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Roberto Giacomelli
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Nella Cina imperiale, Han, primo imperatore di Qin, sta espandendo a dismisura il suo regno distruggendo e schiavizzando interi popoli. Bramoso di potere e dedito perfino alle arti occulte, Han decide che l’unico modo per rendere immortale il ricordo delle sue imprese è diventare lui stesso immortale e per raggiungere questo stato di divinità si rivolge a Zi Yuan, una maga in grado di leggere le pergamene che racchiudono il segreto dell’immortalità. Han tradisce però Zi Yuan e quest’ultima si vendica lanciandogli una maledizione che trasforma l’imperatore e il suo numeroso esercito in statue di terracotta.
1947. L’aspirante archeologo Alex O’Connell, figlio dell’avventuriero ed ex spia Rick O’Connell, si trova in Cina a lavorare sul sito in cui è stato sepolto l’imperatore Han, riportando alla luce la sua tomba. Nel frattempo Rick e sua moglie Eve si recano a Shangai per un’ultima missione da parte del governo inglese: restituire un prezioso gioiello al governo cinese; la famiglia O’Connell si trova così riunita ad affrontare un gruppo militare ribelle che nel frattempo è riuscito a riportare in vita l’imperatore Han.
La Mummia – La Tomba dell’Imperatore Dragone: istruzioni per l’uso.
Adagiarsi su una poltrona imbottita, preferibilmente dallo schienale anatomico e/o reclinabile; munirsi di confezione di pop-corn medio-grande, possibilmente senza burro, causa colesterolo; non appena appare il logo della Universal spegnere obbligatoriamente il cervello, onde evitare crisi di carenza di autostima. Se a fine visione vi sentirete riposati, satolli di pop-corn e di effetti speciali e sarete pronti a ritornare alla quotidianità priva di esplosioni, mummie, fuochi d’artificio e valanghe di neve…beh, allora il film per voi avrà fatto centro.
E’ difficile esprimere un giudizio
critico “costruttivo” su un film come “La Mummia - La tomba dell’imperatore dragone”, trattasi infatti del classico film che si va a vedere con la consapevolezza a cosa si va incontro e si esce dalla sala con qualunque aspettativa completamente confermata. Film di facilissimo intrattenimento, che per quasi due ore riempie lo schermo di esplosioni, battaglie e sferzate di ammiccante ironia. In pratica questa “Tomba dell’imperatore dragone” rispetta in pieno la formula introdotta da Stephen Sommers nel 1999 con il primo episodio dell’odierna trilogia e poi replicata nel 2001 con “La Mummia – Il ritorno”.
Quasi nessuno ci sperava nel ritrovare Rick O’Connell e famiglia a distanza di sette anni dall’ultima apparizione su grande schermo, era passato decisamente troppo tempo, ma come ci hanno insegnato Spielberg e Ford con il quarto capitolo di Indiana Jones e Stallone con i ritorni di Rocky e Rambo, non è mai troppo tardi per elargire emozioni al grande pubblico! Stavolta si tenta di rinnovare il franchise rimanendo del tutto fedeli alla formula, cambiando però locazione geografica e attingendo a piene mani nella mitologia e nel linguaggio del cinema fanta-action di Hong Kong.
Un’operazione questa che forse potrebbe apparire un po’ fuori tempo, dal momento che il fascino esercitato dall’oriente su Hollywood andava forte soprattutto una decina di anni fa, al tempo d’oro del John Woo a stelle e strisce e del rinato interesse per il wuxiapian post “La tigre e il dragone”. Oggi il “genere” americano più che altro tende a cannibalizzare il cinema orientale con frotte di remake che hanno il compito di annullare completamente l’origine culturale piuttosto che subirne il fascino, e per questo ci si meraviglia quasi a vedere un pop-corn movie che ci tiene così tanto a sottolineare l’incontro-scontro tra culture utilizzando proprio miti, leggende e icone care alla cultura cinese. Naturalmente si tratta di elementi filtrati attraverso l’occhio yankee, dunque ci si abbandona al facile stereotipo e all’iconografia più elementare.
Così come i due predecessori, dunque, “La Tomba dell’imperatore dragone” è un giocattolone pirotecnico, sicuramente confezionato guardando soprattutto ad un pubblico under 15, consumatore dei molteplici gadget che il film genererà (action figures economiche, videogames per console, gadgets e giochi a premi da abbinare ai cereali). Ciò non toglie che il prodotto possa appassionare, divertire ed essere apprezzato dallo spettatore adulto, che potrà subire il fascino degli effetti speciali (sicuramente meno suscettibili ad un precoce “invecchiamento”, come è capitato alla CGI presente nei due prequel), dell’avventura rocambolesca e l’indubbio carisma dei personaggi.
Proprio i personaggi giocano un ruolo principale tra i pregi del film: Brendan Fraser, sempre impegnato nei panni del coraggioso e pasticcione Rick O’Connell, ha gran parte delle scene brillanti, a volte dedite alla battuta infantile, ma comunque risulta sempre il personaggio simbolo della saga. Sua moglie Evelyn stavolta cambia volto, perdendo l’efficace Rachel Weisz (“Constantine”; “L’albero della vita”) e acquistando la solitamente brava Maria Bello (“A History of Violence”; “The Dark”), qui decisamente sottotono e anche un po’ fuori parte. Torna anche John Hannah (“Sliding Doors”; “Ghost Son”) nel ruolo della “spalla comica”, mentre si aggiungono al cast le new entries Luke Ford, nel ruolo di Alex, figlio di Rick e Evelyn, un sicuro omaggio all’archeologo Indiana Jones (al quale ruba persino l’abito da sera esibito a Shangai), e Liam Cunningham (“Il Cartaio”) nel ruolo del burbero aviatore irlandese Cane Pazzo. Una menzione a parte la merita Jet Li (“Arma letale 4”; “Hero”; “Rogue – Il solitario”), star dell’action movie sia asiatico che hollywoodiano, qui nei panni dell’imperatore Han, un personaggio sicuramente dal gran fascino che ha il pregio da non fungere da semplice sostituto per il defunto Imothep, ma si fa pregno di una nuova iconografia che tende a sottolineare il suo lato malvagio e avido di potere piuttosto che la sua inclinazione romantica.
Rob Cohen (“Fast and Furious”; “xXx”), onesto regista di action movies di routine, non fa
rimpiangere la regia fracassona di Sommers (che qui compare in veste di produttore) replicandola alla perfezione, mentre gli sceneggiatori Miles Millar e Alfred Gough (“Pallottole cinesi” e la serie tv “Smallville”) si impegnano il minimo possibile per riempire il film di accenni storici (minimi) e incredibili trovate che uniscono eserciti di morti viventi (che sembrano usciti da “La maledizione della prima luna”) e la dimensione magica di Shangri-La; purtroppo spesso si scade in trovate stupide (l’intervento degli Yeti) o buttate lì solo per accentuare il senso della meraviglia (il potere di Han che gli permette di trasformarsi in un drago a tre teste o altri animali mostruosi molto cartoonosi).
Insomma, “La Mummia – La Tomba dell’imperatore dragone” è un blockbuster tardo estivo che mira al guadagno facile attraverso il facile intrattenimento. Se si è disposti a stare al gioco, il film riesce ad intrattenere realmente, ma usciti dalla sala si fa presto a dimenticare mummie, draghi e avventurieri dallo spiccato senso dell’umorismo.