Negli anni '80 sono arrivati gli alieni. Stavolta però non sono atterrati a Manhattan o in qualche sperduto paesino campagnolo degli Stati Uniti ma si sono fermati con un'astronave gigante sopra Johannesburg senza muoversi più. C'è stato bisogno che un convoglio terrestre andasse a vedere cosa conteneva quella nave apparentemente immobile per scoprire milioni di alieni denutriti, sporchi e in condizioni pessime. Da quel momento per 20 anni i visitatori sono stati stipati in una baraccopoli di Johannesburg creata per l'occasione: il distretto 9. Un luogo dove le creature da un altro pianeta sono trattate come animali, dove regnano caos e anarchia e dal quale ogni tanto scappano facendo incursioni in città che non portano altro che risentimento e xenofobia nella popolazione locale. Ora è arrivato il momento di spostarli da qualche altra parte, ma loro è a casa che vogliono tornare.
Cast
Sharlto Copley, Jason Cope, Nathalie Boltt, Sylvaine Strike, Elizabeth Mkandawie, John Sumner, William Allen Young, Nick Blake, Greg Melvill-Smith, Robert Hobbs
Alla fine degli anni ’80 un’enorme nave spaziale aliena ha coperto il cielo di Johannesburg e da allora è rimasta lì. Le autorità terrestri sono riuscite a penetrare nel mezzo spaziale e hanno trovato una gran quantità di creature aliene denutrite e in condizioni igieniche pessime. Portati a terra e stanziati in una baraccopoli denominata Distretto 9, i “gamberoni” alieni hanno vissuto per vent’anni con la speranza di poter tornare sul loro pianeta. Oggi, in seguito al sempre più frequente malcontento della popolazione terrestre locale che si trova spesso faccia a faccia con alieni dai comportamenti inaccettabili, il governo, in accordo con la multinazionale MNU, ha deciso di sfrattare i gamberoni dal Distretto 9 e trasferirli in un nuovo campo di contenimento fuori dalla civiltà. Toccherà al funzionario dell’MNU Wikus Van de Merwe far firmare i mandati di sfratto alla popolazione del Distretto 9, non sapendo che alcuni alieni si stanno adoperando per ribaltare la situazione.
Gli alieni al cinema ci sono stati mostrati in tutte le salse: invasori vogliosi di soggiogare la volontà umana, spinti da ideali pacifisti, orridi mostri dalla salivazione acida, paciosi dalle facoltà terapeutiche rinvigorenti, simpatici cuccioli smarriti, spietati cacciatori di trofei, e chi più ne ha più ne metta…ma occorreva un piccolo film neozelandese per portare una reale ventata di freschezza in un genere sempre meno frequentato come quello della fantascienza.
Il regista sudafricano Neill Blomkamp spunta fuori dal nulla, ha alle spalle una manciata di cortometraggi (tra cui “Alive in Joburg” che ha ispirato e da cui si è sviluppato “District 9”) e una modestissima carriera come animatore per gli
effetti speciali di alcune serie tv, viene notato da Peter Jackson che gli affida la cifretta di 30 milioni di dollari per sviluppare un lungometraggio di fantascienza e puff…quasi dal nulla viene fuori uno dei successi dell’estate cinematografica USA del 2009, nonché uno dei film più riusciti e originali che il genere abbia prodotto almeno negli ultimi 10-15 anni.
“District 9”, prima di essere un bellissimo film di fantascienza, è una lucida e adeguata riflessione sulla condizione del diverso, dell’extracomunitario; e per veicolare un messaggio di tolleranza che non è mai retorico ne buonista, anzi spesso cinico e scorretto, usa il linguaggio della metafora. Il parallelismo tra i ripugnanti gamberoni dell’oltrespazio e i “terrestri” di etnia nera è piuttosto esplicita e la stessa condizione di segregazione e maltrattamento a cui gli alieni sono condannati richiama con insistenza l’apartheid (e sicuramente il fatto che durante quel periodo sia esistito un “Distretto 6” in cui venivano stanziati i neri non è una coincidenza). Non c’è, dunque, mistero riguardo gli intenti di critica politico/sociale di Blomkamp, eppure, malgrado il didascalismo di fondo, “District 9” appare intelligentemente provocatorio e mai banale,
intriso com’è di beffarda ironia ed esplicito amore per il genere. Infatti il film in questione riesce a veicolare un messaggio alto servendosi di più linguaggi espressivi visivi e contaminando la fantascienza con altri generi.
Si parte utilizzando lo stile del mockumentary, dunque gran mix di riprese con camera a spalla, spezzoni di tg, registrazioni con videocamere a circuito chiuso e interviste per raccontare allo spettatore l’origine dello sbarco alieno, lo sviluppo della storia e per presentare i personaggi. Quest’aria da “fantascienza reale” occupa la prima mezz’ora di film e riesce immediatamente con grande efficacia a condurre lo spettatore in quella condizione da sospensione dell’incredulità necessaria per entrare nell’universo alternativo di “District 9”. Una volta creata l’ucronìa, avviene un passaggio tanto naturale quanto inizialmente impercettibile al linguaggio del cinema classico da prendere di sorpresa lo spettatore ormai assuefatto nell’ottica del falso documentario. Da questo momento in poi il film mescola alla fantascienza una buona dose di horror (la lenta trasformazione fisica del protagonista di cronenberghiana memoria) che sfocia spesso e volentieri nello splatter, nonché suggestioni da fantapolitica (che in fin dei conti di “fanta” ha ben poco, vista la brama di armamenti) e una forte contaminazione con l’azione da film di guerra. Ed è proprio nell’ultima
concitata mezz’ora, fatta di sparatorie, esplosioni ed esoscheletri robot da combattimento, che il film si scatena in un delirio d’azione girato e montato magnificamente.
Un altro dei grandi pregi di “District 9” è la creazione di personaggi capaci di distinguersi dalla massa, protagonisti davvero bizzarri e singolari che difficilmente verranno dimenticati. Se l’alieno Christopher Johnson racchiude in se valori positivi e rappresenta l’unico vero e difficoltoso appiglio di identificazione per lo spettatore, è con l’umano Wikus che Blomkamp gioca un tiro mancino. L’alieno, malgrado l’aspetto ripugnante, appare molto più “umano” di qualunque umano popoli il film, a cominciare dal nostro “eroe” Wikus Van de Merwe, un ometto viscido e arrivista con un nome da colonialista olandese, mosso costantemente dall’egoismo e capace di caricarsi di “umanità” solamente con l’avvicinarsi al compimento della sua mutazione aliena (non a caso l’unica scena in cui Wikus ispira una sincera empatia è quella che chiude il film).
Un plauso agli stupefacenti effetti speciali –
digitali e non – curati dalla sempre più efficiente WETA, capace di miracoli con il make-up e con l’integrazione tra creature digitali e attori in carne e ossa.
“District 9” rappresenta un importante punto d’arrivo per il genere fantascientifico, un film che riesce a far pensare e allo stesso tempo a intrattenere, che riesce a mescolare generi e linguaggi, un film originale, insomma, e assolutamente riuscito che sicuramente farà scuola.
Merita anche mezza zucca in più.
Curiosità. “District 9” è stato al centro di un polverone che ha rischiato di provocare un incidente diplomatico con la Nigeria. Il film è stato infatti accusato di razzismo verso il popolo nigeriano, dal momento che i personaggi di tale nazionalità che compaiono in “District 9” sono criminali dediti al traffico di armi e prostitute nonché assassini cannibali. Inoltre il leader dei trafficanti nigeriani nel film si chiama Obasanjo, proprio come l’ex presidente nigeriano. Per questi motivi, il ministro dell’informazione nigeriano Dora Akunyilli ha chiesto al comitato per la censura di confiscare la pellicola di Blomkamp e di vietarne la proiezione nelle sale nigeriane.