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LES ÂMES VAGABONDES

The Host

2013 CH
mars 22, 2013

La Terre est envahie. L’humanité est en danger. Nos corps restent les mêmes, mais nos esprits sont contrôlés. Melanie Stryder vient d’être capturée. Elle refuse cependant de laisser place à l’être qui tente de la posséder. Quelque part, caché dans le désert, se trouve un homme qu’elle ne peut pas oublier. L’amour pourra-t-il la sauver ?

Réalisateurs

Andrew Niccol

Distribution

Saoirse Ronan, Diane Kruger, Max Irons, Jake Abel, William Hurt, Frances Fisher, Chandler Canterbury, Boyd Holbrook, Stephen Rider, Alex Russell
Avventura Azione Fantascienza
HMDB

CRITIQUES (1)

RG

Roberto Giacomelli

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La Terra è stata invasa da una razza aliena che utilizza i corpi degli esseri umani come involucri e ne controlla la volontà. La gran parte degli umani è stata ormai “posseduta” dagli “ospiti”, ma ci sono piccole comunità di resistenti sparse in giro per il mondo, tra questi c’è anche Melanie che però viene catturata dagli alieni e posseduta da un ospite. Però succede una cosa strana: la volontà di Melanie rimane forte e intatta e riesce a comunicare con il suo ospite, trasmettendogli le sue sensazioni e i suoi sentimenti. La maggiore preoccupazione di Melanie è sapere se suo fratello Jamie e il suo ragazzo Jarod stanno bene e così si mette in viaggio verso il loro nascondiglio supportata dall’ospite che ha in corpo. Ovviamente i Cercatori alieni si mettono sulle sue tracce, intenzionati ad usare Melanie come esca per stanare un nuovo gruppo di dissidenti. L’influenza che “Twilight” ha avuto sulla letteratura per ragazzi e sul cinema è stata talmente forte da riuscire a creare un vero e proprio filone, quel fanta-romance che negli ultimi anni ha letteralmente invaso gli scaffali delle librerie, i palinsesti televisivi e le sale cinematografiche. Se per lo più al cinema questo filone non ha attecchito al di fuori della stretta cerchia twilightiana pura, con sonori flop (“Beautiful Creatures”) e relativi quanto modesti successi (“Warm Bodies”), ora Stephenie Meyer torna all’attacco con la speranza di un nuovo successo commerciale che possa bissare quello della saga con Edward e Bella. “The Host”, infatti, è l’adattamento di un altro romanzo della Meyer (“L’Ospite), che ci mette i soldi in prima persona producendolo. Stavolta niente vampiri e licantropo ma alieni, virando dall’horror alla fantascienza, ma tenendo immutato il sapore romantico di una storia d’amore vista dal punto di vista femminile. “The Host” però è ancora meno riuscito di “Twilight” e per quanto lo si voglia distinguere dal suo predecessore, si nota indelebile la firma dell’autrice che – con buona pace per i numerosi fans – ha uno sguardo incredibilmente banale e pericolosamente bigotto sul sentimento che muove il mondo. Tutto è bello e tutto è dipinto di rosa quando si è innamorati, i buoni sono buoni e i cattivi sono buoni lo stesso, i cattivissimi, poi, hanno un momento di redenzione assicurata. E poi via con pistolotti morali che viaggiano sul doppio binario del vorrei (far sesso) ma non è giusto, con sospiri, sguardi languidi e continui momenti in cui – per citare Freddy Krueger – la bocca della protagonista dice no, ma il suo corpo dice (anzi urla) si. Ovviamente, contestualizzando il tutto e sapendo che la Meyer ha avuto una ferrea educazione religiosa di stampo mormonico, tutto è spiegato e risulta quasi affascinante all’occhio esterno notare come le credenze religiose di questa autrice si ripercuotano sui suoi personaggi con esiti che tendono alla continua repressione dell’istinto e della passione fino all’esplosione, con tanto di fantasie erotiche in insistito sospetto di “threesome”. Sorvolando sul contenuto morale delle opere cinematografiche tratte dalla Meyer, che in fin dei conti riguarda la sfera soggettiva dello spettatore, “The Host” si presenta come un film dagli spunti interessanti malamente sfruttati. La storia non è assolutamente nulla di nuovo, roba da fantascienza vecchia scuola che urla “L’invasione degli ultracorpi” a miglia di distanza, trovando nello scenario dell’entità aliena che possiede e controlla i corpi umani un fertilissimo numero di film che vanno da “Gli invasori spaziali” a “Ho sposato un mostro venuto dallo spazio” ai remake/sequel proprio de “L’Invasione degli ultracorpi” (“Terrore dallo spazio profondo”, “Ultracorpi – L’invasione continua”, “Invasion”), fino a esempi relativamente più recenti come “The Faculty” e “The Astronaut’s Wife”. Il terreno è dunque ampiamente rodato, ma “The Host” ha il merito di trovare un punto di vista inedito che è quello dell’alieno, anzi dell’umano posseduto che entra in combutta con il parassita che lo possiede. L’espediente in “The Host” è immediatamente chiaro e questo “duetto di anime” che abitano lo stesso corpo è un modo originale per mostrare il dissidio interiore della protagonista, combattuta sull’attrazione tra due uomini e soprattutto incentrato sul conflitto tra desiderio sessuale e repressione dello stesso. Wanda (come gli umani chiamano il parassita alieno) è la metà libertina, Melanie quella più timida e morigerata, il classico dissidio tra Es e Super Io di stampo freudiano. Il problema è che, se su carta questo dissidio interno può funzionare, per immagini è difficilissimo renderlo in modo credibile e il di solito bravo Andrew Niccol – che scrive e dirige – non ci è riuscito, mostrandoci la protagonista quasi schizofrenica che parla incessantemente con se stessa per due ore. La voce interna di Melanie è onnipresente e invasiva, utilizzata come un ibrido tra una voce narrante e un flusso di coscienza partecipativo, con un risultato fastidioso a cui difficilmente ci si riesce ad abituare. Inoltre il film è terribilmente statico, sia a livello narrativo che riguardo l’azione. Gran parte delle cose interessanti della vicenda sono nel prologo, poi – una volta che Melanie/Wanda è fuggita – tutto si riduce al suo partecipare alla vita sociale del gruppo di umani e alla sua vicenda amorosa a quattro. La ricerca di una soluzione, il dramma, la caccia dei Cercatori… è tutto tralasciato e minimizzato in rarissimi e poco efficaci momenti di azione e tensione. Manca completamente il ritmo e, incredibilmente, viene a mancare anche un climax finale, tanto che arriviamo alla resa dei conti senza neanche accorgerci. Non vi è un vero momento di scontro/redenzione e il finale aperto arriva con una brutta e squallida scena che ci lascia con un immenso “mah!”. Dispiace per Andrew Niccol che è un autore attento e molto personale, regista di film come “Gattaca – La porta dell’universo”, “S1mOne”, “Lord of War” e “In Time”, nonché sceneggiatore di “The Truman Show”, qui in veste anche di sceneggiatore ma evidentemente stretto in una morsa che gli ha limitato la libertà di adattamento, visto che “The Host” con la sua poetica di società distopica c’entra poco o niente. Gran spreco anche di attori, visto che la bravissima Saoirse Ronan (“Amabili resti”, “Hannah”) potrebbe decisamente aspirare a meglio e la cattiva Diane Kruger (“Troy”, “Unknow”) è adatta al ruolo ma ha troppo poco spazio. Meglio tacere su Max Irons, figlio del celebre Jeremy, inespressivo fino al midollo e qui impegnato nel ruolo del bello amato dalla protagonista, insomma per la serie “nuovo Pattinson cercasi”. Meglio stare alla larga da “The Host”, dunque, un film di fantascienza che non va oltre uno spunto di partenza accattivante, per il resto è un noiosissimo flusso di parole senza ritmo e senza reale mordente che ci dice ancora una volta quanto “Twilight” abbia fatto male al panorama del cinema fantastico.

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