En quarantaine backdrop
En quarantaine poster

EN QUARANTAINE

Quarantine

2008 ES
octobre 10, 2008

Une reporter et son caméraman sont coincés à l'intérieur d'un immeuble placé en quarantaine, où d'étranges créatures vivent...

Réalisateurs

John Erick Dowdle

Distribution

Dania Ramirez, Jennifer Carpenter, Jay Hernandez, Steve Harris, Greg Germann, Johnathon Schaech, Columbus Short, Andrew Fiscella, Rade Šerbedžija, Bernard White
Horreur Thriller Science-Fiction
HMDB

CRITIQUES (1)

FC

Francesco Chello

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La giornalista televisiva Angela Vidal è intenta a documentare, insieme al suo cameraman, la vita dei vigili del fuoco di Los Angeles in servizio durante la ore notturne. I pompieri ricevono una chiamata da una palazzina del centro in cui sembra essere accaduto un incidente ad un’anziana signora. La giornalista va con loro, ma ben presto si trova a documentare una situazione di puro orrore: nella palazzina si sta diffondendo un contagio che trasforma gli infetti in pazzi rabbiosi e assetati di sangue. L’autorità sanitaria blocca tutte le vie di fuga per contenere il contagio, dunque per gli abitanti della palazzina, per la giornalista, il suo collega e i vigili del fuoco l’unico obiettivo è sopravvivere. E’ l’inizio dell’anno, nelle sale italiane approda un mockumentary straniero che racconta di una reporter televisiva e del suo cameraman che, intenti a realizzare un servizio verità sul corpo dei vigili del fuoco, si ritrovano in un condominio in cui si diffonde una strana epidemia capace di trasformare gli esseri umani in rabbiosi mostri assassini… No, non siete al cospetto di un inquietante déjà vu ne tanto meno di una qualche sorta di maledizione che vi fa rivivere da capo l’anno appena trascorso, magari come succedeva, con la stessa identica giornata vissuta all’infinito, a Bill Murray in “Ricomincio da Capo”. Non è il 2008, siamo nell’anno nuovo, non si tratta di “[REC]”, è la sua copia carbone. Stiamo parlando naturalmente di “Quarantena”, ultimo, solo in ordine cronologico, esempio della cannibalizzazione statunitense ai danni di gran parte della cinematografia che non sia made in Usa. Negli ultimi anni, infatti, è tendenza ormai diffusissima, tra i produttori e le major americane, acquisire i diritti di pellicole che non siano in lingua inglese per poi rigirarle in patria, vuoi per mancanza di idee o per il puntare ai guadagni sicuri, o per entrambi i motivi. Ma se da un punto di vista commerciale, e magari anche dello spettatore statunitense che se così non fosse difficilmente godrebbe della visione di determinate pellicole, la scelta potrebbe apparire anche condivisibile lo stesso non si può dire approcciandoci alla cosa dal punto di vista privilegiato dello spettatore italiano, che potendo disporre di qualsiasi pellicola straniera comunque doppiata in lingua dantesca si trova, un po’ troppo spesso ultimamente, di fronte alla visione di pellicole identiche, o quasi, tra loro. E se, volendo, si può chiudere un occhio in alcuni casi, dal remake del film asiatico che magari ha goduto di scarsa distribuzione anche da noi al “Funny Games” riproposto, comunque sia, dieci anni dopo, lo stesso non si può fare con “Quarantena”, approdato in penisola a brevissima distanza da “[REC]”, scelta contestabile della distribuzione italiana che anziché puntare su chicche ancora ingiustamente inedite nel belpaese decide di proporre, dopo soli 336 giorni, la copia sbiadita dello stesso film. E già, perché di questo si tratta, di una copia sbiadita. Il povero spettatore non solo si troverà di fronte ad un film già visto ma non potrà godere della bellezza che ricordava bensì di uno scialbo clone infinitamente più debole. Se gli americani almeno si limitassero al semplice rifare tale e quale, l’unica noia a cui andremmo incontro sarebbe quella di ritrovarci a fare i conti con qualcosa di già visto, ma qui subentra il danno oltre la beffa. Nello yankee deve essere insito un forte senso di superiorità, un’autostima senza confini, non si spiegherebbe altrimenti il voler a tutti i costi mettere le mani su di un qualcosa che già funzionava a meraviglia - tendenza riscontrata nella stragrande maggioranza dei titoli rigirati negli States - finendo poi, il più delle volte, col peggiorare il risultato iniziale. Cosa che accade puntualmente anche in questo caso per merito, o sarebbe meglio dire a causa, del lavoro in fase di sceneggiatura dei fratelli Drew e John Erick Dowdle, con il secondo addetto anche alla regia. La storia di “Quarantena”, la maggior parte degli eventi, delle inquadrature sono le stesse di “[REC]” ma laddove il film cerca di differenziarsi fallisce miseramente indebolendo notevolmente, se non disintegrando, il risultato finale. Manca l’altissimo livello di tensione del predecessore spagnolo, il suo forte senso di terrore, le sue scosse adrenaliniche, le scene clou non hanno assolutamente lo stesso impatto. Detto in parole povere “[REC]” faceva più paura. Oltre che perdere per strada buona parte delle dinamiche relazionali e dei dettagli della storia che si riveleranno decisivi nell’arrivo al gran finale. Il finale, il tasto più dolente dell’intera pellicola, la differenza più grande e più grave con l’originale, che perde quel tocco di genialità iberica capace di mischiare totalmente le carte in tavola, di togliere allo spettatore quella sicurezza che si stava creando sulle cause della sciagura lasciandolo, al termine della visione, con più di un interrogativo, per puntare ad una ottusa razionalizzazione degli eventi che non può suscitare, naturalmente, alcun sussulto in chi guarda se non quello di una noiosa irritazione. Ma del resto se già dal titolo del film, i suoi poster ed i suoi trailer era chiaro quanto la produzione avesse rinunciato in partenza a quel delizioso alone di mistero ed al tentare di sorprendere il pubblico, non ci si poteva certo aspettare una riabilitazione in extremis negli ultimi cinque minuti del film. Tra le poche novità positive di “Quarantena” possiamo annoverare alcuni apprezzabili inserti splatter come gambe spezzate o dita mozzate, ed un paio di sequenze inedite come quella del cecchino o, soprattutto, l’uccisione a colpi di telecamera con tanto di simpatici schizzi di sangue sull’obiettivo. Si muovono bene i due protagonisti, due volti noti agli appassionati horrorifici: Jennifer Carpenter, fantastica nel panni dell’indemoniata in “The Exorcism of Emily Rose”, e Jay Hernandez, già torturato nel primo “Hostel” ed andato incontro a sorte peggiore nel secondo. In definitiva, che abbiate visto “[REC]” oppure no il nostro consiglio è comunque quello di mettere in quarantena il film dei fratelli Dowdle e dedicare quell’ora e mezza che avevate messo in preventivo al gioiellino di Balaguerò e Plaza, il risultato in quel caso sì che sarà comunque soddisfacente: se si tratta della prima volta avrete colmato una lacuna e recuperato un gran bel film, se l’avevate già visto..non correte il rischio di rivederlo peggiorato! Merita mezza zucca in più.

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