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Giuliano Giacomelli
•Vivono tra noi, ci circondano e ci osservano quotidianamente: sono Skinwalkers, un’antica razza di creature costrette, in seguito ad una maledizione, a trasformarsi nelle notti di luna piena in famelici licantropi assetati di sangue umano. La maledizione si protrae ormai da secoli e tra gli Skinwalkers è sorta una faida interna difficile da saldare: alcuni di loro hanno deciso di votarsi al bene e vivere pacificamente con gli uomini, altri, invece, non intendono reprimere i loro istinti e continuano a cacciare l’uomo per soddisfare il loro desiderio di nutrirsi. Ora, dopo centinaia di anni, sta per giungere la profezia capace di mettere fine a questa maledizione: il giorno in cui un mezzosangue avrà compiuto il suo tredicesimo anno di età gli Skinwalkers torneranno umani. Ma il gruppo di licantropi ribelli, non essendo intenzionati a sottrarsi alla loro natura, ha deciso di mettersi sulle tracce del bambino che potrà annullare la maledizione.
Mettiamola così: siete reduci di una giornata difficile, non tutto è andato come speravate e così a fine serata sentite la necessità di scollegare il cervello, incollarvi davanti al televisore e gustarvi una piacevole commedia al fine di farvi qualche sana risata per dimenticare momentaneamente le difficoltà a cui la vita vi ha sottoposto in giornata. Se le cose si sono messe più o meno così, vi troverete davanti ad un bivio in cui è difficile prendere una decisione immediata: o rispolverate dalla vostra cineteca un cult dalla facile risata come “Giovannona coscia lunga, disonorata con onore”, oppure potete visionare questo “Skinwalkers” che, a modo suo, non tarderà a risultare una primissima visione altrettanto scompisciante.
Già perché i momenti di forte ilarità, specie nella prima parte del film, abbondano felici. Se si fosse trattato di una horror-comedy a risvolti demenziali, infatti, questo film avrebbe potuto serenamente considerarsi riuscito, ma dato che la pellicola non fa della commedia il suo raggio d’azione e preferisce adottare toni estremamente seriosi, tutt’altro che goliardici, il risultato finale offertoci non può che essere quello di un’opera abominevole e satura di comicità involontaria.
In quei pochi momenti di lucidità in cui non è impegnato a tenere a bada le risate dovute agli assurdi fatti che si susseguono per i novanta minuti circa di minutaggio, lo spettatore sarà portato a riflettere e persino a dispiacersi nel notare tanto squallore in un film sui licantropi. Tale sottogenere, infatti, nel corso della storia del cinema (a partire dal lontano 1935, quando a vestire i panni del mannaro fu chiamato il convincente Henry Hull) ha saputo offrirci pellicole di inestimabile valore e capaci di segnare, ognuna a proprio modo, il nostro genere.
Ultimamente, però, le cose sembrano essere assai cambiate per coloro che ululano al pallore della luna dato che, salvo rare eccezioni indispensabili a confermare la regola (vedere il convincente “Dog Soldiers” di Neil Marshall), questo sottofilone pare aver perso totalmente vigore nel tentativo di voler contaminare – in maniera eccessivamente forzata, forse – l’horror all’action modaiolo di ultima generazione.
Ma se a volte, da un tale connubio, è possibile veder nascere qualche cosa di sufficientemente convincente (i due “Underworld”, ad esempio), in altre non si può far altro che provare ribrezzo e tristezza nell’assistere impotenti a questo cambio generazionale che conferma con prepotenza che opere quali “Un lupo mannaro americano a Londra” o “L’ululato” (per citarne due tra i più noti) sono ormai solamente un ricordo del passato.
Con “SkinWalkers” James Isaac (“Jason X”) dirige un pastrocchio che sembra non trovare un limite ai confini del brutto e che sembra, anzi, compiacersi del ridicolo (e a tratti patetico) teatrino inscenato per rappresentare quest’alternativa storia di lupi mannari.
Oltre alla già accennata quantità di umorismo involontario (da segnalare la ridicola sparatoria in paese simil far west, che sembra direttamente
estrapolata dal geniale “Hot Fuzz” di E. Wright – ma lì l’intento era tutt’altro che serioso - ), va segnalata la dilettantesca sceneggiatura satolla di buchi, incongruenze (inizialmente i licantropi sembrano mortali solo all’argento, a seguire qualunque cosa è buona per ucciderli) e sequenze senza senso inserite alla meno peggio (come la ragazza licantropo che viene morsa da un suo simile e comincia a mostrare sbalzi di umore senza alcun rigore di logica) che non fa altro che rendere ancora più confusa una storia già di per se poco chiara.
Unica nota positiva (ma può essere considerato un vero motivo d’interesse?) meriterebbe d’essere spesa per ciò che concerne l’efficace look impiegato per la realizzazione dei licantropi. I lupi mannari, quando al sorgere della luna piena abbandonano il loro discutibile aspetto umano (motociclisti a ‘mo di hippie), assumono le sembianze di fameliche creature animalesche
realmente spaventose (gli effetti di make-up sono curati dal team capitanato dal compianto Stan Winston), realizzate con affascinanti trucchi old style e capaci di rievocare alla lontana gli efficaci lupi apparsi nel comunque brutto “L’ululato 2”.
Il cast, pur annoverando più di qualche volto noto (in primis la Rhona Mitra di “Doomsday”che da l’impressione di non aver ben capito in quale film stia recitando), finisce con l’esaurirsi in una bolla di sapone a causa di una totale mancanza di spessore offerto ai personaggi, tutti solo abbozzati e poco carismatici.
Oscenamente scarso appare il reparto gore/splatter (che sicuramente avrebbe giovato ad una tale operazione) dal momento che tutti gli omicidi sono rilegati a tamarissime, e nemmeno ben coreografate, sparatorie o a fastidiosi fuori campo.
Tutto questo è “SkinWalkers” e perciò, ricollegandoci al dilemma d’apertura, se siete ancora lì nell’indecisione su quale film visionare per farvi quattro risate (il cult nostrano diretto da Martino o questa pseudo sciocchezza diretta da Isaac), ora vi abbiamo fornito un quadro generale con la speranza di indirizzare al meglio la vostra scelta. Se ci è permesso dire la nostra, consigliamo un’ulteriore visione del film con la Edwige Fenech.