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LES SORCIÈRES DE ZUGARRAMURDI

Las brujas de Zugarramurdi

2013 ES
septembre 20, 2013

En plein jour, un groupe d’hommes braque un magasin d’or de la Puerta del Sol à Madrid. José, père divorcé en plein conflit avec son ex-femme, Tony, son complice, sex-symbol malgré lui, Manuel, chauffeur de taxi embarqué contre son gré dans l’aventure, et Sergio, le fils de José, partent en cavale. Objectif : atteindre la France en échappant à la police… Mais arrivé près de la frontière française, dans le village millénaire de Zugarramurdi, le groupe va faire la rencontre d’une famille de sorcières, bien décidées à user de leurs pouvoirs maléfiques pour se venger des hommes…

Réalisateurs

Álex de la Iglesia

Distribution

Hugo Silva, Gabriel Ángel Delgado, Mario Casas, Carmen Maura, Javier Botet, Carolina Bang, Carlos Areces, Macarena Gómez, Pepón Nieto, Secun de la Rosa
Horreur Comédie
HMDB

CRITIQUES (1)

FC

Francesca Coppola

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Un gruppo di uomini in maschera assalta un Compro Oro nel bel mezzo della piazza principale di Madrid: si tratta di José, padre divorziato in aperto conflitto con l’ex-moglie, Tony, gangster boy suo complice improvvisato, Manuel, tassista preso in ostaggio durante la rocambolesca fuga dalla polizia, e Sergio, il piccolo figlio di José. Nel tentativo di raggiungere la Francia per avere salva la pelle, i quattro sono costretti ad attraversare il paesino di Zugarramurdi, imbattendosi in un una stramba combriccola di donne più o meno affascinanti che si rivelano appartenere ad una famiglia di streghe da sempre in lotta con il genere maschile. José e i suoi compagni si riscopriranno ben presto impotenti pedine di un superiore piano diabolico. Dalla Spagna con furore. Álex de la Iglesia è – con tutta probabilità – un nome destinato a divenire leggenda nel mondo del cinema basco, e non solo. C’era una volta una fitta foresta, un paio di sinistre figure femminili che si aggirano nei dintorni, un’enorme magione all’apparenza abbandonata e voilà, la favola è bella che pronta, condita con una dose massiccia di humor color pece e stridente ironia, servita dopo una lenta quanto puntuale cottura tra calderoni ribollenti e ossa di rospo. Dopo circa un biennio di errante vagabondaggio alla ricerca di un solido trampolino di lancio nel nostro bel Paese, con Officine UBU Las brujas de Zugarramurdi approda finalmente sui grandi schermi italiani, portando con sé tutto ciò che di non solcato rimane nella dimensione dell’orrido. O meglio, la strada è sempre quella: è invece il modo, magistrale e irriverente, con cui il regista conduce i risvolti di questa pellicola che non ha nulla da invidiare agli standard cinematografici del genere. Con alle spalle degli esordi alquanto promettenti (Azione Mutante, finanziato da Almodovar) e titoli senza dubbio conosciuti (The Oxford Murders, Ballata dell'odio e dell'amore), De la Iglesia si dimostra certamente all’altezza delle aspettative. Un horror trash d’autore che coagula una delle problematiche più antiche tra sangue umano e scope volanti a carattere pseudo-erotico, ovvero lo scontro imperituro tra i sessi. Le contaminazioni più disparate si affacciano dallo schermo – dal più classico elemento orrorifico, passando per la demential comedy, fino all’action movie – susseguendosi in un crescendo di travestimenti surreali, dialoghi serrati e immagini dal gusto visionario che ben si mescolano all’aura di ancestrale sacralità con cui il cineasta sigla la pellicola, tanto da far avvertire forte il richiamo agli antichi usi e costumi tradizionalmente legati alla sua terra d’origine. Non bisogna dimenticare, infatti, che la Zugarramurdi del titolo esiste realmente: un paesello di duecento anime al massimo nascosto nel cuore della Navarra, non lontano dal confine francese segnato dai Pirenei. Innegabile il rimando alla statunitense Salem e agli episodi di stregoneria ad essa connessi, dal momento che anche in questa regione della Spagna si hanno notizie di terribili roghi ed epurazioni avvenute intorno al diciassettesimo secolo. La figura della strega, da sempre significativa nell’immaginario collettivo, viene qui presentata come una forza matrigna e vendicatrice, in pieno contrasto con un mondo maschile abietto e deriso, nel tentativo di mettere in mostra quel divario che – nonostante le continue e talvolta un tantino ridondanti lotte per la parità dei sessi – si mantiene costante nel tempo a causa di posizioni ferree o incapacità di reazione. L’atmosfera sovrannaturale diviene dunque mezzo di attualizzazione in un ideale programma propugnato dal regista: le accuse di misoginia non mancano, ma sono state sapientemente evitate da dichiarazioni inerenti al lungometraggio dello stesso De la Iglesia. Del resto, generalizzare su una questione proverbialmente delicata non farebbe altro che renderne banali i contenuti. E’ la spinta alla riflessione il motore portante dell’intero film, quella che ha il compito di squarciare il velo apparente della “tipizzazione” grazie ad azioni palesemente contrastanti e battute intrise di sarcasmo. Con un cast stellare che comprende volti noti nella patria iberica – tra cui spiccano l’esilarante trio Hugo Silva/Mario Casas/Jaime Ordóñez, il piccolo Gabriel Delgado, la splendida Carolina Bang e l’intramontabile Carmen Maura – affiancati da una corolla di altrettanto validi colleghi (primi fra tutti Terele Pávez, Pepón Nieto e Javier Botet), con una sceneggiatura strutturata in un ritmo incalzante riflesso anche dall’uso intenso della cinepresa, con effetti speciali fin troppo raffinati per un cinema tanto grottesco collaudati da una colonna sonora fortemente suggestiva, la pellicola si inoltra nelle oscure tenebre di arcaici riti sacrificali in attesa di un epilogo a tratti paradossale. La vita è una farsa che non tutti riescono infine a smascherare.

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