Into The Mirror backdrop
Into The Mirror poster

INTO THE MIRROR

거울 속으로

2003 KR
agosto 14, 2003

Woo Yeong-min ha lasciato la polizia dopo aver accidentalmente causato la morte di un suo collega, ma sarà costretto a indagare su una serie di omicidi commessi proprio nel centro commerciale dove lavora come addetto alla sicurezza...

Registi

Kim Sung-ho

Cast

Yoo Ji-tae, Kim Myung-min, Kim Hye-na, Kim Myoeng-su, Ki Joo-bong, Lee Yeong-jin, Jung Eun-pyo, Oh Jung-se, Oh Yong, Park Jun-hyuk
Horror Thriller Mistero
HMDB

RECENSIONI (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Mancano pochi giorni alla riapertura del centro commerciale Dreampia e un’impiegata viene trovata morta sgozzata davanti allo specchio di uno dei bagni. La polizia pensa che si tratti di suicidio, ma un’ulteriore morte, stavolta di un tecnico della sicurezza, spinge le forze dell’ordine ad abbandonare quell’ipotesi. Nel frattempo Woo Yeong-min, capo della vigilanza del centro commerciale ed ex poliziotto con numerosi sensi di colpa, fa la conoscenza di Lee Ji-hyeon la quale gli rivela che l’autrice dei delitti è la sua sorella gemella morta in circostanze misteriose alcuni mesi prima proprio all’interno del centro commerciale… Corea, terra di perle cinematografiche. La moda che ha visto nascere uno stragrande numero di pellicole di genere nella terra del Sol Levante, riscontra nella Corea del Sud uno dei Paesi più prolifici e sicuramente più validi qualitativamente parlando. Malgrado la costante del fantasma vendicativo sia ormai una strada obbligata per cui pare il buon 80% degli horror asiatici post “Ringu” debbano passare, ci sono comunque pellicole che riesco in parte a deviare questa strada per raggiungere mete ben più nobili. “Into the Mirror” appartiene proprio a questa categoria e, nonostante abbia l’elemento ricorrente del fantasma in cerca di vendetta ( fortunatamente non il solito spauracchio con vestito bianco e capelli lunghi davanti al volto ), risulta essere uno dei thriller/ horror più validi e avvincenti della new wave orientale. L’idea vincente che sta dietro a “Into the Mirror” è l’utilizzo dello specchio come porta di passaggio per un mondo alternativo e come elemento di riflessione sul tema del doppio. Gli specchi, che sono i veri protagonisti della pellicola, dal momento che il regista riesce a piazzarli quasi in ogni inquadratura, non riflettono semplicemente la nostra immagine, ma un altro io, un essere indipendente da noi stessi che vive una vita propria in un mondo altro che si sviluppa dietro lo specchio; per questo la morte non uccide il riflesso, l’altro io, ma può alimentarne la vita, rendendolo unico. Simbolo e allo stesso tempo negazione del doppio riflesso è il personaggio di Lee Ji-hyeon, sorella gemella e dunque ulteriore doppio della vittima vendicativa Lee Jeong-hyeon, personaggio fragile con un passato in un centro di igiene mentale. La reclusione di Lee Ji-hyeon e la sua conseguente liberazione dopo la morte di Lee Jeong-hyeon, non fa altro che simboleggiare il rapporto di esclusività che si viene a creare tra i diversi io: Lee Ji-hyeon è rinchiusa in un ospedale, lasciando a Lee Jeong-hyeon la libertà di vivere; Lee Jeong-hyeon muore e Lee Ji-hyeon viene considerata guarita e libera di andare, rimpiazzando così il ruolo di Lee Jeong-hyeon e mettendo ordine nei due mondi ( fuori e dentro lo specchio ) che hanno così una “Lee” a ciascuno. L’universo creato da Sung-ho Kim nel suo film è complesso e la filosofia che si nasconde dietro la semplice storia narrata nel film è molto meno banale del semplice thriller cucito come esoscheletro su “Into the Mirror”, infatti ciò che meno convince del film è la svolta da thriller poliziesco che il film prende nella parte centrale/finale, che, oltre a rallentarne il ritmo, lo rendono vicino, per soluzioni narrative, a famosi thriller paranormali hollywoodiani del calibro di “Echi Mortali” e “Le Verità Nascoste”; ma in fin dei conti poco importa, dal momento che il film riesce ad essere una creatura singolare e piacevolmente ambigua, capace di stagliarsi prepotentemente al di sopra della maggior parte dei film di genere che ci provengono dall’oriente. La regia di Sung-ho Kim è curata e variegata, molto apprezzabile quando crea giochi ambigui di riflessi con gli specchi e supportata da una fotografia valida e attenta ai particolari. Piuttosto bravi e in parte anche gli attori e discreto il reparto gore. Da antologia almeno due sequenze: l’omicidio iniziale e il colpo di scena che chiude il film. Da vedere assolutamente sia per gli amanti del cinema horror orientale, sia per i suoi refrattari.