Buried backdrop
Buried poster

BURIED

2010 FR
septembre 24, 2010

Ouvrez les yeux. Vous êtes dans un espace clos, sous une tonne de terre irakienne avec 90 minutes d’oxygène et pour seule connexion vers l’extérieur un téléphone portable à moitié rechargé. Tel est le destin de Paul, entrepreneur Américain prit en otage et enfermé dans un cercueil. Le temps file et chaque seconde qui passe le rapproche d’une mort certaine…

Réalisateurs

Rodrigo Cortés

Distribution

Ryan Reynolds, José Luis García Pérez, Robert Paterson, Stephen Tobolowsky, Samantha Mathis, Ivana Miño, Warner Loughlin, Erik Palladino, Kali Rocha, Chris William Martin
Drame Thriller Mystère
HMDB

CRITIQUES (1)

RG

Roberto Giacomelli

skull skull skull skull empty skull
Un uomo si sveglia in una cassa, sepolto sotto terra. Non sa come è finito lì e chi ce l’ha messo. Con se ha solamente un accendino e un telefono cellulare. Quando il telefono squilla l’uomo si renderà conto della situazione in cui è finito. Da quel momento avrà solo novanta minuti d’aria per trovare un modo per uscire da lì. La claustrofobia al cinema funziona sempre piuttosto bene. Si tratta di una paura comune e anche chi non ne soffre in modo patologico è sempre e comunque a disagio in situazioni che possano scaturirne i sintomi. Luoghi bui, esigui, in cui si fa fatica a respirare, a muoversi, vere e proprie trappole in cui chi vi entra ha difficoltà ad uscirne: è normale che situazioni del genere siano temute da un essere vivente e dal suo naturale istinto di conservazione. Lo spagnolo Rodrigo Còrtes ha voluto esagerare, non si è accontentato di creare una scena ad alto tasso ansiogeno e immergere il suo protagonista in pochi minuti da claustrofobia assicurata…no, troppo poco. Così ha voluto costruire l’intero film su una situazione di estrema difficoltà, 90 minuti di buio, scarsezza d’aria e terrore. Còrtes ha confezionato, così, un film che definire angosciante è riduttivo, un’esperienza piuttosto che la semplice visione di un storia di fiction, un magnifico esempio di minimalismo cinematografico carico di patos e tensione. Còrtes e lo sceneggiatore quasi esordiente Chris Sparling riescono in un’operazione che oggi giorno appare sempre più difficile da realizzare, portare lo spettatore a un massimo coinvolgimento emozionale nella vicenda. Concentrandosi esclusivamente su un unico personaggio, in un’unica location e sviluppando la storia in tempo reale, lo spettatore immancabilmente finisce per immedesimarsi con il protagonista; la marcia in più di “Buried” è, poi, l’aver costruito un buon protagonista, una persona umana, molto vicina all’essere dello spettatore reale. Il trasportatore Paul Conroy, interpretato da un bravo e coinvolto Ryan Reynolds (“Amityville Horror”; “Ricatto d’amore”), ha un background credibile, ha preso decisioni votate dall’attualità, da una crisi economica che porta il protagonista occidentale a fare scelte lavorative che in altre condizioni magari non avrebbe fatto. E in questo senso, la scena in cui viene licenziato telefonicamente dalla compagnia per la quale lavora è tra le cose più crudeli e ciniche che si siano viste al cinema negli ultimi anni, davvero capace di far provare rabbia nello spettatore. Ma è questa la magia di “Buried”: 90 minuti di videocamera fissa su Ryan Reynolds, una trovata che porta all’empatia completa, a una particolare sinergia che ci conduce all’immedesimazione in modo tale che ad un certo punto ci interesserà davvero della sorte di Paul, ci saremo affezionati a lui. Il dipanarsi della trama e delle ragioni che muovono l’intrappolamento del protagonista sono un altro punto a favore del film, una serie avvincente di colpi di scena incentrati sul botta e risposta telefonico che Paul ha con i suoi aguzzini, le autorità con cui si mette in contatto e i suoi familiari. Dalle conversazioni emerge il ritratto di un’umanità gretta, falsa, votata all’inganno e all’arrivismo individuale, un dipinto pessimista dell’essere umano, ma così dannatamente reale. Le istituzioni governative ne escono distrutte, la famiglia dell’American Dream mai realmente avveratosi anche, la criminalità (dis)organizzata può facilmente far da padrone e la paura è reale, tangibile e incredibilmente ancorata alla cronaca e alla politica attuale. “Buried” è un film che vince e convince, carico di tensione e con una trama avvincete e originale. Quello di Còrtes è un film diverso dalla massa, quasi antitetico all’attuale concezione di thriller, in cui la sfarzosità scenografica, la grandezza produttiva e la violenza visiva dominano. “Buried” è un film visivamente ridotto all’osso – e per questo a molti potrebbe non piacere – realizzato con poco, pochissimo, e incentrato esclusivamente su un’efficacissima violenza psicologica, una tortura della mente più che del corpo che rimane impressa nello spettatore ben più che qualsiasi smembramento alla “Saw”. Sceneggiatura di ferro, attore perfetto, tensione ai massimi livelli, originalità. Un gioiellino, senza se e senza ma capace di ridefinire il genere thriller. Da non perdere.

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