RG
Roberto Giacomelli
•
Stacey e Mark conducono una vita felice in Africa, ma un giorno Mark ha un incidente e perde la vita. Stacey, distrutta dal dolore, comincia a vedere Mark ovunque e lo sogna ogni notte, perfino di fare l’amore con lui. Alcuni mesi dopo, però, Stacey si accorge di essere incinta e nasce Martin, uno strano bambino che mostra da subito un morboso attaccamento nei confronti della madre. Ma il comportamento di Martin si fa sempre più strano e ambiguo, fino a far pensare a Stacey che il bambino sia un tramite tra lei e lo spirito inquieto di Mark.
Lamberto Bava è tornato. Dopo il disastroso e poco “visibile” “The Torturer”, distribuito per il solo mercato dell’home video nel 2005, ecco nuovamente riaffacciarsi in campo horror Bava Jr. con “Ghost Son”, un prodotto, stavolta, frutto di una ricca collaborazione tra Italia, Spagna, Gran Bretagna e Sud Africa per una distribuzione destinata al grande schermo. Purtroppo, però, il risultato non è troppo migliore in confronto al filmetto del 2005 e l’aria di “occasione sprecata” si respira ovunque in questo lungometraggio.
Il budget medio-alto nelle mani del regista e il manipolo di ottimi attori a disposizione, non sono riusciti ad evitare che il risultato fosse uno sciatto thriller che annaspa con fatica tra il già visto e la noia più assoluta.
La storia di base non è particolarmente interessante e, dalle stesse dichiarazioni del regista, sarebbe dovuta essere una storia d’amore soprannaturale che facesse l’occhiolino al “Ghost” che lanciò nello star system Demi Moore. In effetti tutto parte da una storia d’amore e anche il finale in balia dei buoni sentimenti lo conferma, però la “svolta” horror che acquista il film con l’avanzare dei minuti è poco plausibile e davvero stona troppo con il resto della storia: l’idea del bambino posseduto non è brutta, anzi, probabilmente è la vera componente riuscita del film, però, ipotizzare l’incattivimento del fantasma non ha alcun fondamento e pare un’idea così forzata da far ipotizzare che sia stata pensata semplicemente per mancanza di un “quid” che portasse avanti il plot.
L’ora e mezza abbondante di film scorre in modo troppo lento e la reale mancanza di scene clou o di eventi significativi nella narrazione portano lo spettatore a più di uno sbadiglio. Ciò è causato anche da una pessima gestione dei momenti di suspance di cui il film avrebbe potuto giovarsi, invece tutto ciò che poteva creare tensione non viene minimamente sfruttato, risolvendo in noia ogni momento evocativo.
Altra grandissima pecca di “Ghost son” è lo sfociare nel ridicolo involontario in più di un’occasione, come ad esempio il comicissimo e fantozziano geyser di vomito che investe la protagonista che tenta di far fare il ruttino al figlio o il momento in cui il bimbo posseduto parla con la voce del padre defunto.
Il reparto attori, come si è detto in precedenza, è sicuramente di buon livello anche se non tutti i volti sono stati sfruttati a dovere: troppo poco spazio viene dato al personaggio interpretato dal bravo Pete Postlethwaite (“Il mondo perduto”; “Dragonheart”), poco adatto al ruolo di villain appare il volto bonario di John Hannah (“Sliding Doors”; “La Mummia”), mentre piuttosto convincente risulta Laura Harring (“Mulholland Drive”, “The Punisher”), anche se l’attenzione dello spettatore cade con più frequenza sulle sue grazie piuttosto che sulla sua performance recitativa.
Gli effetti speciali di Sergio Stivaletti sono, come sempre, di ottimo livello e decisamente poco intrusivi, così come appare molto curata la fotografia di Giovanni Canevari e le musiche di Paolo Vivaldi; ma in generale non si può di certo considerare “Ghost Son” un film riuscito, anzi…
Attendiamo una nuova prova di Lamberto Bava, ma aver fallito in modo così eclatante con una produzione di questo genere non fa di certo ben sparare per il futuro.