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Vincenzo de Divitiis
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In un circo della periferia di Londra ci si appresta a mettere in scena una serata come tante all’insegna di numeri acrobatici, animali addomesticati e fenomeni da baracconi da ammirare e deridere per i loro difetti fisici. Tra questi c’è Igor, un clown gobbo e storpio con una grande passione e propensione per gli studi medici attraverso i quali intende scoprire come funziona il corpo umano in ogni minimo dettaglio. Insomma un cervello sprecato per un contesto simile dal quale riesce a scappare grazie all’aiuto del giovane studente di medicina Victor Frankenstein che, avendo colto le sue notevoli doti, lo rende partecipe del suo ambizioso e al tempo stesso folle sogno : creare la vita dalla morte grazie ad una potente scarica elettrica. Un piano che incontra non pochi oppositori e altri personaggi che ne vedono una possibile fonte di guadagno da sfruttare senza scrupoli. Ha così inizio una delle storie più conosciute della storia della letteratura e del cinema.
Negli ultimi tempi la febbre per Frankenstein sembra essere tornata a livelli ragguardevoli e lo dimostra il fatto che nel giro di poco tempo sono comparse sul grande schermo diverse trasposizioni del mito di Mary Shelley, e con risultati più che egregi. Solo poche settimane fa, infatti, Bernard Rose ha proposto una propria versione del tutto innovativa ambientando la storia del moderno Prometeo ai giorni nostri e adattandola alle dinamiche della società attuale, tra quartieri malfamati e loschi personaggi con cui il mostro si trova costretto a confrontarsi.
Ora, invece, ecco arrivare la versione di Paul McGuigan, intitolata “Victor: La storia segreta del dottor Frankenstein”, con cui il regista scozzese ritorna ad una maggiore fedeltà rispetto all’opera di partenza e disperde la forza rivoluzionaria del lavoro di Rose, riportando la storia alla sua collocazione storico-geografico originaria. Ciò tuttavia non impedisce che il film risulti un ottimo prodotto d’intrattenimento con tanto di effetti speciali, trucchi da incorniciare e alcuni momenti di ironia che rendono la vicenda scorrevole e appassionante anche per i non amanti del genere.
Scorrendo la filmografia di McGuigan la prima cosa che balza all’occhio è la sua esperienza alla regia di alcuni episodi della serie tv “Sherlock”, ed infatti non a caso l’influenza che appare più evidente fin dalle prime battute è quella degli “Sherlock Holmes” di Guy Ritchie. La volontà del regista, infatti, è quella di raccontare una storia seria e drammatica con toni a tratti scanzonati e guasconi, senza mai calcare troppo la mano per la verità, attraverso il ricorso a dialoghi al limite del surreale, battute argute e sottili in pieno stile humor britannico e inseguimenti rocamboleschi incastonati in atmosfere gotiche e decadenti.
Tra una risata e un’esplosione, tuttavia, l’autore è abilissimo a non spogliare la storia di quelli che sono i suoi elementi peculiari: la folle ambizione di Victor di sostituirsi a Dio, l’amicizia tra lo stesso medico e Igor (personaggio non presente nel libro di Shelley), il conflitto fra scienza e religione e, infine, la creatura che si ribella violentemente al suo creatore. Per riuscire in tale intento diviene fondamentale l’accurata caratterizzazione dei personaggi che abbraccia non solo quelli principali, ma anche quelli in apparenza secondari i cui ruoli diventano sempre più funzionali alla narrazione con lo svolgersi del film; basti pensare all’ispettore Turpin il quale rappresenta la fazione religiosa che vede in Victor un diavolo in terra, oppure allo spietato Rafferty che cerca di imporsi come villain del film. In realtà il vero cattivo con cui il protagonista ha un vero e proprio duello fisico è il mostro da lui creato, in una sequenza finale che mette in evidenza sia i succitati effetti speciali notevoli sia, soprattutto, un make up della creatura davvero ben curato, al quale va aggiunto anche quello della scimmia assassina, che riesce nello scopo di spaventare e conferire al mostro un aspetto fedele rispetto della tradizione e al tempo stesso adatto a scene d’azione frenetiche.
Ottime anche le interpretazioni di un cast che vede emergere su tutti James McAvoy e Daniel Radcliffe, rispettivamente nei panni di Victor e Igor, convincenti nel dare forza a consistenza a due personaggi complessi e controversi nel rapporto con il mondo esterno e la loro ambizione.
“Victor: La storia segreta del dottor Frankenstein”, in conclusione, diverte, intrattiene e regala qualche momento di brivido, riuscendo a dosare bene tutti gli elementi e regalare ad ognuna della anime diverse del film lo giusto spazio.