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Roberto Giacomelli
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Bobby Dagen è uno dei sopravvissuti alle trappole dell’Enigmista e ora sta facendo fortuna grazie a un programma riabilitativo per tutte le vittime sopravvissute proprio al killer detto Saw. Bobby però viene rapito e rinchiuso all’interno di un labirinto con lo scopo di salvare alcune vite fino a giungere nella stanza in cui è rinchiusa sua moglie. Nel frattempo Hoffman, dopo essersi salvato dalla trappola che gli ha applicato Jill per volere del suo defunto marito, sta facendo di tutto per raggiungere la donna e vendicarsi. Jill però è sotto custodia cautelare della polizia e del detective Gibson in particolare.
Dopo sette anni di intensa attività e successi al botteghino la ormai leggendaria saga di “Saw” decide di chiudere i battenti e lo fa con un gran finale in 3D. Un settimo film che si prefigge fin dal titolo di porre la parola fine sulle gesta di John Kramer e dei suoi discepoli, un capitolo chiarificatore, dunque, che scioglie effettivamente molti nodi lasciandone però inevitabilmente alcuni ancora ben ancorati al pettine.
Iniziamo col dire che Marcus Dunstan e Patrick Melton, gli sceneggiatori di gran parte della saga e di questo settimo capitolo, decidono di andare decisamente sul sicuro e costruiscono “Saw 3D” sul canovaccio già collaudato dei capitoli precedenti. In particolare l’episodio fondativo per la struttura di questo film è il terzo, che in fin dei conti veniva già ripreso anche nel sesto film e in
un certo senso nel quarto. Avremo dunque un personaggio/vittima principale inserito all’interno di un percorso a ostacoli e messo continuamente di fronte a scelte che prevedono la morte o la salvezza di qualcuno a lui collegato, fino alla prova finale che prevede il fare i conti con il proprio passato e, dunque, con il motivo che lo ha portato a quella situazione. Il gioco, seppur ormai ripetitivo, funziona ancora per la varietà delle trappole e per l’immancabile twist finale che anche in questo caso risulta decisamente azzeccato.
Paradossalmente quello che sembra funzionare meno è ciò che succede al di fuori, le vicende da serial che collegano questo ai film precedenti. Tutto sembra abbastanza scontato, i colpi di scena che caratterizzano questo settimo film risultano piuttosto telefonati e il modo in cui si muovono Hoffman, Jill e compagnia bella sembra escludere il reale coinvolgimento delle forze dell’ordine: ognuno delinque indisturbato senza che nessuno se ne renda conto, malgrado l’intera città sia mobilitata per quello che accade.
Per la prima volta nella saga di “Saw” vediamo una trappola alla luce del giorno, per di più
installata in un luogo pubblico, una piazza, e gettata in pasto ad un pubblico di spettatori casuali. L’idea è quella di rendere l’operato dell’Enigmista pubblico, sdoganarlo e renderlo un fenomeno pop che va oltre l’atmosfera dark e opprimente delle precedenti puntate. John Kramer è un personaggio da tv generalista, un fenomeno di massa il cui volto popola postumo talk show, programmi di approfondimento e libri. C’è chi riesce a far soldi e successo grazie all’operato di Saw e uno di questi è Bobby Dagen, sopravvissuto e guru della salvezza. Bobby ha scritto un libro da 1 milione e passa di copie e ha in “cura” molti volti noti allo spettatore (tra cui ci sono Greg Bryk di “Saw V” e Tanedra Howard e Shauna McDonald di “Saw VI”); ma Bobby è davvero capace di salvare vite? Oppure le sue sono solo chiacchiere per guadagnare soldi e fama? L’interrogativo che muove il gioco questa volta appare più banale del solito (almeno dopo la sagace critica al mondo delle assicurazioni sanitarie di “Saw VI”), ma la storia è ben più complicata di come possa apparire e seppure non siamo sui livelli del capitolo precedente, possiamo comunque accontentarci.
Poi c’è il fattore “trappole” che può rallegrare i fanatici del gore perché più andiamo avanti e più i creativi di “Saw” sembrano sbizzarrirsi. Alcune trappole sembreranno semplicemente bruttine e debitrici al videogioco della Konami dedicato
all’Enigmista (vedi il tizio impiccato), altre banalotte (i tubi diretti al volto), ma poi ce ne sono altre che lasciano un sadico ghigno sul volto dello spettatore e mi riferisco alla trappola in piazza con lame rotanti, quella con la chiave in gola impigliata all’amo da pesca, la sempre presente trappola per mandibola e soprattutto a quel capolavoro gore che ha per protagonista Chester Bennington, il vocalist dei Linkin Park, letteralmente incollato al sedile di un’automobile.
Passiamo al 3D, che in verità è sfruttato pochino in questo film. Ogni tanto c’è qualche intestino o arto umano che schizza verso la platea e l’effetto immersivo della profondità sembra poco utile a un film come Saw, girato prevalentemente in interni. Diciamo che “Saw 3D” non ha la stereoscopia dalla sua parte, un elemento in più senza del quale in realtà non sarebbe cambiato nulla.
Come dicevo all’inizio “Saw 3D” è soprattutto il capitolo finale, quindi aspettatevi che alcuni punti oscuri della saga qui trovino un’illuminazione, a cominciare dalla sorte del Dott. Gordon che dopo il primo film non abbiamo più visto. Non a caso questo settimo capitolo ricomincia proprio con la fine del primo,
mostrandoci cosa ha fatto il dottore lasciato il bagno degli orrori. Diciamo che un po’ tutto in questo film sembra tornare a posto, chiudendo i diversi archi narrativi aperti lungo i sei film della saga, anche se ovviamente in casa Twisted Pictures hanno deciso di lasciare una porticina piccola piccola aperta all’eventualità di un proseguo, magari tra qualche anno.
Cast di soliti volti noti con Costas Mandylor (Hoffman) qui più rabbioso del solito, una Betsy Russell (Jill Tuck) incredibilmente sexy, uno Sean Patrick Flanery (Bobby Dagen) che somiglia sinistramente a Edward Norton in “Fight Club” e un redivivo (e zoppicante) Cary Elwes che torna a vestire i panni del Dr. Gordon. Ah, dimenticavo, c’è anche Tobin Bell, il cui personaggio è morto quattro sequel fa, anche se stavolta ha meno scene del solito.
“Saw” è “Saw”, se amate la saga questo capitolo conclusivo non potrà che lasciarvi soddisfatti, tra rivelazioni, trappole ingegnose e 3D…ovviamente se le gesta dell’Enigmista vi avevano già stancato al capitolo 2 è inutile dire che questo film non fa per voi.
Fate la vostra scelta.