RG
Roberto Giacomelli
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Julie. Un’insegnante di liceo viene sedotta da un suo studente che però l’ha messa al centro di una scommessa con l’intento di portarsela a letto. Una volta guadagnata la fiducia della donna, il ragazzo la droga, la violenta e le scatta delle foto compromettenti con l’intento di ricattarla. Ma le cose non andranno secondo i suoi piani.
Millicent & Therese. Due sorelle dal carattere completamente opposto si odiano e si danno guerra all’interno dell’abitazione in cui convivono. Ma l’epilogo ribalterà le carte in tavola.
Amelia. Un’antropologa acquista un feticcio appartenente alla tribù del Pacifico Zuni. Il manufatto ha con se una pergamena in cui è raccomandato di non togliere la catenina che il feticcio ha avvolta attorno al collo perché è un sigillo che tiene sopito lo spirito del guerriero che infesta la statuetta. Accidentalmente, però, la catenina cade e il feticcio prende vita, cominciando a dare la caccia alla donna nel suo appartamento.
Se chiedete oggi a un quarantenne mediamente interessato al cinema di genere se conosce il film “Trilogia del terrore” lui, molto probabilmente, vi parlerà di una statuetta assassina che dà la caccia a una donna nel suo appartamento. Eh già, perché se oggi il film di Dan Curtis viene ricordato e celebrato è esclusivamente per il magnifico episodio del feticcio Zuni. Se invece chiederete degli altri due episodi quasi sicuramente calerà un gelido silenzio sulla discussione, seguito da un ‘Non mi
ricordo proprio, mi dispiace’.
E’ questa la sorte toccata al tv movie di Dan Curtis, un film a tre episodi di cui tutti ne ricordano solamente uno…e un motivo c’è! L’episodio intitolato “Amelia” è un piccolo capolavoro della suspense e dell’effetto speciale, un vero e proprio precursore di molte altre pellicole che hanno per protagonisti giocattoli e bambolotti incazzatissimi e dagli impulsi omicidi: pensate alla saga della “Bambola assassina” e di “Puppet Master”, se non fosse esistito “Trilogia del terrore” probabilmente non ci sarebbero mai stati o comunque sarebbero stati realizzati in modo differente. La tensione è gestita in modo magistrale e il ritmo è frenetico, adattissimo alla breve durata dell’episodio, in modo da non lasciare un attimo di tregua allo spettatore. Lo stesso feticcio, con quella sua smisurata dentatura e il corpo caricaturale, risulta molto inquietante e la situazione trasmette un reale senso di pericolo, anche per l’azzeccato uso degli spazi. Questo episodio, tratto dal racconto di Richard Matheson “Prey” e da esso stesso sceneggiato, ha avuto tale eco negli anni da essere stato rifatto in una sorta di sequel/remake in “Trilogia del terrore II”, diretto sempre da Curtis nel 1996.
Ma passiamo agli altri due episodi che compongono la trilogia. Davvero poca cosa, robetta men che mediocre e peraltro invecchiata male. Se nessuno ricorda “Julie” e “Millicent & Therese” è semplicemente
perché sono realmente poco memorabili, due episodi prevedibili nel loro colpi di scena e anche noiosetti.
La noia, infatti, regna sovrana in “Millicent e Therese”, mini thriller psicologico che mette in scena l’odio perverso che scaturisce tra due sorelle coinquiline e che sfocia in un colpo di scena finale tra i più prevedibili possibile. Il dualismo contrapposto tra le due donne, tanto timida e acqua e sapone l’una quanto scafata e provocante l’altra, è portato in scena con banalità e con tutti i cliché immaginabili, mentre il ritmo lento e l’azione centellinata riescono a rendere ‘pesante’ un episodio di appena quindici minuti.
Va un pochino meglio – ma appena un pochino – con “Julie”, storia di stalking e ricatti che coinvolge un’insegnate e un suo odioso studente. Anche qui si punta sul colpo di scena finale, anche qui di una banalità e prevedibilità disarmante, ma la compattezza della storia e la sua coerenza rendono questo episodio apprezzabile, unite comunque a un buon ritmo che rende interessante lo svolgersi degli eventi.
Protagonista assoluta dell’opera è Karen Black, che interpreta ottimamente tutti e tre (anzi quattro) i ruoli che danno titolo agli episodi. La Black, che ci ha lasciati nel 2013, nel tempo è stata un’attrice un
po’ dimenticata, relegata a ruoli ‘alimentari’ in produzioni direct-to-dvd e omaggiata realmente solo da Rob Zombie, che le ha affidato il ruolo di Mamma Firefly in “La casa dei 1000 corpi”, ma al tempo di “Trilogia del terrore” era attrice piuttosto nota con in curriculum film del calibro di “Easy Rider”, “Ballata macabra”, “Il grande Gatsby”, “Il giorno della locusta” e “Airport ‘75”.
“Trilogia del terrore” nasce come film per la tv, ma il grande successo dato dalle prime trasmissioni portarono la produzione a concedergli anche una distribuzione nelle sale.
Un film che si regge unicamente sulla maestria e, ormai, notorietà dell’ottimo episodio sul feticcio Zuni, e per esso vale la pena di vederlo, tutto il resto, come diceva la canzonetta, è noia.