RG
Roberto Giacomelli
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Luis e Teo, due curiosi ragazzini, si intrufolano in un paesino sgomberato dalle autorità che si appresta ad essere allagato per dar vita a un lago artificiale. I due scoprono però che nei sotterranei della chiesa sono tenuti incatenate alcune persone che, vedendoli, chiedono di essere liberate. Teo libera uno di loro, ma questo lo uccide e poi da il suo cadavere in pasto agli altri.
Quarant’anni dopo, in occasione della morte di Roberto Borgia, sindaco di Desbaria, sua figlia Teresa e sua nipote Clara giungono da Londra ma scoprono che il paese è infestato da un’entità maligna che sta corrompendo le menti degli abitanti e seminando morte.
La Fantastic Factory ha il merito di aver rilanciato il genere horror in Spagna, abbandonato da troppo tempo ed esplorato negli anni precedenti al terzo millennio saltuariamente. Purtroppo però, tra alcuni titoli estremamente validi, la casa di produzione fondata da Julio Fernandez ne ha lanciati altrettanti particolarmente scadenti e, duole dirlo, gran parte di loro portano la firma di Brian Yuzna, co-fondatore della compagnia. Yuzna, seppur siano anni che non dirige un film realmente “decente”, è riuscito a farsi un nome nel panorama orrorifico grazie al alcuni accattivanti prodotti d’inizio carriera, tra i quali citiamo senza dubbio “Society”, “Re-animator 2” e “Il ritorno dei morti viventi 3”, da quando ha stretto sodalizio con Fernandez, però, la sua firma si è fatta particolarmente sbiadita è gran parte dei suoi film oscilla pericolosamente tra il quasi mediocre e il brutto senza riserve. Questo “Beneath Still Waters” appartiene decisamente alla seconda categoria e mostra molti dei limiti che il cinema di Yuzna degli ultimi anni presenta.
Cominciamo dalla sceneggiatura, scritta a quattro mani da Angel Sala e Mike Hostench, derivata da un romanzo di Matthew Costello. La storia non ha mordente già di suo, ma lo script riesce a rovinare anche le poche trovate vincenti a causa di una totale mancanza di interesse per la pur minima costruzione dei personaggi (e pensare che il film racconta una storia corale!) e per un accumulo di elementi “rubati” in giro nella storia del cinema horror e che mal si incastrano tra loro. In alcune parti sembra che gli sceneggiatori abbiano voluto rifarsi a “Fog” di Carpenter, insistendo sull’anniversario della città e sulla maledizione che in quest’occasione si sarebbe abbattuta (ogni tanto possiamo vedere far capolino anche una fitta nebbia!), poi ci sono elementi sicuramente ripresi da “Dagon”, dell’amico Stuart Gordon e anch’esso prodotto dalla Factory, e via discorrendo con elementi provenienti perfino da “Lo squalo”, “Creepshow 2” e “Paura nella città dei morti viventi”. Anche i dialoghi appaiono particolarmente piatti e il ritmo della pellicola è pericolosamente lento durante gran parte dello svolgimento, aumentando solo negli ultimi venti minuti. Il problema fondamentale è che si è voluto gettare troppa carne al fuoco con il risultato di bruciare tutto: il film ha dentro zombi, fantasmi, maledizioni, profezie, sette sataniche, catastrofismi, ma non sviluppa nessuno degli elementi e riesce solo a girare a vuoto. In alcuni punti, poi, si riesce perfino a scadere nel
ridicolo involontario e assistendo al tizio che viene fatto roteare per aria oppure al faccione minaccioso che si materializza nell’acqua, viene solo da ridere di gusto.
L’unica scena che mostra un tocco dello Yuzna d’annata è la scena dell’orgia che vuole dichiaratamente citare “Society” ma che alla fin fine risulta solo intrusa.
La regia è poi particolarmente scialba e anonima, penalizzata da una messa in scena poveristica da tv movie e da un cast particolarmente svogliato e spesso inadatto ai ruoli assegnati, basti pensare che la bella protagonista Charlotte Salt, che è del 1985, ha per madre Raquel Merono, che all’anagrafe ha solo dieci anni più di lei…e la cosa si nota!
Gli unici punti a favore di “Beneath Still Waters” sono gli efficaci effetti di make-up e alcune sequenze splatter ben realizzate. Pochino, direi.
Estremamente evitabile.