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CARD PLAYER

Il cartaio

2004 IT
janvier 2, 2004

Un tueur en série pousse la police à jouer à un jeu dangereux : si elle perd la partie de poker engagée avec lui, une nouvelle victime sera assassinée en direct sur le net. Anna, une jeune policière, va pénétrer dans le monde terrifiant du Card Player.

Réalisateurs

Dario Argento

Distribution

Stefania Rocca, Liam Cunningham, Silvio Muccino, Cosimo Fusco, Fiore Argento, Adalberto Maria Merli, Claudio Santamaria, Mia Benedetta, Giovanni Visentin, Claudio Mazzenga
Horreur Thriller Crime Mystère
HMDB

CRITIQUES (1)

FM

Francesco Mirabelli

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Il commissario Anna Mari viene coinvolta da un misterioso serial killer in un perverso gioco mortale lanciato attraverso internet direttamente sui computer della Polizia. Soltanto riuscendo a vincere le partite di video-poker che l’assassino la costringe a giocare, Anna sarà in grado di salvare la vita alle donne sequestrate e con l’aiuto del poliziotto inglese John Brennan e di un giovane hacker di nome Remo cercherà di mettere sotto scacco il feroce e imprendibile criminale intenzionato a lasciare dietro di sé una lunga scia di violenti omicidi… Alla fine della proiezione, non appena le luci in sala si riaccendono, lo sguardo dello spettatore è smarrito, quasi perso nel vuoto. La spiacevole sensazione che lo accompagna è quella di essersi fatto sfuggire qualcosa, di essersi addormentato e di aver perso anche soltanto un minuto del film, magari proprio quel minuto che poteva dare un senso all’intera pellicola. E mentre si dirige silenzioso verso l’uscita, realizza di non aver staccato neanche per un secondo gli occhi dallo schermo, di non aver tralasciato niente. Soltanto che la sensazione di vuoto rimane. E la spiegazione non può essere che una. “Il Cartaio” è un film brutto. Senza mezzi termini. Se con “Il Fantasma dell’Opera”, secondo il parere unanime del suo fedelissimo pubblico, Dario Argento aveva toccato il fondo, con questa nuova pellicola è riuscito a combinarla ancora più grossa, tanto grossa da far sembrare il discreto “Non ho sonno” un vero e proprio capolavoro dell’horror moderno. La pellicola del 2001 infatti, nonostante i suoi difetti, si era fatta apprezzare (pur senza far gridare al miracolo) per il suo rendere omaggio ai capolavori argentiani del passato, in particolare “Profondo Rosso” di cui ripercorreva fedelmente quasi ogni passaggio. La sceneggiatura era interessante, gli effetti splatter decisamente sopra la norma e le invenzioni dietro la cinepresa lasciavano sperare in una nuova giovinezza per il Maestro dell’horror italiano. Ma le aspettative sono state completamente disattese. La trama de “Il Cartaio” è sorprendentemente debole, scollegata e priva di qualsiasi elemento di tensione, suspance o disagio al quale il regista romano ci ha bene o male da tempo abituati. I personaggi del film sembrano incollati sullo schermo per puro caso, privi di un passato e di un presente, fuori luogo e irritanti in più di una occasione (basti pensare all’insulsa macchietta del medico legale canterino-ballerino o all’incompetente gruppo di esperti anti-hacker della Polizia che cercano disperatamente di rintracciare la zona di trasmissione del serial killer senza guadagnarsi ai nostri occhi un minimo di credibilità). E quando la sceneggiatura cerca di aprire un varco nel passato della protagonista Anna Mari (rivelandoci un padre appassionato di poker suicida sulle rotaie di un binario) lo fa in maniera così forzata e sgraziata da rivelarsi soltanto un collegamento obbligatoriamente necessario per riunire i pezzi di un thriller che comincia a fare acqua da tutte le parti. Ancora più deludente l’ormai vano tentativo di depistare i sospetti dello spettatore su molteplici, ipotetici colpevoli: alcune inquadrature fisse su determinati personaggi, il loro comparire in momenti particolari del film proprio per farci dubitare di loro è talmente ridicolo da provocare addirittura qualche risata. L’identità dell’assassino alla fine si rivela essere esattamente quella che lo spettatore sospettava dal primo minuto del film ma che inconsciamente continuava ad escludere per la sua sconsolante banalità. E il movente che spinge il serial killer all’omicidio è ancora più banale. A questo disastro contribuisce senza ombra di dubbio la prestazione imbarazzante di tutto il cast, complice anche la recitazione originale in inglese ridoppiata in italiano che riesce, se possibile, ad allontanare ancora di più i personaggi dai loro ruoli, dallo schermo, dalla loro stessa credibilità. Un disastro su tutta la linea. Fino ad ora il giudizio non si discosta tanto da quello universalmente condiviso su “Il Fantasma dell’Opera”. Come può allora “Il Cartaio” essere ancora peggiore? Presto detto: in questo film, a differenza de “Il Fantasma dell’Opera”, non si versa una sola goccia di sangue. Niente di niente. Che fine ha fatto il Maestro del Brivido? Tutte le scene di omicidio vengono mostrate attraverso un riquadro sullo schermo di un computer, nel quale riusciamo a scorgere a fatica soltanto il volto della futura vittima e ad udire le sue grida scomposte. Tutta la magia e la coreografia dell’omicidio argentiano viene sacrificata ed annullata da una misera, minuscola finestra su un monitor. E anche quando finalmente ci troviamo di fronte ad una sequenza che promette (almeno a livello splatter) qualcosa di più, esattamente nel momento liberatorio in cui l’arma colpisce il collo della vittima… cambio di scena improvviso! Siamo già al suo funerale! L’omicidio interrotto sul più bello, tagliato sguaiatamente senza la minima perizia. Censura? Errore di montaggio? Scelta stilistica? Qualunque sia il motivo, il risultato è decisamente spiazzante e di pessimo effetto. E intanto lo sgomento e il disappunto dello spettatore aumenta. Anche se è ormai condivisa da tutti l’idea che un film horror possa definirsi tale non soltanto per la sua violenza manifesta ma anche per la sua atmosfera oscura e paralizzante, in questo caso siamo di fronte ad un film che non coinvolge, non spaventa e non mostra neanche qualcosa di raccapricciante (ad esclusione dei cadaveri decomposti delle vittime, ben poca cosa…). Se in una pellicola a cui manca una solida struttura ossea levi anche la carne cosa rimane? Praticamente nulla. Nelle sequenze finali poi, da sempre punti focali delle pellicole di Dario Argento, dopo aver scoperto con delusione l’identità dell’assassino, assistiamo ad una delle sfide tra buono e cattivo più ridicole che la storia del cinema ricordi. L’intera scena è senza mordente, senza tensione, così surreale da sfiorare la comicità, condita con quel pizzico di psicologia spicciola da infastidire anche il meno intelligente tra gli spettatori. Senza senso poi l’ultima ripresa, ambientata un mese e mezzo dopo gli eventi che portano allo smascheramento del serial killer: un ulteriore tocco di vacuità ad un film che praticamente non esiste, tanto è fragile, inutile e privo di senso. Dispiace parlare con tale irriverenza di un regista che ha scritto la storia del cinema horror mondiale, di un genio della cinepresa, di un visionario della violenza che ha saputo far tremare generazioni di appassionati del brivido. Ma un film del genere non merita clemenza né giustificazioni: è doloroso ammetterlo ma la sensazione costante è che “Il Cartaio” sia stato girato in fretta, senza troppa convinzione, con poche idee e con poca voglia. Il microfono dondolante sulla testa degli attori che fa capolino dall’alto dello schermo in due occasioni tradisce tutta la trascuratezza e la fretta con cui la pellicola è stata realizzata. La pochezza della trama, i dialoghi al limite del paradossale tradiscono l’approssimazione e la svogliatezza con cui è stata scritta la sceneggiatura. E come se non bastasse stavolta risulta insufficiente anche la colonna sonora: Claudio Simonetti è un grande, un musicista capace e con un gusto spiccato per le atmosfere inquietanti, ma stavolta ha realizzato davvero la sua peggiore collaborazione cinematografica. E’ anche possibile che su cd la colonna sonora de “Il Cartaio” risulti interessante e coinvolgente, ma il modo in cui la musica è stata integrata alla pellicola proprio non funziona. Non riesce a farsi strada nella mente dello spettatore, a lasciare il segno, da quanto raramente è accennata sembra quasi non sia neanche presente. Basti pensare che la musica che più rimane in mente allo spettatore è il fastidioso motivetto del videopoker! E’ facile immaginare cosa pensi lo spettatore uscito dal cinema: Dario Argento è un mito, uno dei più grandi registi horror di tutti i tempi ed io stasera non sono andato al cinema. O se ci sono andato ho sbagliato sala. O se la sala era giusta ho dormito per tutta la proiezione e non ho visto niente. Ma per quanto si cerchi di rimuovere un trauma così grande la verità è una sola: “Il Cartaio” esiste ed è un fallimento. L’unico vero Cartaio che sembra aver svolto alla grande il suo lavoro è il nostro amato Dario Argento che ci rifila un grosso, pesante e deludente due di picche.

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