森冤 backdrop
森冤 poster

森冤

2007 HK
mars 22, 2007

Réalisateurs

Danny Pang Phat

Distribution

Shu Qi, Ekin Cheng Yee-Kin, Rain Li, Lau Siu-Ming, Lam Suet, Lawrence Chou Chun-Wai, Tommy Yuen Man-On, Cub Chin Kong-Hon, Ann Sarindawan Pangsiri
Horreur
HMDB

CRITIQUES (1)

PF

Pietro Ferraro

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Una poliziotta in cerca di prove, un botanico ed una reporter incrociano il loro destino nella foresta della morte, famosa come luogo prescelto per l’estremo atto finale da aspiranti suicidi, ma anche luogo di strane apparizioni e inquietanti presenze. Questa pellicola, insieme al terzo capitolo di “The eye”, rappresenta il punto più basso toccato dalla produzione della Pang factory. Se “The eye 3 - Infinity” partiva con un idea intrigante come quella del “libro sugli spiriti” e si perdeva in una demenziale comicità sopra le righe e fuori luogo, questo “Forest of Death” ci presenta una messinscena confusionaria nonostante uno sforzo produttivo notevole e un’idea di base, quella della foresta viva, che poteva risultare se non originalissima quantomeno interessante. Questa volta ci sono troppe idee nella sceneggiatura che aprono la strada a diverse ramificazioni narrative che finiscono tutte in un nulla di fatto, tante idee accennate e non realizzate; questi cambi di fronte generano confusione e irritazione in chi assiste al continuo arrancare degli attori che non riescono a sfaccettare i loro personaggi dotati di una bidimensionalità imbarazzante. Il botanico che scopre come comunicare con la foresta, quest’ultima “testimone” di un crimine riesce a far confessare uno stupratore, lo strano custode che ha perso la figlia, la reporter d’assalto, la poliziotta tutta d’un pezzo… tutto già’ visto, tutto raccontato senza verve ne guizzi registici. L’occidentalizzazione del cinema dei fratelli Pang qui mostra la corda, non basta la suggestiva location (la foresta dei suicidi esiste e si trova in Giappone, ai piedi del monte Fuji), un cast di tutto rispetto ed un budget che unisce gli sforzi economici di Thailandia e Giappone a risollevare le sorti del film, e a peggiorare il tutto ci pensa l’impossibile collocazione per generi che costringe la distribuzione ad etichettare il film come horror/thriller/poliziesco così da palesare la confusione dello script dei fratelli Pang: troppa carne al fuoco che finisce col trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Con il finale che non fa altro che sparigliare nuovamente le carte e disorientare il povero spettatore ormai stremato dai dialoghi soporiferi i Pang si danno la zappa sui piedi, e perdono l’ultimo barlume di coerenza rimasta. Un film da evitare, nonostante l’ottima confezione. Sorvoliamo su questo incidente di percorso e confidiamo in un nuovo progetto per il talentuoso duo thailandese.