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Gacy, el payaso asesino poster

GACY, EL PAYASO ASESINO

Gacy

2003 US
mayo 13, 2003

John Wayne Gacy es un ciudadano modelo. Padre de familia y empresario, incluso se disfrazaba de payaso para divertir a los niños del hospital local. Pero había algo terrible que su vecindario desconocía. Las pistas sobre varios chicos desaparecidos condujo a la policía hasta la vivienda de Gacy en Chicago y todo el país asistió horrorizado a un impresionante descubrimiento. Todos los detalles de los más de 30 asesinatos se iban exponiendo a la luz pública a la vez que las víctimas iban siendo descubiertas enterradas bajo su propia casa.

Directores

Clive Saunders

Reparto

Mark Holton, Adam Baldwin, Charlie Weber, Allison Lange, Edith Jefferson, Joleen Lutz, Scott Allen Henry, Kenneth Swartz, Matt Farnsworth, Rick Dean
Drama Terror Crimen
HMDB

RESEÑAS (1)

LP

Luca Pivetti

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John Wayne Gacy sembra un innocuo uomo di mezza età un pò grassottello e con una buona famiglia alle spalle. Nonostante in giro per il quartiere circoli la voce della sua omosessualità l’uomo non si preoccupa troppo e sembrerebbe condurre una vita normale, con un’attività ben avviata ed un lavoro di volontario all’ospedale nel quale si traveste da clown per allietare i bambini. Ma dietro l’apparente facciata di normalità Gacy nasconde un terribile segreto: è infatti un terribile serial killer che ha ucciso più di 30 persone fra uomini e giovani ragazzi e che nasconde i loro corpi sotto casa. Ma possibile che sia così difficile fare un film decente su un serial killer realmente esistito? Possibile che prodotti come “Dahmer”, “Ed Gein” e ”Ted Bundy” siano filmetti di stampo televisivo del tutto incapaci di catturare l’essenza di quelle terribili persone e dotati di una piattezza disarmante? A quanto pare è proprio così e le cose non migliorano con “Gacy”, pellicola diretta da Clive Saunders nel 2003 ma giunta da noi nel 2008 solo per il mercato home-video. “Gacy” risulta infatti un prodotto scadente sotto molti (quasi tutti) i punti di vista, a partire da una sceneggiatura pasticciata e superficiale troppo incentrata sull’omosessualità latente del serial killer (per carità, estremamente importante per la sua “formazione” di assassino) senza però essere capace di andare alla radice di questo fenomeno. L’eziopatogenesi dei suoi disturbi mentali, a parte uno squallidissimo pugno infertogli dal padre in tenera età, viene totalmente tralasciata e ci si ritrova subito al cospetto di un Gacy di mezza età appena uscito dal carcere, causa sodomia nei confronti di un ragazzino. Pessima scelta di sceneggiatura, che in tal modo ha banalizzato la figura di uno dei serial killer più controversi della storia moderna senza riuscire a catturarne l’essenza. Della sua situazione familiare da bambino sappiamo solo che probabilmente il padre lo picchiava (ma sicuramente le cose non si fermavano a questo), mentre della sua evoluzione non è dato sapere nulla e risulta piuttosto fastidioso ritrovarlo direttamente uscito dalla prigione: la scelta di non mostrare il cammino che lo ha portato dalla normalità alla psicosi è stata del tutto infelice e rende “Gacy” un film che punta in alto ma risulta semplicemente superficiale. In casi come questi o ci si addentra a fondo nella testa e nella storia del personaggio principale, cercando di dare al pubblico un spaccato veritiero ed interessante della sua vita, o ci si ispira semplicemente al suo operato cercando però di imbastire un thriller che possa per lo meno intrattenere lo spettatore. “Gacy” non entra a far parte di nessuno dei due gruppi. Vorrebbe sondare le profondità psicologiche del serial-killer senza possederne i mezzi, vorrebbe giocare con la morbosità di fondo ma senza avere la minima idea di come fare. I difetti però non si fermano qui: vista la realizzazione di stampo televisivo la pellicola di Clive Saunders si rivela un lavoretto innocuo e tutt’altro che disturbante, un lavoro per famiglie quasi. Gli omicidi non vengono mai mostrati e non si vede una goccia di sangue tant’è che non si riesce neanche a comprendere quale fosse il modus operandi del serial killer (ne aveva uno? Come sceglieva le vittime? Come le uccideva?). Lo script non riesce, e cosa ancora più grave non ci prova neanche, ad entrare nella testa del serial killer, non trova la molla che lo fa scattare e trascura totalmente i suoi pensieri e la sua psicologia. Come se non bastasse non si prova nemmeno a giocare sulla vita paradossale di Gacy, terribile assassino ed allo stesso tempo clown che portava il sorriso ai bambini nella vita reale. Anche in questo caso il suo lavoro di volontariato viene appena accennato a metà film, quasi come se fosse un particolare di poca importanza. Cosa resta dunque di una biografia di un assassino seriale se si toglie la sua evoluzione e il suo modus operandi? Poco o niente, se non un uomo di mezza età dalle tendenze omosessuali sempre meno velate e arrabbiato con il mondo. Banale, terribilmente banale e del tutto sbagliato. A livello ritmico la pellicola si presenta piuttosto piatta ed incapace di attirare l’attenzione dello spettatore: non c’è la morbosità necessaria in casi come questi e della violenza fisico-piscologica non se ne vede neanche l’ombra. La realizzazione, come detto sopra, è di stampo televisivo, con tanto di regia piatta e fotografia da sceneggiato tedesco del sabato sera di Rai Due. Le efferatezze sono del tutto inesistenti e regista e sceneggiatori fanno sempre di tutto per rendere la pellicola il più corretta e leggera possibile, con conseguenze purtroppo disastrose. Unica nota positiva di “Gacy” è il protagonista maschile Mark Holton (“Madhouse”), che veste i panni del serial killer in maniera credibile ed ispirata: peccato che, nonostante tutta la sua buona volontà e la sua performance di buon livello da solo non possa sopperire a tutte le mancanze in fase di sceneggiatura e all’incapacità di Sanunders nel rendere il racconto interessante e degno di essere visto. Non rimane molto altro da dire su questo film, se non ribadire semplicemente che si tratta di una pellicola trascurabilissima caratterizzata da una piattezza sia formale che contenutistica ed una lentezza incredibile e che ottiene, come unico risultato, quello di banalizzare una figura controversa ed enigmatica come John Wayne Gacy. Se proprio volete scoprire qualcosa su di lui lasciate perdere il film e gettatevi su uno dei tanti libri dedicati ai serial killer.