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LA RESISTENCIA DE LOS MUERTOS

Survival of the Dead

2010 CA
mayo 6, 2010

Un grupo de habitantes de una remota isla situada en la costa de Norte América descubrirán cómo los muertos se levantarán de sus tumbas en busca de carne humana. La gente de la isla deberá tomar una decisión: acabar con ellos o mantenerlos "con vida" hasta que encuentren una cura.

Directores

George A. Romero

Reparto

Alan van Sprang, Kenneth Welsh, Kathleen Munroe, Devon Bostick, Athena Karkanis, Stefano DiMatteo, Joris Jarsky, Richard Fitzpatrick, Julian Richings, Wayne Robson
Drama Terror Comedia Suspense
HMDB

RESEÑAS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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I morti stanno risorgendo dalle loro tombe e le due famiglie che insediano l’isola di Slaughter, a largo delle coste della Pennsylvania, alimentano la loro storica rivalità, contrapponendosi sulla sorte da riservare ai morti viventi. Seamus Muldoon vorrebbe tentare a rieducarli alla convivenza con i vivi, mentre Patrick O’Flynn vuole eliminarli perché crede che la loro aggressività sia superiore alla capacità di apprendimento. Muldoon ha il sopravvento e Patrick viene esiliato dall’isola. Tre settimane dopo, un gruppo di soldati, a cui si unisce un ragazzo, trovano su internet il messaggio di Patrick O’Flynn che invita chiunque ascolti la comunicazione a imbarcarsi verso Slaughter Island, luogo sicuro e incontaminato dai morti viventi. I soldati seguono il consiglio e giungono sull’isola accompagnati dallo stesso O’Flynn, ma naturalmente la situazione non è così idilliaca come era stata descritta. A 70 anni suonati George A. Romero continua imperterrito a raccontarci la sua visione della società contemporanea attraverso la lente distorcente della metafora orrorifica. Il mezzo è sempre il cinema dell’orrore, il soggetto protagonista è ancora una volta il morto vivente lento e ciondolante che ha fatto la fortuna del regista e ha rivoluzionato il cinema horror. In realtà Romero ha confessato in una recente intervista (in occasione della presentazione di “Survival of the Dead” a Venezia 2009) che per lui quello che c’era da dire sugli zombi è già stato tutto detto tempo fa (a me piace pensare che sia stato il bellissimo e sottovalutato “La terra dei morti viventi” il vero punto d’arrivo della visione romeriana sui morti viventi) e che ormai è letteralmente costretto a inserire i suoi mostri nei film altrimenti non trova nessuno disposto a investire nelle sue opere. Questa è una rivelazione molto triste che esplica ancora una volta l’ottusità del sistema, intrappolato nella ripetizione, in un eterno ritorno che porta inevitabilmente al sacrificio delle “rischiose” idee nuove per adagiarsi su lidi sicuri, anche se al timone del progetto c’è un veterano che da solo potrebbe garantire la sicurezza e la qualità. Così Romero si è nuovamente trovato tra le mani storie di morti viventi, ha quasi ricominciato da capo una ideale seconda saga riproponendo l’inizio del contagio adeguandosi alla regola del basso budget e del rinnovamento contenutistico. “Diary of the Dead” nel 2007 ha segnato questo nuovo inizio, con la novità del linguaggio mockumentry, l’inserimento di una costante ironia e la voglia di attaccare spudoratamente il mondo dei mezzi di comunicazione di massa. Nel 2009 è il momento del sequel diretto, per la prima volta nell’universo zombesco romeriano, con “Survival of the Dead”, che perde il linguaggio mockumentary a vantaggio della struttura più classica, mantiene l’ironia e promuove a protagonista uno dei personaggi secondari del precedente film. Malgrado il pesante insuccesso di critica e pubblico e la palesata stanchezza dell’autore nei confronti della figura dello zombi, “Survival of the Dead” è comunque un film che ha il suo perché. Innanzitutto non perde di vista le due direttrici che dovrebbero essere sempre e comunque presenti in ogni film che si può considerare riuscito, ovvero l’intrattenimento e la capacità di far riflettere. Romero riesce a costruire un b-movie intelligente, un film estremamente divertente e carico di ritmo in cui però non è la figura dello zombi a catturare l’attenzione, bensì quella dell’essere umano, ormai svuotato da qualsiasi barlume di “umanità” e promosso a minaccia ancor più grande del ritornante cannibale. “Survival of the Dead” non ha praticamente personaggi positivi, diviene difficile riuscire a simpatizzare per qualcuno e indentificarsi con l’eroe di turno, dal momento che non ve ne sono. Basti pensare che protagonista della vicenda e punto di contatto con “Diary of the Dead” è il militare bastardo che guidava il gruppetto di soldati che depredavano i viandanti, il simbolo del sempre dichiarato antimilitarismo romeriano. A lui si uniscono un manipolo di “disertori” simpatici ma scorretti, che non ci pensano due volte a sterminare un gruppo di umani e rubare un camioncino portavalori. Poi ci sono le due famiglie rivali e soprattutto i leader che le rappresentano, entrambi ottusi e fermi sulle proprie posizioni in modo tale da arrivare alle armi. C’è Muldoon che vede nel morto vivente l’essere umano che era in vita e vorrebbe tentare a tirar fuori un barlume della loro umanità educandoli a mangiare i vegetali e la carne animale piuttosto che quella umana. Il punto di vista di Muldoon è nobile e sembra quasi guidato dagli ideali che portarono il dottor Ted “Frankenstein” Fisher di “Il giorno degli zombi” al suo speciale rapporto con Bub. Di idea opposta O’Flynn, che non crede nella rieducazione dello zombi e preferisce far esplodere la testa a ogni morto che torna in vita, anche se si tratta della persona a lui più cara, in nome della salvaguardia della razza umana e, in particolare, della comunità. I due leader sono dipinti come cinici arrivisti, interessati più alla dimostrazione delle rispettive ragioni piuttosto che alla reale salvaguardia della comunità e in questo senso non è molto difficile intravedere una metafora della sfiducia dell’autore verso le fazioni politiche che si scontrano nella realtà per il “dominio” del territorio, capaci di spendere belle parole rivolte alle masse ma in fin dei conti mirate solo alla salvaguardia del singolo. Romero patteggia per O’Flynn dipingendo Muldoon come un texano repubblicano meno coerente con i programmi esposti, ma alla fine condanna entrambi. E la rivalità che i due hanno sempre mostrato è destinata a non interrompersi neanche dinanzi alla morte, sottolineando così la stupidità e l’immortale natura bellicosa dell’essere umano, vera dannazione della specie. Quello che più ha fatto storcere il naso al pubblico è la mancata centralità della minaccia zombesca e l’ironia a volte intrusa nella pellicola. E infatti c’è da dire che stavolta Romero non è riuscito a gestire le componenti del suo film in modo impeccabile. Lo spostare l’attenzione dallo zombi all’uomo è comprensibile e apprezzabile, soprattutto in accoglimento della voglia di cambiamento da parte dell’autore, però ogni qual volta appaiono i morti viventi in “Survival of the Dead” manca il pathos e quel senso di pericolo che comunque la situazione richiederebbe. Ad eccezione del gran finale, le scene con gli zombi si risolvono con un’impavida fucilata in testa, come se nulla fosse, venendo così a perdere quella maestosità orrorifica che i film del regista hanno (quasi) sempre avuto. Dall’altra parte c’è quell’ironia sciocchina che non ci si aspetterebbe e che a tratti risulta invadente e capace di spezzare l’esigua tensione. Un elemento che andava gestito decisamente meglio. Altri difetti di cui “Survival of the Dead” si fa purtroppo potatore sono una poco attenta gestione e delineazione dei personaggi di contorno e un reparto effetti speciali decisamente scadente. Se quest’ultimo riguarda la computer grafica, primitiva e sicuramente dettata dal budget bassissimo del film (circa 4 milioni di dollari), che comunque è limitata a pochissime scene, la mancanza di adeguata scrittura per alcuni personaggi è più preoccupante perché estranea al vecchio Romero e conferma di quello che già accadeva in “Diary of the Dead”. I difetti dunque ci sono, è innegabile, è la verve che Romero dimostrava con le sue creature fino a qualche anno fa sta andando vistosamente a scemare, “Survival of the Dead” rimane comunque un buonissimo esempio di intrattenimento non privo di idee e mentre tutto il mondo ancora sforna film di zombi che si facevano trenta anni fa, l’ispiratore, seppure intrappolato nella sua creazione più fortunata, sa parlare d’altro, sa rinnovare linguaggi e contenuti, anche se mascherati da vecchi zombi lenti e polverosi. La regola è ancora oggi la stessa: quando si parla di morti viventi, meglio il peggior Romero che la maggior parte dei suoi imitatori.

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