Unfacebook backdrop
Unfacebook poster

UNFACEBOOK

2011 IT

RESEÑAS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Il parroco di una cittadina sulla costa pugliese è stanco di assolvere i peccati dei parrocchiani che quotidianamente si confessano a lui. Fedifraghe, truffatori, pedofili, persone riprovevoli all’occhio di Dio che vengono però simbolicamente perdonate, come l’istituzione ecclesiastica impone. Il parroco, allora, si promuove giustiziere, “spada di Dio”, e con l’aiuto dell’ipnosi induce alcuni peccatori al suicidio. Con la scoperta della web chat Unfacebook, il parroco decide allora di arruolare uno stuolo di giovani seguaci che, ipnotizzati attraverso il mezzo internet, vanno a punire i peccatori, uccidendoli. Un commissario da poco trasferito lì da Torino si occupa del caso, cercando di trovare una connessione ai terribili fatti che stanno insanguinando la città. Al suo secondo lungometraggio, il giovane regista pugliese Stefano Simone mostra di aver sviluppato uno stile contenutistico che lo rende riconoscibile nell’ambiente indipendente italiano, oltre a mostrare una decisa crescita artistica e padronanza del mezzo cinematografico. “Unfacebook”, infatti, così come “Una vita del mistero”, ci parla di religione e del rapporto che l’essere umano ha con la fede. In entrambi i casi è un rapporto diretto, assoluto, di pura devozione ma trattato sotto due ottiche diametricalmente opposte. Da una parte c’era l’uomo qualunque intento a sviluppare un percorso di conoscenza e affetto cristiano verso la divinità, dall’altra c’è l’uomo che si eleva a divinità, intraprende un’ascesa che lo pone super partes verso gli esseri umani e gli dona potere punitivo su chi si tinge di gravi peccati. Due punti di vista differenti che pongono anche la Chiesa sotto due sguardi opposti. “Una vita nel mistero” accoglie il messaggio cattolico e se ne fa quasi veicolo; “Unfacebook”, al contrario, appare critico verso l’istituzione ecclesiastica e condanna la leggerezza con cui è praticata la confessione. Ma non è solamente un messaggio da Antico Testamento quello che contraddistingue il film che Stefano Simone trae dal racconto inedito di Gordiano Lupi “Il prete”, ma possiamo trovarvi anche una palese critica al mondo virtuale e al suo potere “ipnotico” che coinvolge soprattutto le nuove generazioni. “Unfacebook” condanna il web, i social network soprattutto nell’uso sbagliato che ne viene fatto dai giovani, intenti ad accogliere la tecnologia come un’arma di “distrazione” di massa piuttosto che mezzo di utilità, comunicazione e conoscenza. Il messaggio è chiaro fin dal titolo, che scimmiotta il social network più famoso del mondo per dar vita a una web-chat che diventa il veicolo primario del il folle parroco per corrompere le giovani menti assuefatte da telefoni cellulari e internet. A tratti questo messaggio si fa eccessivo e didascalico, quasi parossistico, ma funziona come metafora dei tempi attuali e infatti proprio nell’hight concept che sta alla base di “Unfacebook” si può trovare il punto di maggiore interesse dell’operazione. Utilizzando sicuramente richiami e omaggi a tanto cinema contemporaneo o del recente passato che va dal nipponico “Kairo – Pulse” (il web come luogo di negazione relazionale e induzione al suicidio) al carpenteriano “Il signore del male” (i discepoli “zombificati”) passando per l’immancabile “Saw” (lo pseudo-killer moralista che uccide per procura), Simone costruisce un thriller veloce e stilisticamente moderno. Il montaggio serrato, quasi dia videoclip, avvicina “Unfacebook” alla narrazione nervosa dell’attuale thriller metropolitano di stampo statunitense, così come la fotografia luminosissima che esalta i bianchi e gli azzurri (sarà proprio in riferimento ai colori di Facebook?), a volte forse esagerando con la conseguenza di esaltare la matrice digitale dei mezzi di ripresa utilizzati. Non mancano neanche le scene forti, con sequenze di omicidio e suicidio che, seppur non mostrando molto, risultano concettualmente disturbanti (l’auto-evirazione del pedofilo su tutte). A tal proposito possiamo notare che gli effetti speciali del film sono stati curati da Giuliano Giacomelli e Lorenzo Giovenga, registi de “La Progenie del Diavolo”, che appaiono anche in un cammeo. La sceneggiatura scritta a sei mani da Pia Conoscitore, Dargys Ciberio e Antonio Universi presenta qualche imperfezione nella gestione del ritmo narrativo, caratterizzato da un’immediata impennata iniziale che prosegue con uno smorzamento centrale e un anticlimax finale. Inoltre le psicologie dei personaggi non appaiono particolarmente elaborate e realistiche, con il solito trauma infantile che perseguita il commissario e un’eccessiva enfatizzazione nella delineazione del parroco. Il cast appare nel complesso convincente, con l’unico neo Giuseppe La Torre che non dona naturalezza al personaggio del parroco, a volte eccessivamente macchiettistico. Buona la naturalezza e il distacco del commissario, interpretato da Paolo Carati e nella parte del questore ritroviamo Tonino Pesante, già protagonista di “Una vita nel mistero”. Una menzione finale alle musiche curate da Luca Auriemma, uno score elettronico ossessivo e orecchiabile che ci riporta alla mente alcuni pezzi degli storici Goblin e appare del tutto adatto alle atmosfere cupe e nervose del film. “Unfacebook” è un’opera interessate e ricca di spunti di riflessione, a volte un po’ troppo urlati a volte più sottili. Nel complesso il secondo lungometraggio di Stefano Simone può considerarsi riuscito e mostra un deciso passo avanti nella carriera del regista, pur non risultano esente da difetti. Voto arrotondato per eccesso.

Tráiler