Giallo backdrop
Giallo poster

GIALLO

2010 IT
mars 13, 2010

Un jeu du chat et de la souris entre un serial-killer amateur de jolies femmes et un flic solitaire.

Réalisateurs

Dario Argento

Distribution

Adrien Brody, Emmanuelle Seigner, Elsa Pataky, Robert Miano, Valentina Izumi, Taiyo Yamanouchi, Daniela Fazzolari, Luis Molteni, Sato Oi, Lorenzo Iacona
Horreur Thriller Crime Mystère
HMDB

CRITIQUES (1)

RG

Roberto Giacomelli

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La città di Torino è terrorizzata da un serial killer che rapisce, sevizia e poi uccide giovani donne. L’ultima vittima del killer sembra essere la modella Celine, di cui la sorella Linda non ha più notizie; per questo Linda si rivolge alla polizia per denunciarne la scomparsa. L’ispettore Avolfi, chiamato New York per la sua lunga permanenza da giovane nella Grande Mela, sta seguendo il caso del killer e, con l’aiuto di Linda, cercherà di catturarlo. Negli ultimi anni si sente spesso sparlare di Dario Argento. Sarà forse la potenza di internet di dar voce a chi solitamente sta zitto o la moda del momento che verte sulla demolizione a tutti i costi delle vecchie glorie del cinema. Ovviamente c’è anche l’opzione più ovvia, ossia che si sente parlar male di Argento perché Argento dà modo che si parli male delle sue opere. Qualche apocalittico fa ricadere la decadenza del Dario nazionale addirittura al lontano post “Phenomena”, altri pessimisti-realisti collocano la morte artistica del nostro “eroe” all’anno di “Trauma”; io propendo invece a inquadrare “Il Cartaio” come “inizio della fine”. Una fine che naturalmente non è mai assoluta ma sempre momentanea, visto che Dario Argento è riuscito a fare brutte cose come “Il Cartaio”, appunto, e questo “Giallo” ma anche interessanti opere come i due episodi da lui diretti per la serie “Masters of Horror”. Però di una cosa possiamo essere certi, ovvero che dopo “Nonhosonno” – ultimo film davvero argentiano – l’Argento’s touch si è perso, perfino in quei film che si possono definire riusciti ma nei quali difficilmente si riuscirebbe a risalire al regista di “Profondo rosso” se non se ne leggesse il nome sui titoli di testa (o coda). Argento si è normalizzato, il suo stile riconoscibile anche in opere discutibili come “Il Fantasma dell’Opera” è scomparso portando a sospettare che dietro i suoi ultimi film manchi la voglia e la passione di un tempo. Operette “alimentari” su commissione da parte di produttori o fan, che dir si voglia. E purtroppo sono proprio queste macroscopiche pecche “emotive” che uccidono un film come “Giallo” ancor prima delle altrettanto macroscopiche pecche strutturali. “Giallo” è un film concepito in modo sbagliato ed evidentemente poco sentito da parte di tutti, quasi un’opera nata dall’esigenza di fare qualcosa a prescindere, con tutte le conseguenze che la fretta e la superficialità avrebbero potuto portare. Il film nasce da una collaborazione del regista romano con una casa di produzione statunitense e la sceneggiatura porta la firma di due americani, l’esordiente Jim Agnew (che compare anche in veste di aiuto regista!) e Sean Keller, il quale prima di “Giallo” aveva scritto film fanta-beast-movies per la tv (“Mammoth”, “Kraken” e “Gryphon”). Fin qui niente di male, anzi ipoteticamente più soldi di budget e una possibilità di libertà creativa simile a quella sperimentata nei “Masters of Horror”. E invece la catastrofe. Se il budget conta comunque 14 milioni di dollari, la storia e lo script in generale fa acqua da tutte le parti, mostrandosi non come un film di Dario Argento, ma come un film sull’orma di quelli di Dario Argento…quasi un’imitazione mal riuscita! Si ripetono tematiche care all’autore come il trauma nel passato dell’assassino e la sua perversione, che stavolta assume la forma quasi parodistica del consumo a scopo onanistico di foto di cadaveri. I personaggi mancano completamente di spessore, macchiette che si muovono dalla volenterosa ma banale delineazione dell’ispettore Avolfi alla “non pervenuta” costruzione della sua spalla, Linda, per finire con il ridicolo assassino che è giallo di nome e di fatto (è affetto da ittero), va matto per i lecca lecca a forma di ciuccio e si esprime esclusivamente con parole come “Puttana”, “Troia”, “Muori”, per di più con un tono di voce rauco/stridulo tipico dei cattivi dei cartoni animati. Ma forse la banalità del tutto e i brutti personaggi sono il male minore, dal momento che anche tutto il resto è di una superficialità disarmante. Immaginate un film in cui i personaggi fanno cose senza senso come cominciare a correre da parte del ricercato quando l’inseguitore se ne sta per fatti suoi e non si è accorto della sua presenza, oppure personaggi che arrivano alla soluzione del caso (o parte di esso) così da un momento all’altro senza che ci sia una vera indagine, un elemento chiarificatore, un dettaglio intravisto ma inizialmente sfuggito all’attenzione…nulla! “Giallo, giallo….vuoi vedere che l’assassino è malato di ittero? Andiamo all’ospedale!” Troviamo, poi, anche assurdità del tipo che l’ispettore di polizia da ragazzo ha ucciso a sangue freddo, a coltellate, un uomo davanti a un poliziotto; cioè nella realtà ci sarebbe processo, riformatorio, prigione minorile, psichiatri, Vespa che ci fa la trasmissione in tv e invece in “Giallo” quel piccolo vendicatore da grande diventa addirittura ispettore di polizia. Visivamente parlando c’è l’anonimato. L’unica scena degna di nota a livello registico è un notevole piano sequenza ondeggiante durante un flashback, per il resto sembra di essere dinnanzi a un film per la tv, di quelli fatti dal Mr. Nessuno di turno. Anche la fotografia e le scenografie sono molto piatte, gli effetti speciali poco rilevanti (ad eccezione di un “martellamento” in puro stile Stivaletti) e in una scena si vede addirittura l’operatore riflesso in uno specchio…cioè, del tipo buona la prima, nessun controllo dei giornalieri e nessuna attenzione nella revisione in postproduzione! In un tale scenario in cui perfino gli attori internazionali del calibro di Adrien Brody ed Emmanuelle Seigner non appaiono minimamente coinvolti, rimane davvero poco da salvare in questo film, che a ragione potrebbe essere definito una delle peggiori opere di Dario Argento. Una menzione di merito giusto alle musiche di Marco Werba, a volte sognanti a volte più ossessive, ma capaci comunque di donare una buona atmosfera noir. Curiosità. “Giallo” è stato distribuito in Italia inizialmente solo in home video dalla Dall’Angelo Pictures nell’autunno 2010. Dopo diversi mesi, il 1° luglio 2011, il film di Dario Argento è arrivato anche al cinema (in poche sale) per mano della Lumiére Group Multimediale con un titolo modificato in “Giallo/Argento” e una campagna promozionale che tenta di richiamare Alfred Hitchcock.

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