Il nucleo centrale della storia si svolge tra il 4 ed il 5 luglio del 2009 nella cittadina di Claridge, nel Maryland, durante i festeggiamenti per il Giorno dell'Indipendenza ai quali sta assistendo anche la giovane Donna Thompson, studentessa di giornalismo al suo primo incarico come reporter. Le celebrazioni vengono bruscamente interrotte dallo scoppio di una misteriosa epidemia, che si presenta sottoforma di grosse e molto dolorose vesciche in tutto il corpo e che in breve tempo si propaga a macchia d'olio a buona parte degli abitanti. Il dottore dell'ospedale locale, incapace di comprendere la natura della malattia, contatta il centro malattie infettive, che tuttavia come le autorità locali si trova nell'impossibilità di capire l'origine del fenomeno. Solo più avanti si scopre che il responsabile del contagio non è un batterio o un agente virale, ma un parassita, il Cymothoa exigua.
Registi
Barry Levinson
Cast
Kristen Connolly, Will Rogers, Michael Beasley, Christopher Denham, Kenny Alfonso, Kether Donohue, Anthony Reynolds, Frank Deal, Kimberly Campbell, Lamya Jezek
Nella ridente cittadina costiera di Claridge, nel Maryland, due biologi marini durante una loro ricerca rilevano un alto livello di tossicità nell’acqua, forse causata dagli escrementi di pollo riversati nella baia da una fabbrica locale. A questo si unisce una inquietante moria di pesci, che fa allarmare le autorità. Il sindaco di Claridge però minimizza il pericolo e chiede di non creare allarmismo, soprattutto perché sta per svolgersi l’annuale Festival del granchio che è il momento clou per il turismo e l’economia cittadina. Ma la situazione si complica e quando agli abitanti di Claridge cominciano a spuntare vesciche e pustole su tutto il corpo, ci si rende conto che l’acqua è infestata da un pericoloso parassita mutato dall’inquinamento.
Nell’attuale panorama horror internazionale c’è la tendenza dilagante a produrre mockumentary, che siano found footage o montaggi di diverso materiale (come in questo caso), si è ormai giunti a consapevolezza, nonché a saturazione che fare film in questo modo costa poco e di solito rende molto. Galeotto fu quel “Paranormal Activity” che rilanciò la moda e diede al mondo del cinema il regista, ormai per lo più produttore, Oren Peli ma dal 2007 ad oggi di P.O.V. ne abbiamo avuti di ogni tipo e genere, con contaminazioni che vanno ben oltre l’horror – suo
territorio abituale e più prolifico – toccando addirittura commedia e fantascienza.
Nel nostro genere di riferimento forse mancava giusto un eco-vengeance, visto che alieni, zombie, demoni, serial killer e fantasmi hanno ormai invaso gli schermi di mezzo mondo e proprio il papà di questo fenomeno Oren Peli, insieme al collega Jason Blum, mette i soldi per la produzione di “The Bay”.
Come da manuale, “The Bay” raccoglie tutti gli elementi classici dell’eco-vengeance, quelli che hanno reso popolare questo filone soprattutto tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80. Avremo quindi la piccola comunità che regge l’economia del paese su un unico evento annuale – in questo caso il Festival del crostaceo che si celebra il 4 luglio in concomitanza con il giorno dell’Indipendenza – e che si vede minacciata proprio in quell’occasione da un pericolo che viene dall’acqua, come accadeva nel seminale “Lo squalo” o in “Piranha”. Proprio come allora, le autorità e il sindaco in primis minimizzano i fatti e la popolazione ne paga le terrificanti conseguenze. E se allora la minaccia era incarnata da squali bianchi, pesci killer nell’accezione di piranha o barracuda, piovre giganti o quant’altro, in “The Bay” la minaccia è sempre rigorosamente generata dall’uomo e dalla sua sete di progresso (stavolta gli steroidi contenuti nel mangime per polli, i cui escrementi finiscono ad intorbidire l’acqua della baia) che porta alla mutazione degli isopodi.
Ma cosa sono gli isopodi? Trattasi di crostacei, nello specifico di “The Bay” una variazione acquatica di origine parassitaria conosciuta con il nome scientifico di Cymothoa exigua o comunemente Isopode mangia lingua. Questi esserini, solitamente grandi come l’unghia di un mignolo, si intrufolano nei pesci attraverso le branchie, si ancorano alla lingua e la divorano, sostituendosi ad essa e alimentandosi con il cibo che i pesci stessi mangiano, portandoli molto spesso alla morte. Come in ogni eco-vengeance che si rispetti, poi, anche in “The Bay” gli animali coinvolti sono soggetti a mutazione di dimensione e così, grandi come topi, attaccano anche l’uomo non limitandosi a mangiare la lingua – che già di per se sarebbe terribile – ma divorandone gli altri organi interni.
L’idea, che è venuta al regista Barry Levinson venendo a conoscenza di un fatto realmente accaduto nel 2009 in una cittadina nel Golfo della California, è di quelle di grande impatto che si presta a generare un horror sufficientemente raccapricciante indicato alle platee estive. L’interesse poi è accresciuto anche dalla tecnica utilizzata, che nella fattispecie fa uso di ben 21 punti di vista differenti, tra IPhone e fotocamere Point & Shoot e CCTV.
Ma a conti fatti “The Bay” delude e trova proprio nel linguaggio del mockumentary uno dei suoi punti deboli. Innanzitutto un così vasto parco di punti di vista, con conseguente mancanza di veri personaggi principali (si, c’è la voce narrante della reporter Donna Thompson che vuole diffondere i fatti a cui è
sopravvissuta, ma non possiamo considerarla il vero “occhio dello spettatore”), tende a disperdere narrazione e azioni, causando di conseguenza mancanza di coinvolgimento e immedesimazione da parte dello spettatore. Proprio quella che è normalmente una caratteristica vantaggiosa del P.O.V., dunque, qui va a perdersi in un ibrido tra il documentario rozzo e il videoblog. Come conseguenza nel film ci sono molte, forse troppe, chiacchiere, con continue sessioni di spiegazione dei fatti a discapito dell’azione e della tensione. Levinson per lo più non gioca a spaventare, le scene di suspense si possono contare sulle dita di una mano e alcune di esse si risolvono troppo in fretta. Qua e là si gioca con il ribrezzo, invece, con le impressionanti conseguenze che l’azione dei parassiti hanno sul corpo di chi li ospita, che generano pustole, vesciche e in rari momenti sanguinosi anche carne corrosa perforata.
Malgrado questo suo intento di estremo realismo, “The Bay” usufruisce di un montaggio, di una colonna sonora ed soprattutto effetti sonori per sottolineare le scene di spavento, andando così a tradire un po’ gli intenti avvicinandosi alla costruzione di cui usufruiva uno dei primi film moderni di questo tipo, “Diary of the Dead” di George Romero.
Sostanzialmente “The Bay” è un’occasione sprecata, uno strano oggetto che si tuffa a capofitto nell’onda mockumentary attuale non riuscendo a cogliere ne i pregi di questa tecnica ne quelli del filone eco-vengeance a cui si ascrive.
Curioso notare al timone di quest’opera ci sia il premio Oscar Barry Levinson, regista di film come “Good Morning Vietnam”, “Rain man” e “Sleepers”.