Heidi, una bionda pollastrella rock, DJ in una stazione radio locale, assieme a Whitey e Munster Herman, forma il “Big H Radio Team”. Arriva una misteriosa scatola di legno che contiene un disco in vinile, indirizzata a Heidi, con su scritto “Un regalo dei Lords”. Lei pensa che si tratti di una rock band che vuole pubblicizzare la sua musica. Mentre Heidi e Whitey ascoltano il disco, questo inizia a suonare al contrario e Heidi ricorda, in flashback, un trauma passato. In seguito, Whitey suona il disco dei Lord, battezzandoli The Lords of Salem, e con sua grande sorpresa il disco suona normalmente ed ottiene un enorme successo presso gli ascoltatori. Arriva un'altra scatola di legno per i Big H da parte dei Lords, con biglietti gratis, poster e dischi, per organizzare un concerto a Salem. Ben presto Heidi e i suoi colleghi scoprono che il concerto non è lo spettacolo rock che si aspettavano: i veri Signori di Salem stanno tornando, e vogliono sangue..
Registi
Rob Zombie
Cast
Sheri Moon Zombie, Bruce Davison, Jeff Daniel Phillips, Judy Geeson, Meg Foster, Patricia Quinn, Ken Foree, Dee Wallace, María Conchita Alonso, Richard Fancy
La deejay Heidi Howthorne lavora in un’emittente specializzata in musica rock nella cittadina di Salem, nel Massachusetts. Una sera riceve un “omaggio” da parte di una sconosciuta band musicale che si fa chiamare i Signori di Salem e che molto presto terrà un concerto proprio nella loro città. L’omaggio è una scatola di legno contente un vinile con una demo della band, Heidi lo ascolta e riamane immediatamente colpita, quasi ipnotizzata dai suoni che il disco emette. Il giorno seguente la deejay decide di trasmettere il pezzo dei Signori di Salem in radio e la stessa sensazione ipnotica di smarrimento viene percepita anche dalle altre ascoltatrici. Heidi comincia a piombare in uno stato di progressivo condizionamento, come se quella musica l’avesse segnata nell’anima e quando lo scrittore esperto di folklore locale Francis Matthias viene a conoscenza dell’accaduto, comincia a sospettare che i Signori di Salem siano in qualche modo collegati con le streghe che nel passato furono condannate e giustiziate in quella città.
Probabilmente forte del suo pregresso nella musica metal, dunque dotato di un fandom già attivo da anni, e grazie anche a una fedeltà al genere horror che ne ha sancito uno stile ben preciso, Rob Zombie è oggi uno dei pochi nuovi guru del panorama cinematografico horror ad essere riconosciuto come tale dalla quasi unanimità degli spettatori.
Cominciando la carriera con due film diventati in breve tempo dei veri e propri cult-movie, “La casa dei 1000 corpi” e “La casa del diavolo”, Zombie è stato poi promosso a produzioni di un certo peso prendendosi la responsabilità di dare nuovo inizio alla saga di “Halloween”. Forse è proprio a causa dei due film sulle gesta di Michael Myers, che hanno
decisamente diviso i fan tra entusiasti e delusi, che Zombie ha deciso di fare un ritorno sui suoi passi con il nuovo film “Le streghe di Salem”, produzione ben più contenuta delle due precedenti opere targate Dimension Films e sicuramente meno commerciale, più vicina al folle mondo del rocker/regista.
Però guardando “Le streghe di Salem” sorge un immenso dubbio nello spettatore riguardante le intenzioni dell’autore: a chi è indirizzato questo film? Perché se da una parte è chiaro che Rob Zombie stesse cercando in quest’opera un mezzo di riscatto verso la brutta esperienza produttiva legata ai due “Halloween” (di cui non ha mai fatto segreto) con un film più personale, dall’altra sembra quasi che il regista voglia inspiegabilmente comunicare la sua voglia di distacco anche da certo cinema che l’ha reso l’autore amato che è oggi. È come se con “Le streghe di Salem” Zombie voglia dire allo spettatore più esigente che ha sempre snobbato il suo cinema “Vedi? Anche io sono capace di fare un film d’autore e non solo quella merda piena di violenza, sesso e parolacce!”. Ma Rob Zombie deve capire che se oggi ha una schiera di accaniti fan che lo difendono a spada
tratta anche fuori dall’ambiente musicale è proprio grazie a quella adorabile “merda piena di violenza, sesso e parolacce”… gli viene bene fare quel tipo di film e ogni volo pindarico che strizza l’occhio a Jodorowsky o a Kubrick – come di fatto è pieno “Le streghe di Salem” – non è roba adatta a lui. Perché quell’alone di autorialità “seria” che ammanta “Le Streghe di Salem” è maldestro e comunica solo una grande, immensa presunzione che da un anarchico del grande schermo come Rob Zombie non ci saremmo aspettati.
Narrativamente parlando, “Le streghe di Salem” è abbastanza disastroso: il soggetto è semplicissimo e inutilmente dilatato, manca completamente di ritmo, di eventi salienti, di un vero climax e di una naturale scansione in atti. Il film è costituito da un unico gigantesco e pesantissimo blocco narrativo, intervallato ogni tanto da alcuni falshback relativi al passato stregonesco, la storia non ingrana mai e anche i personaggi non vengono mai sviluppati, non hanno un background e la maggior parte di loro neanche una utilità per la storia raccontata. Tutto regge sulle spalle della deejay Heidi, interpretata dalla consorte del regista Sheri Moon (che qui ostenta il lato b più che in passato anche se l’attrice sta visibilmente invecchiando), ma il
personaggio non riesce a creare empatia con lo spettatore e la stessa attrice, anche se indubbiamente brava, non ha quel carisma e quelle capacità da reggere un intero lungometraggio sulle proprie spalle.
“Le streghe di Salem” cerca di comunicare più per singole immagini che tramite una normale storia da seguire e finchè rimaniamo nel territorio dell’iconografico e del figurativo, il film funziona pure, con alcune scene dalla composizione quasi fotografica che risultano indubbiamente affascinanti. Alla lunga, però, questo ostentare il lato “artistico” dell’opera stanca, irrita quasi, e comincia ad emergere una sorta di spocchia da parte dell’autore che lascia il tempo che trova.
Il film, a differenza delle precedenti opere di Rob Zombie, è molto parco in violenza e brutalità, concentrandosi in modo a tratti insistito su una vena fortemente blasfema che attacca il cristianesimo per celebrare allegoricamente la Fede in maniera “alternativa”.
Non mancano richiami e citazioni al cinema del
passato, anche se in questo caso i riferimenti sono meno ostentati e legati a suggestioni meno specifiche (c’è qualche cosa da “Il signore del male”, “Halloween III”, “Morte a 33 giri”, “La pelle di Satana”, “Il grande inquisitore”), guardando spesso a modelli più “alti” del solito, come i già citati Jodorowsky (freaks, riferimenti all’iconografia cristiana, simbolismi), Kubrick (tempi dilatati, scansione in giorni della settimana) e Polanski (misteri condominiali, paranoia).
Cast come al solito composto da vecchie glorie abituali, come Ken Foree, Sid Haig, Bruce Davidson, Dee Wallace e Michael Berryman, e di nuova acquisizione come Judy Geeson (la ricordiamo per “Inseminoid”), Meg Foster (“Essi vivono”), Patricia Quinn (“The Rocky Horror Picture Show”) e Andrew Prine (“Grizzly”, “Amityville: Possession”).
Sicuramente “Le streghe di Salem” dividerà molto gli spettatori, è un’opera troppo imperfetta per lasciare indifferenti, purtroppo quello che però emerge a primo impatto è la noia e l’eccessiva presunzione di un artista che deve inutilmente dimostrare di essere tale, lasciandoci di fatto solo con un esercizio di stile.
Provaci ancora Rob.