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Roberto Giacomelli
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Nella cittadina canadese di Valentine Bluffs sta per giungere il momento del ballo di San Valentino, una festività particolarmente sentita e alla base dell’economia turistica del paese. Ma il ritrovamento di un cadavere a cui è stato strappato il cuore, fa piombare la città nel terrore: venti anni prima, infatti, un minatore di nome Harry Warden era scampato a un incidente in miniera in cui avevano perso la vita alcuni suoi colleghi e a cui le autorità non prestarono il dovuto soccorso perché impegnati nei festeggiamenti del giorno di San Valentino. Risvegliatosi dal coma, Harry era impazzito e aveva ucciso alcune persone minacciando la cittadina di tornare a mietere vittime se avessero continuato a festeggiare il San Valentino, prima di essere internato in un manicomio. Ora il sindaco decide di sospendere i preparativi della festa, temendo che Harry sia tornato davvero, ma un gruppo di giovani non vuole rinunciare al ballo, scatenando così l’ira dell’assassino.
In piena febbre da slasher, quando “Halloween” aveva già all’attivo un paio di capitoli, così come “Venerdì 13”, una miriade di cloni cominciarono ad invadere il mercato sperando di replicare gli incassi fortunati dei prototipi: “Compleanno di sangue”, “Sleepaway Camp”, “Horror Puppet”, “Il giorno di San Valentino” e tanti altri…tutti prodotti che, chi più chi meno, nascevano da una costola dei ben più noti (e longevi) film dedicati a Michael e Jason. Tra i molti, “Il giorno di San Valentino” è tra i più celebrati, anche per un paio di paroline a favore che gli sono state spese da Quentin Tarantino, che lo ha definito uno dei suoi splatter (splatter?) preferiti.
L’opera dell’ungherese George Mihalka (“I viaggiatori delle tenebre”; “Psychic”) cerca di inserirsi prepotentemente nel filone sfruttando ogni minima caratteristica di riconoscibilità legata allo slasher; dunque, se appare scontato il canovaccio che vede un gruppo di persone preda di un misterioso serial killer mascherato e un body-count piuttosto corposo, vengono invero inseriti anche elementi “secondari”, come il trauma infantile dell’assassino e soprattutto il voler usare un particolare giorno dell’anno in cui svolgere la vicenda e, naturalmente, sottolinearlo nel titolo.
“Il giorno di San Valentino” è, dunque, un po’ la “solita minestra”, il classico prodotto d’imitazione inserito sul mercato al momento giusto, che ha dalla sua qualche elemento di indubbio fascino, ma anche diverse pecche.
Iniziamo andando a trovare quelle piccole varianti che valorizzano il prodotto in questione. Innanzitutto l’ambientazione mineraria è un elemento di originalità da non sottovalutare, soprattutto se si considera la quasi singolarità della scelta nel panorama degli slasher movies; poi anche il look dell’assassino, seppure conforme alle regole di genere, è piuttosto azzeccato e originale, nonché inquietante: tuta nera da
minatore, maschera antigas, elmetto protettivo, piccone alla mano e un inconfondibile respiro pesante alla Darth Vader. Alcune scene che vedono protagonista l’assassino si lasciano sicuramente ricordare, a cominciare dal racconto che presenta la genesi di Harry Warden e alcuni suoi omicidi, su tutti quello nella stanza delle tute. Risulta apprezzabile anche la scelta di non rendere protagonisti della vicenda i soliti teenagers, bensì un gruppo di minatori, peccato, però, che si sia scelta l’infelice strada di caratterizzare questi personaggi come se fossero i soliti teenagers, rendendoli perciò anche poco credibili: avremo quindi il tizio buffone che si diverte a fare scherzi a tutti, il macho atletico di turno, la coppietta infoiata pronta a far sesso ovunque, fiumi di birra e tanta voglia di fare feste da college. A partire da questa poco condivisibile scelta, iniziano i “problemi” di “Il giorno di San Valentino” che proseguono con un ritmo a tratti fino troppo fiacco accentuato da un vero e proprio massacro che, all’epoca della sua uscita in America, fu eseguito dalla censura. Infatti il film è completamente privo di scene violente, che furono tagliate per non far applicare il divieto maggiore alla pellicola; purtroppo, però, le scene in questione (si dice che siano quasi dieci minuti di girato) non furono mai reintegrate e solo di recenete la Paramount ha rieditato (solo per il mercato americano) la versione integrale di “Il giorno di San Valentino”. Così facendo, un film del genere perde una gran parte del suo “senso d’essere”, risultando
irrimediabilmente compromessa la sua riuscita finale.
“Il giorno di San Valentino” presenta una prima parte tutto sommato godibile, ma è nella seconda che perde gran parte del potenziale accumulato. Stranamente – e contro tendenza – è proprio nell’avanzare dei minuti che si accentuano le cadute di ritmo, date soprattutto dalla ripetitività dell’azione, e la soluzione del giallo riguardo l’identità dell’assassino è particolarmente deludente perché altamente prevedibile e guarnita da un movente troppo banale. Anche il finale aperto lascia un po’ basiti per la goffaggine con cui è stato imbastito.
Insomma, a tirar le somme “Il giorno di San Valentino” non appare un gran film, uno slasher fin troppo convenzionale che ad alcuni innegabili pregi contrapponi altrettanti, forse maggiori, difetti. Da recuperare soprattutto per gli irriducibili dello slasher movie.