Carrie backdrop
Carrie poster

CARRIE

2013 US
octubre 16, 2013

Carrie White, una adolescente a la que sus compañeros humillan constantemente, posee poderes psíquicos que se manifiestan cuando se siente dominada por la ira. El día del baile de graduación la situación llega a hacérsele insoportable.

Directores

Kimberly Peirce

Reparto

Chloë Grace Moretz, Julianne Moore, Gabriella Wilde, Ansel Elgort, Alex Russell, Judy Greer, Portia Doubleday, Zoë Belkin, Samantha Weinstein, Karissa Strain
Drama Terror
HMDB

RESEÑAS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Carrie White sta diventando donna. Le sue prime mestruazioni la gettano nel terrore e la sua fama di “strana” contribuisce a farla diventare lo zimbello della scuola. Gran parte della colpa dell’emarginazione della ragazza va a sua madre, una fervente fondamentalista cristiana che la tiene lontana dalla realtà e l’ha cresciuta nella paura di commettere peccato. Ma insieme alla maturazione sessuale, Carrie sviluppa anche dei poteri psichici che le consentono di spostare gli oggetti con la forza del pensiero. Prima spaventata, Carrie imparerà a controllare i suoi poteri e farne un’efficace arma di vendetta contro chi l’ha maltrattata. E pensare che “Carrie” fu raccolto dalla spazzatura da Tabitha Spruce, la moglie di Stephen King, dove l’autore l’aveva gettato perché insoddisfatto del lavoro… almeno così narra la leggenda. Perché tutti noi sappiamo come poi sono andate le cose e come, con il tempo, l’intuito dello scrittore si sia acuito trasformandosi in sindrome da Re Mida, ovvero tutto quello che da quel momento in poi King ha toccato si è trasformato in oro. Ma crediamo alla leggenda. Era il 1973 e all’epoca Stephen King scriveva racconti che venivano pubblicati a puntate sulla rivista Cavalier. “Carrie” avrebbe dovuto avere la stessa sorte, solo che il materiale di partenza dava troppi spunti per limitarsi a poche pagine e così l’autore decise di ampliarlo trasformandolo in un romanzo. L’iniziale insoddisfazione si trasformò in successo, perché “Carrie” fu acquistato da un grossa casa editrice e pubblicato nel 1974 riscuotendo apprezzamenti e ottime vendite. Questa è la genesi di “Carrie”, romanzo destinato ad avere una seconda vita grazie al magnifico film che nel 1976 diresse Brian De Palma. Ad oggi “Carrie – Lo sguardo di Satana” è tra i film preferiti di King tratti dalle sue opere e di certo non gli si può dar torto, vista la perfezione stilistica e narrativa dell’opera di De Palma, che non solo lo ha lanciato nell’olimpo dei registi che contano, ma ha creato imitazioni di ogni sorta. Ma “The Spell”, “Jennifer”, “Patrick”, “The Initiation of Sarah” e “Aenigma” sono solo la progenie spuria, perchè nel 1999 è arrivato il tardivo sequel ufficiale “Carrie 2: La furia” e nel 2002 il primo remake, per la tv. Ora, però, anche “Carrie – Lo sguardo di Satana” ha il suo bel remake per il grande schermo, a uso e consumo delle nuove generazioni che, con ogni probabilità, il film di De Palma non l’hanno mai visto. E che bel remake, visto che l’opera firmata da Kimberly Peirce è uno di quei film che lasciano pienamente soddisfatti non tanto se paragonato all’opera d’origine – confronto che, come spesso accade, lascia da perdente il nuovo arrivato – ma se inquadrato in un ben preciso processo di revisionismo. Innanzitutto c’è da dire che Kimberly Peirce, regista nota al pubblico per il film premio Oscar “Boys don’t cry”, realizza un vero e proprio remake del classico di De Palma e non una semplice nuova versione filmata del romanzo, come era accaduto con il film tv del 2002, adottando, dunque, gran parte delle variazioni che erano state già apportate alla storia da De Palma. Le licenze più clamorose prese da questo nuovo film nei confronti dell’originale, che vanno ad ancorarlo maggiormente al romanzo, sono: l’inserimento dello spocchioso padre di Chris; la presa di coscienza di Carrie dei suoi poteri, che la porta ad esercitarsi nella sua stanza al sollevamento degli oggetti; il ripristino del nome originale dell’insegnate di ginnastica che è Miss Desjardin come nel romanzo e non Miss Collins come nel film del ’76; una maggiore spettacolarità nel finale. Presa coscienza della natura dell’operazione, vengono applicati gli elementi di personalizzazione che vanno da un necessario aggiornamento tecnologico a un interessantissimo e singolare punto di vista sulla vicenda. L’aggiornamento si concretizza nell’utilizzo di smartphone da parte delle perfide compagne di scuola di Carrie nel momento topico della doccia, con i quali registrano il crudele atto di bullismo e poi caricano il video su You Tube, amplificando la portata della vergogna della povera vittima… filmino che avrà un ruolo centrale anche nel momento che precede la vendetta. Insomma, uno di quegli orpelli che non cambiano di una virgola l’impianto narrativo ma convivono con naturalezza e coerenza con l’opera. L’inedito punto di vista risiede invece nello sguardo totalmente femminile sulla vicenda. Il romanzo è stato scritto da un uomo, il primo film diretto da un uomo e malgrado la protagonista e buona parte delle comprimarie fossero donne, quello che prevale è un evidente sguardo maschile sull’universo femminile, dove il potere di Carrie è vissuto quasi come un anatema che conduce a una liberazione fisica e spirituale. Nella versione di Kimberly Peirce, che è donna a partire da chi siede dietro la macchina da presa, la scoperta dei poteri ESP non equivalgono ad “esser strega” ma ad avere finalmente il “potere”, la situazione sotto controllo, una possibilità per Carrie per farsi rispettare e di rivalsa verso una vita che le ha sempre chiesto di essere una vittima. In “Carrie” remake tutte le decisioni vengono prese dai personaggi femminili, che siano essi la stessa Carrie White, Sue Snell, Chris o la professoressa Desjardin. Il film inizia con una nascita, atto prettamente femmineo, di cui vengono accentuati i tratti dolorosi e sofferti che inquadrano la condizione della donna predisposta si a soffrire ma anche ad avere il potere di dare così come di togliere la vita. E il film si conclude con l’annuncio di una gravidanza, che guarda caso prospetta la nascita di una bambina. “Carrie” versione 2013 è totalmente ginocentrico: tutto ruota realmente attorno all’universo femminile. Davvero lodevole il lavoro sul casting che ha due scelte azzeccatissime in Julianne Moore, nel ruolo dell’esaltata e crudele madre di Carrie, e Judy Greer in quello dell’insegnante di ginnastica. Poi c’è Chloe Grace Moretz, attrice di grande talento e francamente molto brava anche in questo film, che convince fino a un certo punto perché troppo carina per essere una credibile Carrie White… ma se pensiamo che Stephen King aveva suggerito Lindsay Lohan per il ruolo, possiamo considerarci altamente soddisfatti della scelta della produzione. “Lo sguardo di Satana – Carrie” è uno di quei remake che funzionano a meraviglia, fedele all’originale ma con cambiamenti tali da renderlo realmente appetibile sia a un pubblico giovane che a chi ha amato il capolavoro di De Palma. Film di classe che allo stesso tempo sa essere sufficientemente sadico da catturare l’attenzione dei fan dell’horror.

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