Insane backdrop
Insane poster

INSANE

2010 SE
febrero 9, 2010

Un hotel solitario por un camino solitario. Sarah está perdida, buscando un lugar para dormir. Ella vino al lugar equivocado. Un hotel solitario por un camino solitario. Sarah está perdida, Jenny la está buscando. Ella ha venido al lugar correcto. El Hotel Bridgeburn.

Directores

Anders Jacobsson, Tomas Sandquist

Reparto

Jacobsson Anton, Lars Bethke, Johanna Leamo, David Lenneman, Alida Morberg, Lennart Ström, Sanna Messo, Tommy Hall, Maria Litorell, George Mauroy
Terror
HMDB

RESEÑAS (1)

RG

Roberto Giacomelli

skull empty skull empty skull empty skull empty skull
Sarah è alla ricerca di sua sorella Jenny, scomparsa nel nulla durante un viaggio. Ripercorrendo le orme della ragazza, Sarah giunge in un motel, ultimo posto visitato da Jenny prima che di lei si perdessero le tracce, e decide di alloggiarvi. Ma un misterioso individuo con impermeabile e maschera antigas sul volto si aggira per le stanze dell’edifico a mietere vittime. In questi ultimissimi anni la penisola scandinava ci sta viziando con una serie di film di genere assolutamente di gran qualità che sembrano dare nuova linfa a un panorama spesso monopolizzato da remake e idee di riciclo. Ma non tutto ciò che proviene dall’Europa settentrionale si chiama “Lasciami entrare” o “Sauna”, ma c’è anche l’”Insane” di turno che giunge a portare equilibrio tra le parti, tra il bello e il brutto che naturalmente si alternano in ogni settore. A distanza di ben quattordici anni dal suo primo film, lo splatter metacinematografico “Evil Ed”, il regista Anders Jacobsson torna dietro la macchina da presa accompagnato dall’esordiente Tomas Sandquist per dar vita a questa pellicola di scarso valore che prende il titolo di “Insane”. Siamo di fronte a un’opera a basso budget che lo da a vedere un pò sotto tutti i punti di vista, ma il problema di fondo risiede piuttosto nella scarsezza di idee che sta alle fondamenta di questo lavoro. Cioè, caro Jacobsson, se torni a dirigere un film dopo quasi tre lustri e, sicuramente, non senza difficoltà produttive, ci si aspetterebbe che hai perlomeno tra le mani una storia che valga davvero la pena di raccontare! E invece cosa ci troviamo di fronte? Un clone di “Psycho” strutturato come uno slasher all’americana, con tanto assassino mascherato e vittime poppute e mezze ignude che fuggono urlati per i corridoi. Tutto qui? Si, tutto qui, con buona pace della lunga attesa. E la cosa che più meraviglia è che per scrivere la sceneggiatura di “Insane” ci siano volute ben cinque persone. Non due o tre, che sono già tanti, ma ben CINQUE, un po’ come si fa per i cinepanettoni nostrani…e per esperienza nazionale, sappiamo che tutta questa folla a firmare uno script non è sinonimo di riuscita qualitativa. Praticante Jacobsson e Sandquist non fanno altro che seguire in modo piuttosto certosino la struttura narrativa del su citato capolavoro di Hitchcock: si comincia con una protagonista che giunge in un motel vuoto e isolato e che dopo un quarto d’ora abbondante scopriamo non essere la vera protagonista perché qualcuno, la cui identità è ben celata ma che tutti abbiamo subito riconosciuto, l’accoppa. Allora entra in scena la vera protagonista, sorella della prima, accompagnata/raggiunta dal fidanzato (che qui è un bulletto di colore dall’espressività di una mela cotogna), che indagando alloggiano proprio nel motel in cui è scomparsa la vittima. Ma non finisce qui, perché c’è anche un investigatore alle calcagna della scomparsa. Déjà-vu? Però la rilettura di “Psycho” segue stavolta il ritmo e l’andamento semplicistico dello slasher movie, con tutti i crismi del genere, dal look del killer alle sue armi (bianche), dalla vocazione all’azione alle concessioni al gore spinto. L’assassino porta una maschera antigas per celare la sua identità e un lungo impermeabile nero, usa coltelli e uncini, si muove e agisce come l’assassino di “Scream” e in un’occasione si diverte anche a torturare una vittima, tanto per strizzare l’occhio alla moda del momento che si chiama torture porn. Dunque davvero nulla che valga la pena di segnalare in un’opera concettualmente vecchia e stanca come questa, se non un certo merito che va riconosciuto alla regia, in più occasioni valorizzata da alcuni gradevoli movimenti di macchina che ricordano un pò Kubrick. Adatto solo ai nostalgici di Norman Bates e agli slasherofili all’ultimo stadio. Voto arrotondato per difetto.