RG
Roberto Giacomelli
•Il professor Spencer Northcut viene chiamato per partecipare a una spedizione di recupero e ricostruzione di una base sottomarina dopo che l’attacco di un enorme essere ha devastato tutto e ucciso due ricercatori. Northcut, in quanto progettista di un avveniristico sottomarino, viene coinvolto come consulente tecnico ma il professore si ritrova ad essere anche elemento chiave contro il mostro che ha causato l’incidente. Si tratta di un Megalodon, ovvero un gigantesco squalo preistorico che probabilmente è lo stesso che molti anni prima massacrò la sua famiglia davanti ai suoi occhi.
Io mi chiedo per quale motivo delle poverissime produzioni destinate all’home video o alle tv via cavo si ostinino a realizzare film sui megalodon. Già dobbiamo rassegnarci all’idea che la maggior parte dei pronipoti e figliastri dei gloriosi beast movie acquatici anni ‘70 oggi abbiano le fattezze di orridi straight-to-video con fintissimi animali digitali, ma quando ci troviamo un terzo dei quali portare sugli schermi squali preistorici che mal si integrano con gli scenari e i cervelli degli spettatori…beh, a quel punto lo sconforto è doppio! Non ci vuole molto a constatare che se non si hanno
i mezzi per portare in scena uno squalo di dimensioni standard ancor peggio potrebbe accadere con un bestione di 40 metri, ma questo sembra non entrare nelle teste di folli produttori che finanziano i vari “Shark Attack 3: Megalodon”, “Mega Shark vs Giant Octopus”, “Megalodon” o questo “Shark Hunter” e poi i risultati parlano sempre chiaro: robaccia insostenibile anche per i più accaniti fan del brutto. Ma se i problemi si limitassero solo alla realizzazione tecnica del mostro ci si potrebbe anche in qualche modo passar sopra, in fin dei conti “Snakes on a plane” non aveva di certo dei serpenti “perfetti”, ma il film a suo modo diverte. No, i problemi sono tanti altri e si chiamano noia, mancanza di qualunque plausibilità, cagneria attoriale, scrittura dilettantesca e squallore visivo generale.
In “Shark Hunter” c’è tutto e di più. Il mostro forse è dei meno peggio visti in questo tipo di film, ma il resto fa acqua da tutte le parti. Lo sceneggiatore Sam Wells, che si ispira lontanamente al romanzo “MEG” di Steve Alten (e di cui aspettavamo una versione ufficiale ad alto budget, ormai “naufragata”), punta tutto sul personaggio tormentato del professor Northcut dimenticandosi completamente dell’altra mezza dozzina di figuri che si barcamenano nella storia. Northcut,
impersonato da un monoespressivo Antonio Sabato Jr. abbonato a brutti thriller televisivi da almeno una quindicina d’anni, è il classico professore da film, il solito belloccio che non ha un vero corrispettivo nella realtà, un tizio tormentato dalla morte dei genitori ad opera di un mostro marino preistorico che – guarda caso – trova l’occasione di sfidare di nuovo. Il prologo nel passato, che mostra attraverso una sorta di filmino delle vacanze la tragedia, è di quelli brutti brutti che sembrano quelle ridicole messe in onda di feste di paese ad opera di emittenti televisive locali, ma la cosa più ridicola è che ogni volta che Northcut pensa al suo passato gli viene in mente sempre quel filmino, sempre la stesse due o tre immagini, come se non avesse altri ricordi. Ma volete sapere qual è il fondo toccato da “Shark Hunter”? Il fondo oceanico! Eh si, perché in due scene ambientate sul fondo del mare – una delle quale è la scena madre dell’aggressione iniziale del megalodon alla base sottomarina – non sono stati in grado di costruire uno scenario minimamente credibile. Ovvero si nota in modo troppo spudorato che il film è stato girato in un teatro di posa per il semplice fatto che non c’è acqua! I sommozzatori fluttuano in uno spazio vuoto simulando di galleggiare ma l’effetto è quasi più
simile a quello di un’astronauta che cammina sulla luna; e poi non ci sono pesci, non ci sono alghe o erbe marine, solo buio e questi tizi che fanno finta di galleggiare. Per simulare i detriti e i pulviscoli marini si sono limitati a usare un cannone sparaneve settato al minimo con l’effetto che i suddetti pulviscoli si posano in primo piano sulle tute dei personaggi. L’effetto generale è di uno squallore inimmaginabile.
Poi “Shark Hunter” soffre del problema che soffrono gran parte di questi film, la tediosa discrepanza tra scene ambientate nel sottomarino – noiosissime e piene di inutili chiacchiere pseudo tecniche – e quelle all’esterno, con gli attacchi del mostro, che abbondano in CGI e creano un netto e fintissimo contrasto con le prime.
La regia è di Matt Codd (“Epoch”) e aggiungete che questo film, a differenza degli orrendi cazzatoni della Asylum come “Mega Shark vs Giant Octopus”, “Mega Shark vs Crocosaurus” e “Mega Piranha”, si prende anche molto sul serio.
Disastroso!
Visiona il trailer di SHARK HUNTER