AC
As Chianese
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In un futuro prossimo venturo la terra sarà completamente dominata dagli zombi. Solo una città, costruita come una fortezza resisterà all'inferno che lentamente si spande attorno ad essa. Tra questo microcosmo, però, c'è sempre qualcuno che vuole conservare il suo potere e la sua ricchezza, offrendo ai sopravvissuti svaghi e droga per ignorare la tragedia. Sembrano tutti affetti da una pazzia collettiva, che li spinge a un malsano autolesionismo. Le autorità intervengono spesso per rimettere a posto disperate situazioni di panico e sedare rivolte nei confronti delle caste più potenti, fin quando qualcuno non varca la linea rossa che divide i vivi dai morti… Che il cinema di un autore scomodo, antipatico ai burocrati delle major quanto alle società finanziarie delle produzioni low budget, come George Andrew Romero arrivasse ad un punto di svolta come quello di "Land of the Dead" erano in pochi francamente a crederci. Il quarto capitolo della sua oramai leggendaria saga sui morti viventi è una sorta di rifondazione del mito di un mostro lento, inarrestabile e silenzioso come un cancro: gli zombi e la loro terra, metafora di una società che non conosce più la luce di un giorno che non sia l'alba di un'ennesima guerra, che ha affidato il progresso alla tecnologia e al capitalismo subendo l'attacco degli ultimi di questa ingiusta società sotto forma di defunti antropofagi. Se in "Day of the Dead" (1985) si acuiva il discorso critico di/su una nuova era per l'umanità controllata e protetta da rozzi militari, si ricorreva disperatamente alla scienza come a un placebo così ossessivamente da far vedere gli scienziati come tanti piccoli dott. Frankenstein impegnati a rieducare la loro terribile creatura; in questo nuovo film assistiamo ad una potente rilettura del concetto di società organizzata. E ad un certo punto noteremmo come Romero ci abbia servito sul vassoio d'argento un cocktail in cui si mischia la politica di George W. Bush, il 1984 di Orwell e le citazioni bibliche, la Repubblica di Platone e lo splatter più malsano. La grande città costruita con tanto di mura fortificate e torre di Babele, le differenze socio/economiche e la divisione in caste che sussistono anche in questa quasi come se fossero la regola per poter ristabilire una parvenza di normalità in uno scenario a dir poco apocalittico. Assumono, questi artifici, una valenza quasi parodistica per tutta la durata della pellicola apparendo semplicemente come freni di un' umanità che oramai deve solo definitivamente morire per tornare a rinascere. Se il remake di "Zombi" (2004) firmato da Zack Snyder aveva la dinamica di un videogame e sviluppava una trama che invece di avere valore socio/politico si soffermava sull'intimismo dei vari, stereotipati personaggi, mostrandoci poi però il cinismo di certe situazioni e il sensazionalismo sfrenato di chi ha passato più tempo sulla consolle che sulle poltroncine del cinema. "Land of the Dead" è invece un lavoro completo - molto colto, quasi letterario, con l'intuizione della droga come arma per ignorare i morti che pare presa da un romanzo o un fumetto di Tiziano Sclavi - un tipo di horror che fa riflettere sulla possibilità di rivalutare (riabilitare) completamente il genere da parte della spocchiosa critica ufficiale. Anche se la regia di Romero conserva il suo touch tipicamente anni '70 con lunghe scene di raccordo e momenti di dialogo a volte troppo lunghi. Niente si può dire della recitazione degli attori, Asia Argento in uno stato di grazia e Dennis Hopper come al solito granitico e feroce. Ci sarebbe però piaciuto vedere il fido Mike Gornick come direttore della fotografia. Speriamo che la carriera di questo regista possa continuare e che la sua vena creativa possa ritrovare uno slancio vitale, nuovo e prolifico, dopo questo ottimo horror. Dopo anni passati a raccontare nei vari festival specializzati i suoi ambiziosi progetti (puntualmente mai realizzati come Twilight of the Dead, Dusk of the Dead, Dead Reckoning o la tanto sospirata regia di Resident Evil), dopo aver visto i suoi zombi esaltati dai videogame (ma anche travisati) e dopo le prese in giro di produttori come la New Line e factory dell'entertainment come la Konami, finalmente Romero riesce a riproporre i suoi incubi su celluloide. Se questi sono i risultati c'è da sperare parecchio per la rinascita del cinema di genere occidentale e la fine del dominio dei teen movie in stile "Scream".