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Roberto Giacomelli
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Un gruppo di studenti giapponesi è in gita d’istruzione in Corea, ma già il primo giorno si verifica uno strano decesso che apparentemente sembra un suicidio. In realtà i ragazzi stanno ricevendo una chiamata sul loro cellulare che gli annuncia la loro morte; l’unico modo per sopravvivere è inviare un sms di morte ad un altro numero, il cui possessore a sua volta sarà condannato a morire immediatamente senza alcuna possibilità di salvezza. Tra i ragazzi si scatena il panico e solo Emily rimane con sangue freddo poiché ha capito che l’origine della maledizione risiede in Aska, una ragazza vittima delle angherie dei sui compagni di scuola e che adesso si trova in coma in seguito al suo tentativo di suicidio.
Una sinistra e sconosciuta melodia proviene dal tuo cellulare; una chiamata senza risposta. Nel messaggio in segreteria una voce annuncia la futura morte: è la tua voce!
Da questa premessa prendeva avvio “The Call – Non rispondere”, film diretto da Takashi Miike nel 2003 seguendo l’allora dilagante moda dei ghost movies a sfondo tecnologico. Il film ricevette un ottimo successo e arrivò presto un sequel (nel 2005) diretto da Renpei Tsukamoto, che seguiva il soggetto del prototipo aggiungendo però interessanti retroscena alla storia della maledizione. A distanza di un anno arriva questo terzo e (forse) ultimo capitolo diretto da Manabu Asou che, pur riprendendo elementi dal primo film, mette in scena una storia tutta nuova.
Alla base c’è sempre la storia della maledizione che si propaga attraverso telefoni cellulari e l’inquietante suoneria che preannuncia la morte, ma i riferimenti al film di Miike, seppur presenti, sono inutili e pretestuosi. Piuttosto si è cercato di costruire una trama derivativa che prende notevoli spunti dal fulciano “Aenigma” (la ragazza in coma) e dalla saga di “Final Destination” (i ragazzi che sanno della loro imminente morte e tentano di evitarla), dando vita così al capitolo più debole della trilogia e ricco di assurdità, ma allo stesso tempo al più vivace, risultando comunque un horror gradevole e divertente, lontano dal piattume di molti ghost movies asiatici.
“The Call 3” segue il trend dei teen horror americani, apportando modifiche anche alla modalità di trasmissione della maledizione. In questo film la novità rilevante è l’sms maledetto che dà la possibilità al diretto ricevente di salvarsi “trasmettendo” la maledizione a qualcun altro, fornendo così una possibilità di salvezza a patto di scatenare i peggiori istinti e condannare alla morte un altro individuo. In realtà la sceneggiatura di questo film è un po’ indecisa su che strada seguire poiché prima di assestarsi sulla modalità “catena di sms” si passa da una morte annunciata da una fotografia tramite mms e da un
messaggio vocale in segreteria, con tanto di caramella rossa che fuoriesce dalla bocca della vittima, proprio come nel primo film. Questa indecisione un po’ sconcerta, così come sconcerta il sforzatissimo inserimento di Mimiko, la bambina fantasma del film di Miike, che qui risulta francamente inutile per il dipanarsi della narrazione. Anche le morti e le scene di tensione sono un po’ deludenti e “addolcite” (si lasciano ricordare solo il cadavere in lavatrice e il ritrovamento dei corpi finale), per non parlare della ridicola e illogica soluzione che i protagonisti escogitano per abbattere la maledizione.
Al di là di questi innumerevoli difetti “The Call 3” rimane un onesto film di genere che riesce a intrattenere con divertimento grazie a un ritmo inaspettatamente frenetico che si rifà molto a quello degli slasher movies.
Da guardare per passare un’ora e mezza di visione spensierata; risulterà sicuramente gradevole per chi si è stancato dei soliti ghost movies di stampo asiatico.