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Roberto Giacomelli
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L’architetto John Rivers, sposato con Linda, una scrittrice di successo, vive una vita felice, finché un giorno viene ritrovata l’automobile di sua moglie nei pressi di una scogliera, ma della donna non c’è traccia; qualche giorno dopo viene ritrovato il cadavere. John vive nel dolore per molti mesi, ma una mattina fa la conoscenza di Raymond Price, un uomo in grado di comunicare con l’aldilà, che lo informa che Linda si era messa in contatto con lui. Raymond, che anni prima aveva perso un figlio, introduce così John allo studio degli EVP (Electronic Voice Phenomenon) una tecnica che permette, attraverso l’ascolto e la registrazione di frequenze vuote in apparecchi elettronici, di captare manifestazioni visive e uditive delle anime dei defunti. Inizialmente scettico, John comincia ad instaurare un contatto con l’aldilà e con la moglie, ma ci sono anche alcuni spiriti che hanno intenzioni ostili.
“White noise” è il classico esempio di come si possa fare un brutto film malgrado si abbia a disposizione un buon cast, milioni di dollari di budget e un’ottima idea di partenza.
L’affascinante tematica degli EVP è piuttosto originale, anche se il film, fin dall’inizio, si piazza subito in territorio “Sesto senso”; comunque, a parte discutibili scelte dettate dall’impatto con la legge del botteghino (per creare un film di successo bisogna pescare elementi in altri film di successo),
“White noise” ha una buona partenza e per circa 40 minuti risulta interessante e ben fatto. Infatti trascina da subito lo spettatore in campo sicuro: un inizio che mostra la vita armoniosa di una famiglia (quasi) perfetta, un’armonia che lo spettatore sa che verrà presto spezzata; il lutto, la disperazione, la speranza e l’incursione nel paranormale. Fino al momento dei primi esperimenti di EVP, con tanto di scene da sobbalzo, dunque, il film procede dignitosamente; poi, improvvisamente e inspiegabilmente, la storia subisce un brusco ed infelice mutamento: il protagonista se ne va in giro per la città a tentare di salvare la vita alle persone che la moglie morta gli indica come individui in pericolo.
Stonano davvero molto queste strizzate d’occhio a “Final destination” e “Minority report” e non si riesce a capire il motivo di questa scelta, dal momento che la storia poteva benissimo continuare così come si era evoluta fino a quel momento. Ma purtroppo le brutte sorprese non finiscono qui poiché la sceneggiatura continua a traballare e si riempie di buchi grandi come voragini: si ci immerge a questo punto nel thriller e salta fuori anche un misterioso serial killer; per concludere il pasticcio con un finale confuso e frettoloso, nonché con ridicole apparizioni di fantasmi nella realtà fisica (il modo migliore per infarcire un thriller/ horror di ridicolo involontario è mostrare un fantasma, reso come una figura semi trasparente, che interagisce con gli attori!). Il motivo per cui un film interessante degeneri nel pattume risulta un mistero almeno quanto la reale esistenza dei fenomeni EVP; il finale poi, così frettoloso e malamente montato, sembra quasi una conseguenza di maldestri tagli in fase di montaggio o esaurimento del budget a disposizione prima della conclusione delle riprese.
Ad operazioni analoghe, nel recente passato, si era già assistito e con esiti alterni, a volte con l’intento di rilanciare star leggermente in declino (era successo a Kevin Costner con il bruttissimo “Dragonfly” e a Richard Gere con l’interessante “The mothman prophecies”), così proprio come accade al protagonista di “White noise” Michael Keaton, un bravo attore che negli ultimi anni è apparso in poche pellicole ma che non convince in questo film, risultando spesso fuori parte; così come fuori parte appare anche Deborah Kara Unger (“Crash”), che interpreta un personaggio totalmente inutile all’intreccio. Naturalmente risultano molto curate e suggestive sia le scenografie che la fotografia, trattandosi di un film con un budget consistente; mentre totalmente anonima risulta la regia dello sconosciuto Geoffrey Sax.
In conclusione, “White noise” non è altro che una bella idea sviluppata maldestramente, a causa di una sceneggiatura disastrosa, una regia poco ispirata e attori fuori parte. Vivamente sconsigliato.