The Last Circus backdrop
The Last Circus poster

THE LAST CIRCUS

Balada triste de trompeta

2010 BE
December 17, 2010

A trapeze artist must decide between her lust for Sergio, the Happy Clown, or her affection for Javier, the Sad Clown, both of whom are deeply disturbed.

Directors

Álex de la Iglesia

Cast

Carlos Areces, Carolina Bang, Antonio de la Torre, Manuel Tallafé, Enrique Villén, Santiago Segura, Alejandro Tejerías, Manuel Tejada, Gracia Olayo, Sancho Gracia
Avventura Dramma Horror Commedia Thriller
HMDB

REVIEWS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Javier è cresciuto in un circo, figlio di un pagliaccio triste che durante la guerra civile spagnola è stato chiamato a combattere e morire contro il regime franchista. Javier è stato educato con un solo obiettivo, diventare un pagliaccio triste come suo padre e un giorno finalmente sembra aver esaudito il suo desiderio. L’uomo viene infatti assunto in un circo a fare da spalla al pagliaccio buffo Sergio, ma l’ambiente non è dei più confortanti e soprattutto Sergio si rivela un despota, violento e dai modi eccessivi. La situazione per Javier si complica quando si innamora di Natalia, la trapezista, che è proprio la donna di Sergio. Tra i due clown si viene così a instaurare una rivalità che si trasforma ben presto in una guerra all’ultimo sangue. Alex de la Iglesia è un pazzo e i suoi film esprimono tutta la sua follia, sia a livello visivo che narrativo. Ma Alex de la Iglesia è un pazzo perché è un genio, e come ben sappiamo, spesso i due appellativi finiscono per coincidere. La carriera di questo regista è costellata da film personali e deliranti, ma sempre di estrema qualità, ad eccezione dell’unica grossa produzione a cui ha partecipato “The Oxford Murders”, dove, come spesso accade quando si lavora su commissione, quell’alone di follia è completamente assente. Per il resto da “Azione mutante” a “Crimen Perfecto”, passando per “El dia del la bestia” a “La Comunidad” abbiamo sempre e solo esempi di cinema anarchico e creativo, manifesti di grande talento, vera idea di cinema anticonvenzionale. E “Ballata dell’odio e dell’amore”, sua ultima fatica arrivata in Italia colpevolmente con oltre due anni di ritardo, è forse la sintesi perfetta e conferma estrema del talento genuino e schizzato di De la Iglesia. “Ballata dell’odio e dell’amore” parte subito in quarta mostrandoci la bizzarra situazione in cui il personale di un circo viene arruolato improvvisamente per combattere in guerra; sorpresi mentre si esibiscono, i clown finiscono ad imbracciare baionette e machete mentre sono ancora truccati e abbigliati con la divisa da lavoro e tra questi c’è il clown triste interpretato dal Commissario Torrente Santiago Segura, che fa a fette gli uomini di Franco a colpi di machete. Un incipit folgorante che è già tutto un programma, dopo di che siamo proiettati a trent’anni di distanza, in cui troviamo il figlio di quel pagliaccio assassino che cerca di intraprendere la stessa via del padre… in tutti i sensi, compresi i fiumi di sangue. È difficile etichettare “Ballata dell’odio e dell’amore” in un genere specifico, visto che si spazia dal bellico, al melò all’horror con tale noncuranza da farci apparire il film un qualche cosa di unico, una sorta di miscuglio tra il Federico Fellini meno commerciale e Rob Zombie, pregno di immagini bellissime e poetiche che si alternano a scene splatter di incredibile violenza. La vicenda del clown triste Javier, interpretato da un bravissimo Carlos Areces (“Gli amanti passeggeri”), si tinge fin da subito di epicità, creando un inedito mash-up di follia personale e collettiva. È immediato il raffronto tra l’idiozia della guerra e lo stato mentale alterato dei personaggi che popolano il film, introducendoci una guerra da barzelletta che comprende soldati con naso rosso e tutù. Parallelamente seguiamo le vicende assurde e paradossali di un clown triste che non riesce, anzi non può per stessa ammissione del suo ruolo, raggiungere la felicità, dunque non gli rimane altro che abbandonarsi a quella follia che è parte integrante del film sia a carattere diegetico che extradiegetico. E la sua discesa nell’abisso è repentina e irreale, facendoci sospettare che forse Javier folle lo è sempre stato. Il parco di personaggi mostratoci da De la Iglesia è variegato e memorabile, se il triangolo Javier-Natalia-Sergio è esemplare, simpatici sono i tipi che popolano il circo, dal motociclista scavezzacollo che non riesce a fare la sua esibizione, al saggio e disilluso domatore che ha perso la moglie schiacciata dalla sua elefantessa troppo gelosa. Bella la fotografia funerea che tende costantemente al grigio e fantastici i costumi che denotano un look marcio e malsano per i protagonisti della vicenda. L’unica cosa che convince solo in parte è qualche passaggio della sceneggiatura perché se da un parte possiamo accettare facilmente il repentino scivolare nella follia del protagonista, dall’altro appare pretestuoso o mal sfruttato il suo secondo incontro fortuito con il Colonnello Salcedo, inoltre si può notare all’inizio dell’ultimo atto un passaggio piuttosto frettoloso che fa quasi sospettare che ci sia stato qualche taglio. Comunque “Ballata dell’odio e dell’amore” è un film unico, bellissimo nel suo voler essere “altro” sempre e comunque, così carico di inventiva e scelte apparentemente impopolari per un grande pubblico. E poi vedere un pagliaccio disperato è forse la cosa più ironica che ci sia. Tra i molti riconoscimenti ricevuti, “Ballata dell’odio e dell’amore” ha vinto anche il Leone d’argento a Venezia per la regia di De la Iglesia; oggi distribuito in DVD e Blu Ray disc da CG Home Video e Mikado.

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