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Roberto Giacomelli
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Dopo la morte del conte Dracula, Van Helsing viene arrestato per omicidio. Nel frattempo una catena di misteriosi decessi continua ad insanguinare le strade di Londra: l’artefice è la contessa Marya Zaleska, figlia del leggendario conte vampiro. Marya è però combattuta sulla sua condizione e non sa se lasciarsi andare alla sua natura diabolica, come le consiglia il suo maggiordomo Sandor, o tentare di farsi curare dallo psichiatra Jeffrey Grath.
Dopo il grande successo ottenuto dal “Dracula” di Tod Browning, la Universal tenta la carta del sequel e affida a Lambert Hillyer la direzione di “La figlia di Dracula”.
Hillyer aveva già lavorato per la Universal con il fantascientifico “Il raggio invisibile” (interpretato dai divi del momento Boris Karloff e Bela Lugosi) e in futuro si farà ricordare per numerosi western dell’epoca d’oro hollywoodiana e per aver portato per la prima volta sullo schermo Batman, con un serial del 1943.
Il film di Hillyer si presenta come un solidissimo horror che si dipana tra il mistery e il gotico, continuando con buona fantasia la storia del conte Dracula, senza mai cadere nel banale o nella facile ingenuità di alcuni prodotti dell’epoca. Molto del merito va alla sceneggiatura del veterano Garrett Fort (“Dracula”, “Frankenstein”) che ha la buona idea di iniziare la storia proprio lì dove finiva
nel primo film, donando ai due film un buon senso di continuità. Tra i vecchi personaggi rimane solamente il prof. Van Helsing, interpretato ancora una volta da Edward Van Sloan, che qui ha però un ruolo molto marginale, lasciando la scena a Otto Kruger (“Duello al sole”; “Mezzogiorno di fuoco”) che interpreta lo psichiatra Grath, un uomo di scienza aperto anche al paranormale, proprio come il suo amico Van Helsing. Grath ha un rapporto di amore/dispetto con la capricciosa Janet (Margherite Churcill), la classica ragazza in pericolo tratteggiata diversamente dalle solite bellezze da salvare, dal momento che le viene dato un carattere forte ed emancipato, sicuramente insolito per gli horror di quel periodo. Sicuramente insolita è anche la trattazione di alcuni temi “adulti”, taboo per gli Stati Uniti degli anni ’30; così verranno disseminati molti indizi dell’ambigua natura sessuale della contessa Marya, mostrando anche la vampira in azione mentre si accinge ad intraprendere un rapporto saffico con la sua vittima.
Il personaggio della vampira Marya Zaleska è stato molto ben tratteggiato, fornendo così il ritratto di un essere tormentato e indeciso se seguire la sua natura da succhia sangue oppure eliminare ogni traccia con il suo lato malvagio (in una scena significativa, infatti, la donna da fuoco al cadavere di suo padre). Il vampirismo è qui trattato come una malattia, anticipando pellicole del calibro di “Martin” e “The Addiction”, tanto che solamente un uomo di scienza come Grath è ritenuto capace di guarirla. La contessa Zaleska è
interpretata magnificamente da Gloria Holden che riesce a rendere realmente credibile la sofferenza e il conflitto interiore del suo personaggio, sicuramente l’attrice più in parte dell’intera pellicola, affiancata dal classico assistente/maggiordomo dall’aspetto sgradevole, e qui sottilmente manipolatore nonché vero personaggio negativo del film, interpretato dall’attivissimo Irving Pichel.
“La figlia di Dracula” rappresenta dunque un esempio di ottimo sequel, perfino più maturo e originale del suo predecessore, sicuramente capace di appassionare e lasciare pienamente soddisfatti tutti gli appassionati di horror vintage.