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Andrea Costantini
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Mentre sta arando un campo, l’agricoltore Ralph Gower rinviene sotto terra uno strano cranio, con chiazze di pelliccia ed uno sguardo spaventoso. Dopo aver avvertito il giudice del paese, i due ritornano sul posto, ma stranamente la testa è sparita. Da quel momento nel paese iniziano a succedere cose strane e gli abitanti che più subiscono cambiamenti sono gli adolescenti. Una su tutte Angela Blake, che si trasforma da ragazza modello a sensuale tentatrice, anche a causa di strane chiazze di pelo che si formano sulla sua pelle.
Uscito con il titolo di “Blood of Satan’s Claw” e ribattezzato negli USA come “Satan’s Skin”, “La pelle di Satana” è B-movie di stampo demoniaco del 1971 diretto dal regista televisivo Piers Haggard, che si colloca cronologicamente tra “Rosemary’s Baby” e “L’esorcista”. In realtà non ha nulla a che vedere con i due capolavori dell’orrore, trattandosi di un film in costume ambientato nell’Inghilterra del XVII secolo, in cui il demonio era venerato con i rituali orgiastici.
Il film parte discretamente con il ritrovamento di
una testa dall'aspetto demoniaco da parte di un contadino. Inizialmente non viene creduto dagli abitanti del villaggio, uno su tutti il giudice, integerrima e bigotta figura che governa il paese. Da lì in poi iniziano a verificarsi strani fatti, a partire dall’inspiegabile comportamento di una giovane ragazza, che apparentemente impazzita, viene rinchiusa in un manicomio. La trama fino a qui è chiara e sebbene non ci siano momenti di vero terrore (si parla comunque di un film di serie B degli anni settanta), si ha la curiosità di vedere lo sviluppo degli eventi. Poi alcune cose iniziano a non tornare, come la totale scomparsa della ragazza di cui si parlava sopra, inizialmente personaggio di apparente rilievo e poi messa nel dimenticatoio.
In seguito avviene l'inspiegabile contagio dei giovani del villaggio, i quali iniziano a comportarsi come dei veri e propri adoratori del male con orge, sacrifici e via discorrendo, ma dei quali però non se ne comprende a pieno la motivazione. Si capisce che sono stati toccati dal male e che l'iniziale ritrovamento della testa ha scatenato qualcosa, ma non vengono fornite spiegazioni più dettagliate. Il che è un male sotto alcuni punti di vista, dato che alla fine del film
ci sono molti dubbi riguardo quello che si è appena visto e ci si congeda dal film con un senso di incompiutezza che purtroppo fa male. E’ un peccato perchè il potenziale c'era e molte sequenze sono davvero ben realizzate (e a dire il vero anche un po' forti per il periodo) come il sogno del giovane che, credendosi posseduto, si amputa una mano, oppure la scena dello stupro nel bosco ai danni di una povera adolescente, satanico e pregno di perversione, dato che ad assistere alla violenza sono vecchi e ragazzi. Ma la scena che rimane impressa è sicuramente l'immancabile nudo femminile, elemento onnipresente negli horror di questo periodo. Questa volta tocca ad Angela (di nome ma non di fatto), interpretata dalla brava Linda Hayden che si sfila i vestiti rimanendo come mamma l'ha fatta di fronte al prete, tra i quali avviene uno scambio di battute degno di essere ricordato. "Sei bella come un angelo" dice il reverendo "Ma posso amare come un demonio" risponde Angela.
Altra nota positiva del film è sicuramente la messa
in scena gotico rurale. Un film in costume credibile, nonostante il budget non altissimo. Al contrario, non si può dire che il comparto del trucco e degli effetti speciali sia degno di nota. Il make-up della creatura si limita all'apparizione di qualche artiglio e la maledizione che colpisce i ragazzi è rappresentata da ridicole chiazze di pelo sulla pelle dei posseduti. Le folte sopracciglia di Angela sono più ridicole che spaventose.
Riassumendo dunque il film non è da buttare. Si tratta di un collage di scene belle, a volte fini a se stesse, inserite in una trama sviluppata male ma che comunque permette allo spettatore appassionato di lasciarsi vedere fino alla fine, senza avere il rimpianto di aver gettato nella spazzatura un'ora e mezza della propria vita.