Brigitte sta cercando di evitare ciò che è capitato a sua sorella Ginger, prima trasformata in lupo mannaro e poi uccisa da Brigitte stessa. Il terribile morbo scorre già nel suo sangue e l'unica speranza di salvezza risiede in un antidoto che tuttavia non fa altro che rallentare gli effetti del morbo. Reclusa in un centro di riabilitazione per tossicodipendenti, Brigitte, in stato confusionale, viene privata dell'antidoto che frena la sua brama di sangue e le impedisce di trasformarsi in un licantropo che istintivamente uccide chiunque sia sulla sua strada. Nel frattempo un lupo mannaro (lo stesso che ha aggredito e trasformato Ginger nel primo film) si aggira nei dintorni dandole la caccia. Stringendo amicizia con un'orfana, soprannominata Ghost, Brigitte riesce a scappare e si rifugia nella vecchia casa di Ghost. Lì tenterà inutilmente di fermare il morbo.
Registi
Brett Sullivan
Cast
Emily Perkins, Tatiana Maslany, Katharine Isabelle, Eric Johnson, Janet Kidder, Brendan Fletcher, Chris Fassbender, Pascale Hutton, Patricia Idlette, Michelle Beaudoin
Brigitte, in fuga dopo aver ucciso la sorella, è alla ricerca di un antidoto definitivo per curare la licantropia che la affligge, visto che l’aconito, una sorta di veleno estratto da un fiore, riesce solo a rallentarne gli effetti ma non a bloccare la mutazione. Dopo una forte crisi, la ragazza viene reclusa in un centro per la cura della tossicodipendenza dove viene trattata come una comune drogata. La permanenza forzata e la mancata somministrazione dell’aconito fanno sì che la trasformazione avvenga sempre più velocemente. L’unica persona che capisce cosa le sta succedendo è Ghost, una bambina orfana ospite della casa di cura. Mentre insieme cercano rimedio alla difficile situazione, all’esterno della clinica si aggira un altro licantropo, che vuole qualcosa da Brigitte.
Stupidamente ribattezzato in Italia come “Licantropia Apocalypse” (dato che di apocalisse proprio non se ne vede), il secondo film della trilogia mannara “Ginger Snaps” continua dove ci aveva lasciato il primo capitolo.
La location si sposta in mezzo alla neve e Brigitte, interpretata ancora una volta dalla sempre più brava e azzeccata Emily Perkins, è in fuga dagli avvenimenti che hanno sconvolto la sua vita nel primo capitolo della saga. È sola,
impaurita e combatte contro il senso di colpa che la distrugge interiormente. Ma non solo: è anche infettata dal morbo della licantropia e cerca un rimedio alla sua complicata condizione.
Si vede fin dalle prime immagini che siamo di fronte ad un film completamente diverso dal precedente. Non ci sono più i toni da favola nera, qui tutto è più cupo a partire dalla storia che trasferisce l'ambientazione dalla scuola ad una clinica per tossicodipendenti, luogo già di per sé angosciante reso ancora più claustrofobico dai corridoi bui, presenti in abbondanza nel film.
Completamente differente è anche la messa in scena, più cupa, più visionaria e accompagnata una colonna sonora martellante praticamente presente in ogni scena, risultando spesso invadente. Il film è anche caratterizzato da un montaggio più frenetico che rende più ansiogene le scene di tensione e al tempo stesso copre i limiti del make-up che erano evidenziati come difetti in “Licantropia
Evolution”. I lupi, vittime del low budget della pellicola, sono intravisti in scene veloci e scure e questo per fortuna li rende più credibili dei loro simili nel precedente film.
Se nel primo capitolo la licantropia era utilizzata come metafora della donna che si sviluppa sessualmente e l'infezione vista come gli impulsi adolescenziali che vengono a galla e non possono essere tenuti a bada, nel secondo l'attenzione si sposta su un altro tipo di impulso incontrollabile, ovvero quello della tossicodipendenza. Brigitte, per domare i suoi istinti animaleschi, deve assumere l'aconito, che in caso di mancata somministrazione le causerebbe la trasformazione completa, ma agli occhi delle altre pazienti della clinica è soltanto una tossicodipendente, che combatte contro l’astinenza.
Anche se non è il sesso l'argomento principale della storia, il film ne è permeato, a partire dall'infermiere che richiede prestazioni sessuali in cambio della droga fino alla surreale scena della masturbazione di gruppo utilizzata come
terapia.
Ci sono molti punti deboli come la prolissità di alcune scene di tensione che sono ridondanti a tal punto che annoiano, oppure i fatiscenti corridoi in rovina della clinica, tipico cliché horror presente nelle pellicole di bassa lega, volti a creare un'atmosfera tetra e per rendere ancora più inquietante la figura del lupo nascosta nell'ombra, facendo però domandare allo spettatore come mai siano presenti luoghi così malmessi in una clinica aperta ai pazienti.
Tolte queste imperfezioni, “Licantropia Apocalypse” resta un seguito godibile di un buon film, nonché una onesta chiusura della storia visto che il terzo capitolo della saga è un prequel, ambientato un centinaio di anni prima.
Da non sottovalutare è il personaggio di Ghost, bambina irritante e appassionata di fumetti che ha sempre vissuto le vicende dei suoi eroi leggendole di nascosto, come una muta e invidiosa spettatrice di storie che non le appartengono fino a quando finalmente riesce a diventare protagonista della propria avventura, nel bel colpo di scena finale.