrato.
O forse (preso dal rimorso) il nostro vedovo ha solo avuto a che fare con il fantasma della moglie deceduta? Questi sono gli interrogativi rimasti dopo la visione della pellicola: probabilmente “Audition” è un film che va guardato più volte per poterne cogliere appieno il reale significato.
La seconda "allucinogena" parte è qualcosa di impressionante a livello visivo, e le torture (sia fisiche che psicologiche) subite dal protagonista (ammesso siano vere e non allucinazioni) colpiscono e coinvolgono non poco lo spettatore.
Un film davvero fuori dagli schemi, con un finale "fai da te": ognuno ha la sua impressione, e nessuno può dire di avere ragione, ogni tesi o supposizione può essere valida.