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LA CASA NEL VENTO DEI MORTI

La casa nel vento dei morti

2012 IT
aprile 27, 2012

Anni Quaranta. Attilio è un attore che ha aderito alla Repubblica di Salò ed ora, nel dopoguerra, non ha più nessuna scrittura. Insieme ad altri tre disadattati tenta una rapina in banca che riesce anche se un componente della banda muore. I sopravvissuti tentano la fuga nell'Appennino parmense approdando a una cascina isolata nella campagna in cui vivono 4 donne che accettano di ospitarli dietro compenso. Ciò che li attende va molto al di là delle loro aspettative.

Registi

Francesco Campanini

Cast

Luca Magri, Marco Iannitello, Nina Torresi, Sara Alzetta, Paola Crecchi, Valeria Colombo, Annalisa Schettino, Adriano Guareschi, Loredana Piedimonte, Francesco Barilli
Horror Thriller Crime Mistero Guerra
HMDB

RECENSIONI (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Nord Italia, anni ’40. L’attore Attilio, allontanato dalle scene per questioni politiche, organizza una rapina in un ufficio postale insieme a tre suoi amici. Il colpo va in porto ma non nel migliore dei modi: Eurigio viene ferito a morte e la polizia è sulle tracce dei restanti rapinatori. Attilio, Ugo e Ciccillo si vedono allora costretti ad abbandonare l’automobile e proseguire a piedi nei boschi per depistare le forze dell’ordine. I tre, stanchi e affamati, giungono a una casa isolata tra gli alberi e vengono accolti da quattro donne. Si tratta dell’inizio di un incubo che durerà tutta la notte! I criminali e il cinema dell’orrore sembrano andare davvero a braccetto e c’è un motivo ben preciso: se i protagonisti della vicenda ci vengono descritti come spietati fuorilegge, la minaccia con cui dovranno affrontarsi per forza di cose dovrà essere peggiore di loro. Quindi, fin dai primi minuti, si tenderà a caricare di connotati negativi i protagonisti per aumentare l’aspettativa di una imminente situazione d’orrore e morte potenzialmente molto intensa, perché visti i presupposti, ciò che seguirà dovrà essere per forza di cose esponenzialmente più terribile. Questo è il motore che spingeva la caratterizzazione dei personaggi di “Dal tramonto all’alba”, tanto per fare un titolo tra i più noti e imitati, e questa è la ragione che muove anche il lungo incipit di “La casa nel vento dei morti”, secondo lungometraggio del regista emiliano Francesco Campanini. “La casa nel vento dei morti” è il suggestivo titolo – che richiama molto certo cinema italiano di un tempo – per uno dei pochi film horror nostrani ad aver goduto di una distribuzione in sala. Ovviamente parliamo di una distribuzione ai limiti dell’invisibilità, quasi un’uscita tecnica, perché per qualche strana ragione l’Italia teme i propri horror al cinema… ma questo è un altro discorso. Campanini, che aveva esordito nel 2008 con il noir “Il Solitario”, ha una buona mano e riesce a conferire al film una certa eleganza formale che non fa assolutamente notare il piccolo budget a disposizione. Una certa goliardica cura si nota già a partire dai bei titoli di testa pop-retrò – bissati dai titoli di coda – e da un utilizzo perfettamente funzionale delle location rurali, sfruttate al massimo per donare ampio respiro alle scene della prima parte e claustrofobia a quelle della seconda, ambientata all’interno della casa del titolo. Pregevole anche la fotografia di Raoul Torresi, che predilige sempre colori caldi, e le musiche tipicamente da horror di Lelio Padovani. Quello che funziona meno nel film di Campanini è tutto il rimanente. La storia, scritta da Luca Magri e sceneggiata insieme a Chiara Agostini, è piuttosto classica e rispettosa di un certo tipo di survival horror consolidato negli ultimi 40 anni. La prima parte – la migliore a parere di chi scrive – richiama alla mente certo tipo di cinema hard boiled però con inedita ambientazione italiana, rurale e per di più anni ’40, donando quindi allo spettatore un qualche cosa di insolito e relativamente nuovo, avvalorato anche dai velati riferimenti alla crisi del cinema italiano nell’epoca post-fascista. La seconda, invece, si asseta decisamente sul già visto restituendo allo spettatore la solita situazione alla “Non aprite quella porta”, che nel caso specifico richiama più il recente “Frontiers – Ai confini dell’inferno”, per il background criminale dei protagonisti. Unica gradevole variante è la composizione esclusivamente femminile del clan ospitante, sulle cui ragioni e peculiarità purtroppo non si ci sofferma abbastanza. In mezzo a tutto ciò ci sono diversi dialoghi stonati e le interpretazioni degli attori non del tutto convincenti. A riguardo funziona decisamente meglio il quartetto di donne contadine, tra le quali c’è anche la brava Nina Torresi di “La bellezza del somaro”, in confronto al terzetto maschile, capitanato dallo stesso sceneggiatore Luca Magri e tra i quali si può notare anche Francesco Barilli, noto al pubblico del cinema di genere soprattutto come regista di cult anni ’70 come “Il profumo della signora in nero” e “Pensione paura”. Barilli, inoltre, è accreditato anche come regista per una sequenza del film. “La casa nel vento dei morti” è dunque un film riuscito in parte, forte di un comparto tecnico e un’estetica superiore a molti altri prodotti indipendenti italiani contemporanei ma carente sotto l’aspetto più prettamente narrativo e attoriale. Merita senz’altro mezza zucca in più.

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