Frontière(s) backdrop
Frontière(s) poster

FRONTIÈRE(S)

2007 FR
juillet 1, 2007

De jeunes banlieusards commettent un braquage. Poursuivis par des flics hargneux, les membres de la bande dépassent la « frontière » de leur propre violence. Ils s'enfuient et débarquent dans une auberge perdue en pleine forêt. Les tenanciers de cet étrange établissement vont peu à peu montrer leurs vrais visages : celui de la folie et de la mort !

Réalisateurs

Xavier Gens

Distribution

Samuel Le Bihan, Chems Dahmani, Karina Testa, Aurélien Wiik, Patrick Ligardes, David Saracino, Maud Forget, Amélie Daure, Estelle Lefébure, Rosine Favey
Drame Horreur Action Thriller
HMDB

CRITIQUES (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Periferia parigina. In un clima di generale disordine urbano dovuto a scontri violenti tra polizia e giovani rivoluzionari, alcuni ragazzi ne approfittano per rapinare una banca. Il colpo non va a buon fine e uno di loro rimane ucciso, i rimanenti quattro, divisi in due gruppi, si dirigono al confine con il Lussemburgo, con l’intento di arrivare al più presto in Olanda. Giunta la notte, i ragazzi decidono di rifugiarsi in una locanda in mezzo alla campagna, ma per loro sfortuna il locale è gestito da una famiglia di neo-nazisti con la passione per la tortura e il cannibalismo. Se la mancanza di originalità al cinema fosse un reato “Frontiers” meriterebbe il massimo della pena. Xavier Gens, che da lì a poco sarebbe volato in America a dirigere “Hitman”, infatti realizza un film che considerare derivato è riduttivo: “L’Odio”, “The Descent”, “Psycho”, “Hostel”, “La casa nera” e ovviamente “Non aprite quella porta” sono sviscerati, saccheggiati, omaggiati e cuciti insieme per dar vita ad un lungometraggio che percorre sentieri già tracciati. Già, ma l’originalità oggi giorno è cosa rara da trovare e così, tra un remake ufficiale, uno mascherato da film “originale” e un patchwork di film cult ci troviamo a valutare sempre più spesso storie che echeggiano altre storie, ma il bello è che a volte quest’eco ha un suono così sublime e ipnotico da farci dimenticare la fonte di provenienza e farci godere appieno della nuova melodia. “Frontiers” è proprio così! Ciò che maggiormente colpisce e che subito salta all’occhio del film di Gens è l’esplicita componente politica che aleggia sull’intera vicenda. Il film si apre con video pseudo documentaristici che illustrano una rivolta di routine, di quelle che di tanto in tanto infiammano le strade di periferia di alcuni grandi centri urbani. Nello specifico siamo però in Francia, nelle banlieue cariche di rabbia e di violenza in cui Mattheu Kassovitz ambientò quel piccolo capolavoro che è “L’Odio”; anche questa volta gli scontri avvengono tra giovani e polizia e con espliciti richiami si riferiscono ai disordini avvenuti nel 2002 quando l’estrema destra di Le Pen non salì al governo per un soffio. Ma la paura genera mostri, sembra dirci il regista e sceneggiatore, che con un ironico e grandguignolesco sbalzo di realtà incarna l’estrema destra francese in una terrificante famiglia nonapritequellaportiana, composta, ovviamente, da un manipolo di neo-nazisti vogliosi di perpetrare la purezza della loro razza. La famiglia capeggiata da il Padre Von Geisler (un fantastico Jean-Pierre Jorris) è una sorta di particella impazzita all’interno di una società allo sfascio, un segnale di sbando e alla stesso tempo ancoraggio di realtà cosciente che si muove a ritroso nel tempo per eliminare, a suo modo, il male della società, con regole ferree, rispetto della gerarchia e senso del sacrificio (alrui). In un certo senso si potrebbe considerare la famiglia neo-nazista di “Frontiers” l’esatto opposto di quella di “Non aprite quella porta”: da una parte fanatici puristi della razza che allontanano i deformi e si cibano letteralmente dei “non puri”, arianamente parlando; dalla parte opposta abbiamo invece la famiglia proletaria scalzata e resa “pericolosa” dal progresso e dall’industrializzazione, un tabernacolo di freaks che si accaniscono, al contrario, contro giovani belli e vitali per renderli alla loro stregua. In entrambi i casi c’è un senso della trasfigurazione grottesca e orrorifica del potere, che ha così un corrispondente “mostruoso” per entrambi i colori politici, come a voler dimostrare che la differenza politica è solo all’apparenza, perché nella sostanza è comunque la massa (i giovani, il futuro della società) ad essere vittima cannibalizzata. E’ interessante notare in “Frontiers” anche un’esplicita riflessione sulla violenza. Il film fa della violenza mostrata il suo cavallo di battaglia, così come molto del cinema contemporaneo dell’orrore, arrivando ad eccessi che gli hanno fatto beccare il divieto ai minori praticamente in ogni paese. Ma la violenza sembra in questo caso l’unico linguaggio che gli attanti comprendono: rivoltosi e forze dell’ordine usano spranghe e manganelli per comunicare l’odio, la giustizia e la repressione; i giovani protagonisti si accaniscono fisicamente contro chi sbarra loro la fuga; la famiglia di psicopatici si esprime unicamente con atti di violenza interna-repressa e verso gli estranei. Fino a giungere a Yasmine, la protagonista femminile (interpretata dalla bravissima e intensa Karina Testa), futura mamma che è costretta ad imparare lo stesso linguaggio della violenza per poter far sentire la sua voce in un mondo dominato dal caos. Per avere un quadro completo della preziosità di un’opera carica di contenuti, spettacolo e violenza, basti guardare anche all’ottima confezione che ad un’ispirata regia unisce un montaggio convulso e nervoso ideale per esprimere la rabbia, l’odio e la follia dei personaggi, e una fotografia molto curata che predilige l’alternarsi di colori scuri, freddi, a colori accesi, caldi, con però alcuni eccessi di buio che rendono poco chiare alcune scene. “Frontiers” è già detto; “Frontiers” è già visto; “Frontiers” è una storia tutta nuova.