Anaconda 4: Rastro de sangre backdrop
Anaconda 4: Rastro de sangre poster

ANACONDA 4: RASTRO DE SANGRE

Anacondas: Trail of Blood

2009 US
julio 16, 2009

Una cría de anaconda, genéticamente mejorada, se ha regenerado y crece monstruosamente. La cría sedienta de sangre es aparentemente invencible, y se desliza entre explosiones y disparos para regenerarse y alimentarse insaciablemente de todo lo que se encuentre en su camino.

Directores

Don E. FauntLeRoy

Reparto

Crystal Allen, Linden Ashby, Danny Midwinter, Calin Stanciu, Ana Ularu, Claudiu Bleonţ, Anca Androne, Emil Hostina, Alexandru Potocean, John Rhys-Davies
Avventura Horror Thriller
HMDB

RESEÑAS (1)

GG

Giuliano Giacomelli

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Il multi-milionario Murdoch continua a finanziare le ricerche scientifiche sugli anaconda nell’Europa dell’Est al fine di estrapolare l’elisir dell’eterna giovinezza e guarire, così, dal cancro che lentamente lo sta conducendo alla morte. Ma lo scienziato che sta lavorando all’elisir scompare misteriosamente e Murdoch, credendo che l’uomo sia fuggito con il siero per mettersi al servizio di qualche industria farmaceutica, ingaggia un killer affidandogli il compito di ritrovare lo scienziato, recuperare il siero ed uccidere chiunque possa intromettersi nella missione. Ma nel frattempo un grosso anaconda dai poteri rigeneranti è fuggito dai laboratori e sarà pronto a fare stragi tra un manipolo di giovani ed incauti archeologi. Siamo giunti al quarto (e speriamo ultimo) capitolo di questa piccola saga iniziata nell’ormai lontano 1997 da Luis Llosa e proseguita negli anni a venire, passando per le mani di Dwight Little fino a cadere nella morsa del maldestro Don E. FauntLeRoy (che gareggia con M.Night Shyamalan per il nome più lungo e impronunciabile) che in un sol colpo e in barba a tutti dirige “Anaconda 3” e “Anaconda 4”, o per meglio dire i capitoli più putridi dell’intera quadrilogia. Facendo un piccolissimo quadretto riassuntivo ci viene impossibile non notare immediatamente come l’intera saga sia suddivisa a sua volta in altre due saga: da una parte abbiamo il primo “Anaconda”, dall’altra possiamo rinchiudere tutto il resto. Ormai della popolazione Indios Shirishama, del serpentone venerato come fosse una divinità e, più in generale, di quel marcato e perfetto connubio tra l’horror e l’avventura non ne è rimasto più nulla. Il tema che sembra aver avuto la meglio, e che sembra aver catturato maggiormente l’interesse degli sceneggiatori e dei produttori, è quello introdotto nel secondo film e caratterizzato da toni molto più fantasy o fantascientifici: orchidee selvatiche dai misteriosi poteri rigeneranti e serpentoni resi invincibili proprio da quest’ultima. Ecco quindi che sia “Anaconda 3” che questo “Anaconda 4” si ricollegano direttamente al primo sequel e decidono di portare avanti il discorso sulla rigenerazione ampliandolo e ingigantendolo con una serie di “stronzate” talmente grosse da mettere a dura prova la pazienza e l’intelligenza dello spettatore. Abbiamo già parlato di “Anaconda 3” e di tutte le sue innumerevoli assurdità (nonché sfondoni zoologici) insite nel plot; veniamo ora ad “Anaconda 4” e cioè al primo vero capitolo che si impone come autentico sequel dato che inizia lì dove finiva il terzo film e richiama all’appello personaggi visti nel capitolo precedente. La premessa di ritrovare stessi personaggi e stesse situazioni, unita al cattivo auspicio di ritrovare anche lo stesso tizio in cabina di regia, non è certo delle migliori e potrebbe sin da subito dirla lunga sulla qualità effettiva della pellicola in considerazione. Tuttavia non facciamo il passo più lungo della gamba e non traiamo conclusioni affrettate, perché se da una parte è vero che “Anaconda 4” è un film al limite del guardabile, è anche vero che qualche piccolissimo miglioramento rispetto ad “Anaconda 3” c’è stato. Ogni cosa pare restar succube dell’enorme incompetenza generale che manovra il tutto (ma non poteva essere altrimenti, il team che si nasconde dietro i due film è lo stesso), ma se non altro questa volta le idiozie sono tenute a freno (c’è solo un serpente che si rigenera) e gli effettacci speciali in computer grafica compiono un salto di qualità passando da osceni a semplicemente brutti. Ciò che rimane un mistero e davvero lascia a bocca aperta, però, è il design dell’animale che tutto sembra tranne un anaconda. Si va per assurdo e l’animale più che un serpente sembra un drago uscito da non so quale cartoon giapponese o meglio ancora un mostro fuoriuscito dalla penna di Tolkien. Niente, ma proprio niente, è capace di richiamare alla memoria quella che è l’anaconda che si annida nell’immaginario di tutti noi e se proprio vogliamo ricondurre l’essere che striscia in questo film a qualche serpente esistente in natura, con tutti i dovuti sforzi, ci viene più facile ricondurlo a serpenti quali la vipera, o magari il crotalo. Ma non all’anaconda, no di certo! Su tutto il resto cosa dire? Valgono più o meno le stesse parole spese per il terzo film. La regia è piatta, la sceneggiatura fatica non poco ad ingranare la marcia e risulta fiacca a tal punto da sfociare tranquillamente nella noia e tutti gli attori (salvo qualche piccola eccezione) sono così anonimi da indurre il più maligno degli spettatori a pensare che siano stati ingaggiati alla buona tra le strade della Romania (dove il film è stato girato) e ricompensati con una cassa di birre. Sul versante gore/splatter poco da dire: questa saga non ha mai avuto modo di brillare in questo campo così che il massimo che questo “Anaconda 4” può offrire sono una serie di schizzi di sangue realizzati grossolanamente in digitale, nulla di più. Poco altro resta da dire. L’unica cosa da fare è sperare – malgrado il minaccioso finale aperto – che quella di “Anaconda” è una saga di cui non dovremmo più parlare nei tempi che verranno. Quattro film per una storia che sin dal principio non aveva molto da dire ci sembrano abbastanza, no?

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