Pianto Rosso backdrop
Pianto Rosso poster

PIANTO ROSSO

2009 IT

RECENSIONI (1)

MS

Marco Soldati

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Lo scoppio di una improvvisa e tremenda epidemia costringe un ragazzo a rinchiudersi in casa aspettando eventuali soccorsi. I giorni sono scanditi dall’attesa e dalla solitudine fino a quando scopre che non è veramente solo; anche la sua vicina resiste come lui, è barricata in casa. I due cominciano a conoscersi, telefonandosi per ore, e affrontano la situazione insieme, anche se separati dai pochi metri che dividono le due abitazioni. Una sera, però, la ragazza non risponde al telefono e lui si trova di fronte ad una tremenda scelta: rimanere in casa oppure uscire ed affrontare l’epidemia che sta flagellando il mondo per vedere cosa le è successo? Raramente accade che lavori su filoni molto sfruttati in tempi recenti, come quello del contagio oppure degli zombie, possano colpire veramente lo spettatore, ma questo “Pianto Rosso” rappresenta una di quelle poche eccezioni in cui questo accade veramente. Si parte con un prologo girato a Villa Borghese (Roma) con hand-cam e, qui, qualcuno potrebbe dire: ‘altro film con “ripresa a mano”, come gli ultimi Rec ecc…’ e invece assolutamente no! Dal dinamismo più estremo che queste riprese vogliono ispirare o suggerire si passa ad una ripresa statica, per non dire fissa. L’azione si concentra tra le quattro pareti della casa del protagonista. Questo cambio di modalità di ripresa rappresenta una scelta molto azzeccata e felice, sia perché ben si presta a differenziare e scandire i vari momenti/tempi del corto sia perché denota una certa inventiva. Il corto parte come un horror puro. Molti sono i riferimenti e naturalmente gli omaggi e le citazioni a film precedenti: il più palese è al geniale “Right at your door”. Non si può parlare però di semplice citazione. I due registi non hanno voluto semplicemente riprendere elementi e spunti di questo o di altri lavori, ma sono riusciti a personalizzarli ed asservirli al loro progetto e alla loro storia. Storia che parte in un modo ma che cambia notevolmente nel corso del suo svolgimento. Come detto sopra, si parte con un horror nudo e crudo che però ben presto si trasforma in un dramma intimista, dove i protagonisti non sono i soliti zombie o i vari contagi, ma la solitudine, il dubbio e la paura. In pochi minuti i due registi, Giuliano Giacomelli e Lorenzo Giovenga, ci calano perfettamente nel mondo del ragazzo che crede di essere rimasto solo, che vive in attesa dell’arrivo dei soccorsi, cercando e riuscendo a ricreare la sua vecchia routine fatta di tv e videogame (omaggio sentito alla feroce critica che contraddistingueva i primi lavori del maestro Romero). Questo corto colpisce anche per altri particolari di non poco conto: si tratta di un lavoro realizzato a budget zero eppure estremamente curato, in tutti i suoi aspetti dai dialoghi alle riprese, per finire al commento musicale minimal ma molto efficace. Impossibile non rimanere colpiti innanzi alle riprese della magnifica Roma deserta; immagini che ci rendono quasi stupenda la solitudine di un mondo distrutto dal contagio. Anche i dialoghi sono piuttosto ben preparati: brevi, mai scontati, scevri dai luoghi comuni, ma soprattutto credibili. Quante volte, ascoltando certi dialoghi ci viene da pensare: “ma come si fa a dire una cosa del genere ora e così fuori luogo”; qui ciò non accade mai, e non è affatto cosa da poco. Gli attori, benchè entrambi esordienti assoluti, si sono dimostrati in parte, ed anche piuttosto credibili. Sicuramente la parte più bella di tutto il corto è lo struggente finale: nero, ma se vogliamo, davvero romantico e malinconico. Cosa una persona potrebbe scegliere tra la sicurezza nella più totale e vuota solitudine oppure il calore del contatto umano anche a prezzo della vita stessa? In pochi istanti e con riprese brevi i due registi riescono a farci vivere veramente la difficoltà della scelta che il protagonista è stato costretto a prendere. Da questo lavoro traspare una grande passione per il cinema horror dei due registi: passione però che non si concretizza in un semplice omaggio oppure nella pedissequa citazione, ma piuttosto in una complessa e personale reinterpretazione di vari temi ed elementi cari al cinema di genere. Questa caratteristica non può che essere molto apprezzata, non solo dallo scrivente, ma soprattutto da chiunque cerchi opere non solo originali, ma che siano anche in grado di aggiungere qualche cosa ad un determinato filone o genere. Lavori che possano ampliare il panorama e catturare l’interesse di altri appassionati, risvegliandoli dal torpore indotto dalla routine di film tutti uguali e dimenticabili. Risultato certamente raggiunto da questo “Pianto Rosso” che rappresenta un inizio più che promettente per i due giovani ma abili registi.