MC
Marco Castellini
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Fenton Meek contatta l’FBI per denunciare il fratello Adam, convinto che si tratti del responsabile di una serie di delitti opera di un serial killer che si firma “Mano di Dio”. All’agente che si occupa delle indagini Fenton comincia a raccontare la sua infanzia segnata dalla follia del padre, ossessionato dall’idea di distruggere i demoni che si nascondono dentro ogni essere umano. Una “missione” che riscuoteva l’ammirazione dell’allora fanciullo Adam, e, invece, il disprezzo di Fenton… Interpretato e diretto da Bill Paxton (“Boxing Helena”, “Twister”, “Titanic”), che per la prima volta si cimenta dietro la macchina da presa, e scritto da Brent Hanley, “Frailty” è un thriller metafisico che investe molto sulla trama e meno sugli effetti speciali, quasi inesistenti. Il film è tutto incentrato sulla figura del padre (Bill Paxton): fino al termine lo spettatore non ha modo di sapere se si tratti di un folle assassino o di un ispirato da Dio, e proprio per questo la pellicola mantiene vivo un certo interesse e conserva una buona dose di suspense, nonostante un ritmo non certo brillante. Tutto ciò grazie soprattutto alla solida sceneggiatura di Brent Hanley, che gioca volutamente sull’ambiguità della situazione, toccando tematiche sociali frequenti come l’esaltazione mistica e gli omicidi seriali a sfondo religioso. Quello di cui veramente difetta questo “Frailty” – oltre che, come detto, di un po’ di ritmo – è, come sempre più spesso accade, di una buona dose di…sangue! Molti omicidi – tutti eseguiti con accetta – e neppure una goccia di sangue versato! È vero che la qualità di un horror (o thriller che sia) non si misura certo con i litri (o meglio gocce) di sangue versato, ma che ogni omicidio si risolva con una mannaia che si alza, il rumore del colpo inferto e una schermata nera proprio non và giù! Sapendo poi che si trattava di un film indipendente e a basso budget si sperava in un po’ più di “coraggio”. Per finire va fatto un accenno alla sterile “polemica” legata alla campagna pubblicitaria per il lancio del film, che è stato pubblicizzato riportando i fin troppo positivi commenti di tre eminenti personalità del settore come Stephen King, Sam Raimi e James Cameron, i quali osannavano “Frailty” come un capolavoro del cinema del brivido. Peccato che non si sia ricordato che tutti e tre i personaggi sono cari amici del neo-regista Paxton e che uno di loro, precisamente King, ha anche partecipato, se pur con un minimo apporto, alla realizzazione del film. Forse i loro entusiastici commenti non sono stati proprio “disinteressati”…