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Roberto Giacomelli
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Un misterioso virus ha trasformato chiunque ne è stato infettato in uno zombie affamato di carne umana e in particolare di cervello. I pochi sopravvissuti vivono segregati in città-bunker e di tanto in tanto sono costretti a fare delle pericolose incursioni fuori porta per procurarsi viveri e beni di prima necessità, razziando abitazioni e negozi abbandonati. Durante una di queste missioni di ricognizione, Julie e la sua squadra vengono attaccati da un gruppetto di zombie affamati: il ragazzo di Julie viene ucciso e lei viene rapita da R, un giovane zombie che se ne è innamorato a prima vista. R – che è proprio l’artefice della morte del ragazzo di Julie – porta la ragazza all’aeroporto e la nasconde in un aereo, procurandole cibo e prendendosi cura di lei. L’iniziale paura e ostilità della ragazza a poco a poco si trasforma in complicità e quando Julie decide di farsi accompagnare da R nel suo tentativo di ritorno verso casa, i due devono fare i conti con il pregiudizio del padre della ragazza e con i pericolosissimi “ossuti”, degli zombie all’ultimo stadio che infestano alcune zone della città.
Con “Warm Bodies” siamo in territorio fenomeno popolare di matrice letteraria. Come recentemente è successo con “Harry Potter”, “Twilight” e “Hunger Games”, anche il film “Warm Bodies” nasce dal grande successo di un romanzo che punta soprattutto a un target adolescenziale, quella letteratura che internazionalmente è etichettata come “young adult”.
Il romanzo “Warm Bodies” è stato scritto dall’esordiente Isaac Marion che tanto successo ottenne con il racconto di appena sette pagine
pubblicato on line “I Am a Zombie Filled With Love”, da essere spinto ad ampliarlo in un romanzo. La casa editrice Adria Books nel 2010 ci ha creduto e ha fatto bene perché le vendite sono state importanti (in Italia è arrivato nel 2011 con Fazi Editore), tanto che a gennaio 2013 è uscito un prequel in e-book (“The New Hunger”), un sequel cartaceo è in cantiere e la Summit ha immediatamente acquistato i diritti cinematografici, arrivando puntualmente in sala a Febbraio 2013 con un alone di cult pregresso che sicuramente continuerà a far lievitare le tasche della casa di produzione che ha già dato i natali cinematografici a “Twilight”.
Ma cos’è “Warm Bodies”? Il Seattle Post lo ha definito uno “zombie romance” nel senso di storia d’amore con zombie, termine che riassume in pieno le tematiche del film. Di storie d’amore putrescenti il cinema non è stato del tutto privo, soprattutto negli ultimi dieci anni in cui il morto vivente è tornato prepotentemente di moda. Da “Zombie Honeymoon” di David Gebroe a “Zombie Lover” dei fratelli Deagol, passando per il francese “Mutants” di David Morlet,
strambe storie d’amore tra umani e zombie ce ne sono state e curiosamente hanno vagato soprattutto per i lidi del cinema indipendente. “Warm Bodies” è dunque il primo film che cerca di affrontare questa tematica dal punto di vista del cinema mainstream e lo fa utilizzando l’ironia che tanto successo ha portato al morto vivente cinematografico post “Shaun of the Dead”.
Dunque un film di zombie indirizzato a un pubblico adolescente e pregno di romanticismo e ironia. Questo è l’identikit perfetto per “Warm Bodies”.
Al timone di regia non c’è di certo uno sprovveduto, ma Jonathan Levine, un regista piuttosto capace che per ora ci ha deliziati con il riuscito slasher “All the Boys Love Mandy Lane” e con il bel drama con Joseph Gordon-Levitt “50/50”. E anche “Warm Bodies” parte piuttosto bene, in barba a chi per ora l’ha lanciato come erede della conclusa saga di “Twilight”. Il film di Levine ci porta immediatamente a immedesimarci con R, un giovane zombie che abita un aeroporto insieme ad alcuni suoi simili. Il pensiero narrante di R ci informa di come il mondo sia andato allo sfascio non si sa neanche per quale motivo, forse un virus ma non è ben chiaro o semplicemente R non ricorda. Entriamo subito nella testa di uno zombie e capiamo come la loro memoria sia logora (R è l’iniziale del suo nome, che però non ricorda per intero!), le loro giornate siano tutte dannatamente uguali e monotone e la loro fame sia acuta, in particolare quella di cervelli umani, dai quali riescono a trarre il vissuto delle vittime saziando anche le loro lacune memoniche. Un inizio brillante e spiritoso che se da un punto di vista ci ricorda un film ultra-indie come “I, Zombie” di Andrew Parkinson, dall’altro ci suggerisce che c’è aria di
novità e di divertimento. La promessa è mantenuta fino a una buona metà del film, la sospensione dell’incredulità regge l’assurda vicenda di questo zombie che riesce a vincere i propri istinti grazie a una cottarella adolescenziale e qualche gag rimane allo spettatore, come il paragone di R con lo zombie putrefatto del fulciano “Zombi 2” e la lezione di camminata da morto vivente che R impartisce a Julie per non farsi scoprire, anche se ripresa proprio dal cult “Shaun of the Dead – L’alba dei morti dementi”. Anche gli “ossuti” funzionano, pericolosi scheletri viventi, evoluzione in negativo dello zombie, che infestano alcune zone della città e dai quali è difficile salvarsi. Qua è là c’è qualche timido sprazzo di gore e splatter, ma tutto sufficientemente mascherato per non finire mai nel vietato ai minori.
Il tracollo avviene nella seconda metà del film, quando quest’aria ironica e quasi surreale diventa a tutti gli effetti una storia d’amore impossibile. L’ironia scade spesso in ridicolo involontario con i tentativi di comunicazione “seria” degli zombie tra di loro che li fa sembrare la parodia di persone con handicap. Si punta a scene romantiche stucchevoli come quella in cui R(omeo) chiama la sua amata Julie(t) da sotto il balcone e poi l’incredibile svolta finale che va contro ogni logica e ogni predisposizione mentale. Va bene l’happy end, così e così l’idea stra-abusata dell’amore che vince su ogni cosa, però “Warm Bodies” utilizza questo espediente in maniera estrema, tenta in pratica di concretizzare
alla lettera un concetto astratto fondando su questo l’intero senso del film: il risultato, oltre che incredibilmente melenso, fa a botte con la logica. Forse così facendo i più romantici saranno soddisfatti, ma la credibilità di tutta l’opera ne è compromessa.
Su tutto il cast si distingue Nicholas Hoult, già ragazzino impacciato in “About a Boy” e giovane Bestia in “X-Men: L’inizio”, che qui da pallore e sguardo perso nel vuoto allo zombie protagonista R, capace di reggere sulle proprie spalle l’intera baracca. A far da spalla c’è la non troppo espressiva Teresa Palmer (“Sono il numero 4”) nel ruolo di Julie, funziona pochissimo l’attore comico Rob Corrdry (“Lo spaccacuori”) nel ruolo di M, lo zombie amico di R, tipico esempio di miscasting. Nel piccolo ruolo del padre/padrone c’è John Malkovich, ormai intrappolato in ruoli secondari in cui gli si chiede solo di gigioneggiare.
“Warm Bodies” è dunque un filmetto di poche pretese che aspira però a un grande successo, che sicuramente avrà. L’inizio è promettente e per una metà si regge il gioco con piacere, poi tutto crolla sotto il peso della targetizzazione, accentuando l’aspetto romantico fino ad esiti che difficilmente si riescono a tollerare e prendere sul serio. Peccato.