RG
Roberto Giacomelli
•Un misterioso serial killer mascherato da clown prende di mira le telefoniste di una chat line erotica violentandole e uccidendole. La polizia mette sulle tracce dell’assassino due agenti che si fingono telefoniste per indagare nella cerchia dei clienti della chat line.
Bruno Mattei andrebbe premiato solamente per la tenacia e l’ostinazione con cui continuava a girare film di genere quando ormai il genere non era più consuetudine del cinema italiano: thriller erotici, cannibal movies, w.i.p., horror con zombi, mummie e squali killer; insomma cose ne nessuno aveva più il coraggio di filmare tra la seconda metà degli anni ’90 e i primi del nuovo millennio diventavano terreno di gioco per il buon Mattei. Certo, c’è da dire però che la qualità dei suddetti era un vero optional; filmacci francamente inguardabili, realizzati in modo approssimativo e utilizzando spesso una sorta di discutibile “found footage” probabilmente illegale, caratteristiche queste che difficilmente possono far riconoscere la mano del regista di “L’altro inferno” e “Virus – L’inferno dei morti viventi”.
“Omicidio al telefono” è uno dei primi film puramente “alimentari” del Mattei in fase di declino, commissionatogli dal produttore Ninì Grassia che compare anche in veste di co-sceneggiatore e compositore delle musiche (ma qualcuno dice che si sia ritagliato anche il ruolo di co-regista). L’anno di produzione è il 1994 e Mattei era stato contattato dal produttore napoletano per dirigere due thriller erotici destinati al mercato estero con la speranza di sfruttare ancora il successo residuale di “Basic Instinct” e i suoi cloni. Mattei aveva già praticato il filone un paio d’anni prima con “Attrazione pericolosa” e “Gli occhi dentro” con risultati già men che mediocri, ma la prova fornita con i progetti Grassia “Legittima vendetta” e “Omicidio al telefono” tocca acumi di bassezza davvero difficili da superare (cosa che purtroppo però riuscirà qualche anno dopo).
Parlar male di un film come “Omicidio al telefono” è davvero troppo facile, un’operetta insulsa e mal confezionata che fornisce elementi per la stroncatura su un piatto d’argento. L’intento di questo film, in modo maggiore in confronto al suo fratello di produzione “Legittima vendetta”, è costruire un thriller dai discreti connotati orrorifici che però possa avvalersi soprattutto dell’atmosfera erotica assicurata da lunghi e frequenti amplessi che vedono coinvolti per lo più Antonio Zequila e Daniela Mango. Il risultato che tutti abbiamo davanti agli occhi è così imbarazzante da fare davvero simpatia, un film strampalato e brutto nell’anima da poter quasi ambire allo status di “cult” per qualcuno.
La sceneggiatura gira attorno alle imprese del killer clown e all’indagine poliziesca, ma si perde immediatamente in una marea di inutili lungaggini sulle tendenze apertamente ninfomani della protagonista, che con la scusa di cercare l’assassino ne approfitta per andare a letto con quanti più clienti possibile. Lei ha le forme generose e le discutibili doti recitative di Daniela Mango e il suo partner più frequente è Antonio Zequila… si, avete lette bene, proprio il fantomatico “Er Mutanda” che qualche anno dopo avrà una buona visibilità televisiva grazie all’Isola dei famosi e ai litigi in diretta a Domenica In, che qui sfodera tutta la sua inespressività in “profondissimi” primi piani e lunghissime scene di sesso in cui vengono praticate le più incredibili posizioni del kamasutra per far in modo che la macchina da presa non riprenda mai i suoi “gioielli di famiglia”. Il resto del cast è in sintonia con i protagonisti, formato da improbabili poliziotti (il capo della polizia Francesco Lombardi, un simil-truzzo alla Lorenzo Lamas, è imprescindibile per la risata facile) e un serial killer goffo e poverissimo a vedersi che, con la sua maschera da clown scrausa di quelle che vendono al discount nel periodo di carnevale, fa quasi tenerezza.
Molti dei dialoghi sembrano improvvisati al momento di girare e le musiche di Grassia sono davvero orribili, a cominciare dal fastidiosissimo pezzo simil tecno che fa da sottofondo a tutte le aggressioni del killer. Per il resto che dire? L’apprezzabile Mattei degli anni ’80 è completamente assente e il film è diretto in maniera anonima e sciatta, affossato da una resa visiva da direct-to-video squallidissima. Neanche la violenza degli omicidi può risollevare questo film, dal momento che le uccisione avvengono tutte fuori campo…ci sono solo tanti nudi (soprattutto femminili) e un alone di comicità involontaria che avvolge tutta l’opera. Se questo può bastarvi accomodatevi.