Antichrist backdrop
Antichrist poster

ANTICHRIST

2009 DK
maggio 20, 2009

Il film, che riprende la teoria secondo la quale il mondo sarebbe stato creato da Satana e non da Dio, vede una coppia che, in seguito alla morte del figlio caduto da una finestra, cerca un po' di pace andando a trascorrere un breve periodo di vacanza nei boschi, provando così a recuperare il loro rapporto, caduto in una crisi profonda. Le esperienze di cui saranno testimoni, però, sono quanto di più terrificante ed inumano si possa mai immaginare...

Registi

Lars von Trier

Cast

Willem Dafoe, Charlotte Gainsbourg, Storm Acheche Sahlstrøm
Dramma Horror Thriller
HMDB

RECENSIONI (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Mentre una coppia è intenta a fare l’amore, il loro bambino esce dalla culla, si arrampica sul davanzale della finestra e precipita morendo. Ad un mese di distanza dal tragico evento, la donna è ancora tormentata dal dolore e dal senso di colpa, così suo marito, che è uno psicoterapeuta, decide di trovare una soluzione alla sua depressione scovando e facendole affrontare la sua peggiore paura. I due, allora, si dirigono a Eden, una località boschiva in cui la donna era solita rifugiarsi con il bambino per scrivere la sua tesi di laurea e che ora, improvvisamente, è diventato il luogo che più la intimorisce. Ma il soggiorno nella baita in mezzo ai boschi diventa per la coppia un terribile incubo colmo di eventi inquietanti e sanguinosi. Si dice che “Antichrist” sia scaturito da un momento di profonda depressione che il regista Lars Von Trier ha attraversato qualche anno fa, e non si fatica a crederlo, visto il pessimismo esistenziale, la disperazione e un costante senso di disagio che scaturisce da ogni fotogramma di questo film. “Antichrist” è un’opera altamente anomala, una seduta di auto-analisi lunga 110 minuti che assume la forma di un intimistico, e allo stesso tempo universale, affresco di paure, timori e ossessioni. Von Trier firma una delle sue opere più bizzarre e diseguali, eppure dà vita a un’affascinante perla del colore della pece. Articolando la narrazione per capitoli, ognuno dedicato ad una fase dello stato depressivo della protagonista, il regista scrive un vangelo nero che inizia con la morte di un innocente e prosegue con un ossessivo lutto che si trasforma in follia e martirio, fino a giungere a un epilogo tanto liberatorio quanto inquietantemente apocalittico. Il lutto e il conseguente dolore, però, sono un semplice espediente che trascenda sul piano della realtà tangibile una situazione di astrazione metafisica che affonda le radici nella simbologia religiosa e nel paganesimo, in cui Dio è completamente oscurato dall’azione di Satana, libero di agire attraverso i suoi “messaggeri”. In una situazione di continuo alternarsi tra simbolismo e religione, psichiatria, follia e violenza estrema si dipana l’universo di “Antichrist”, in cui due soli, bravissimi, attori si improvvisano novelli Adamo ed Eva, veicoli e vittime del peccato, che facendo ritorno al Paradiso (Eden, la località boschiva in cui si ambienta gran parte del film, è un nome esplicativo) si ritrovano però nelle spire del maligno. Eden è un mondo senza regole in cui “Il caos regna”, un luogo tanto immacolato quanto inzuppato di morbosità e malvagità. In questo l’operato di Von Trier è stato esemplare, capace di conferire un reale alone di inquietudine in ogni singolo movimento di macchina intento a sottolineare l’ondeggiare delle foglie e la caduta delle ghiande; in questo caso l’appropriato utilizzo dei suoni (il vento in particolare, ma anche l’ossessivo ticchettio delle ghiande, prima, e della grandine, poi) riesce da solo a creare una efficace atmosfera che in più di un’occasione è capace di far venire la pelle d’oca allo spettatore. E dal momento che in questo luogo senza tempo e senza regole è il caos, è il maligno, a fare da padrone, le carte in tavola vengono continuamente mescolate: l’uomo tiene la situazione sotto controllo, è attento, calcolatore e capace di reagire con fermezza ai presagi (i tre medicanti) che gli si manifestano; allo stesso tempo, però, l’uomo è debole, preda del desiderio sessuale che lo conduce allo scardinamento di tutte le sue certezze. La donna è simbolo del peccato, è l’Eva che coglie la mela in un moto continuo e sempre più atipico, è prima vittima e poi tentatrice, carnefice e poi ancora martire. La donna è (anti)Cristo e attraverso il suo sacrificio una nuova realtà si presenta alla percezione umana. Von Trier e il suo film sono finiti al centro di un gonfiatissimo scandalo che, inaspettatamente, ha causato l’avversione di molta critica. Invece della prevedibile maggioranza di consensi, a Cannes 2009 (dove “Antichrist” è stato presentato in concorso) il film di Von Trier ha collezionato specialmente fischi, accusato in modo piuttosto scellerato di misoginia, pornografia e compiacimento per la violenza estrema. La misoginia è relativa e dipende soprattutto dalla chiave con cui si legge l’opera – e ne esistono molte – fruibile anche come una pellicola femminista che reinterpreta il “Gynocide” passato (presente e futuro), fornendo una forma di rivincita alla donna-vittima. Riguardo la violenza, la pornografia e la pornografia della violenza, è vero, il film ne fa uso, a volte ne è perfino pregno, ma il tutto è sempre perfettamente funzionale. L’erotismo si tinge di connotazioni pornografiche in un paio di scene, ma questo non fa altro che aumentare la carica di disagio che il film DEVE trasmettere nello spettatore, e nel quale riesce in pieno, grazie ai corpi maturi e a-erotici dei due protagonisti. La violenza visiva assume, soprattutto nell’ultima mezz’ora, livelli altissimi e vede in scena mutilazioni e automutilazioni che raggiungono l’apice con eiaculazioni al sangue e infibulazioni. Willem Dafoe (“Existenz”; “Spiderman”) e Charlotte Gainsbourg (“Nuovomondo”; “Io non sono qui”) sono gli unici due attori sulla scena, perfetti e particolarmente calati nella difficile parte (il che ha premiato la Gainsbourg con la palma d’oro a Cannes). Von Trier dirige con grande maestria, sperimentando meno del solito ma giocando la carta dell’eleganza formale che sfrutta l’alternanza del bianco e nero (prologo ed epilogo) e dei colori pastello, il susseguirsi di musiche liriche (“Lascia che io pianga” di Hendel, ancora per prologo ed epilogo) e inquietanti suoni boschivi. “Antichrist” non è un film per tutti, anzi, forse è un film per pochi. Un originale, anomalo, complesso, a volte perfino criptico, horror che congiunge fisico e psichico, carne e cervello e ha il pregio di prestarsi a molteplici interpretazioni. Una bellissima voce fuori dal coro che ha forse l’unica colpa di ostentare un insistito auto-compiacimento. Guardatelo. Amatelo, odiatelo ma guardatelo.