Death Proof backdrop
Death Proof poster

DEATH PROOF

2007 US
mayo 22, 2007

"Death Proof", dirigida por Tarantino, gira en torno a un psicópata de la carretera llamado Especialista Mike, un asesino en serie que va aniquilando a sus víctimas, siempre chicas jóvenes, con su coche de especialista "a prueba de muerte".

Reparto

Kurt Russell, Zoë Bell, Rosario Dawson, Vanessa Ferlito, Sydney Tamiia Poitier, Tracie Thoms, Rose McGowan, Jordan Ladd, Mary Elizabeth Winstead, Quentin Tarantino
Acción Suspense
HMDB

RESEÑAS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Stuntman Mike è uno psicopatico con un passato da stuntman nei film di serie B, che scorrazza a bordo della sua potente fuoriserie truccata in cerca di giovani e attraenti donne da trucidare. La sua scelta cade su tre ragazze che, dopo aver fatto una sosta in un bar di periferia per incontrare una quarta amica, sono dirette nella baita sul lago di una di loro per passare il week-end. GRINDHOUSE. Il suggestivo nome evoca il rumore stridente che producevo le macchine per la proiezione delle pellicole, le Grindhouse erano delle squallide salette di periferia che a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 affollavano i vicoli delle città americane; pagando un solo biglietto si poteva assistere ad un double feature, ovvero un doppio spettacolo, e protagonisti di queste proiezioni a buon mercato erano film di serie B, che cavalcavano i più disparati generi: dagli horror agli action, dalla fantascienza all’erotico, ma si poteva scendere ancora più nel profondo e assistere a women-in-prisnon movies, spaghetti-western, bikers movies, kung-fu movies, party-on-the-beach movies e tanti altri; spesso in pessime condizioni audio e video, con pizze mancanti, audio traballante e fuori fuoco frequente. Quentin Tarantino e Robert Rodriguez, entrambi cresciuti frequentando le salette Grindhouse e venerando i b-movies che in esse erano soliti essere trasmessi, hanno avuto la bella pensata di riproporre al giorno d’oggi la formula double feature di genere, dirigendo un lungometraggio ciascuno da proporre al pubblico in un unico lungo spettacolo intervallato da quattro fake trailers, ovvero anticipazioni di film del tutto fittizi, diretti da tre giovani pupilli del cinema pulp (Rob Zombie, Eli Roth, Edgar Wright; il quarto trailer è stato diretto dallo stesso Rodriguez). “Grindhouse” appare così suddiviso in due film: “Death Proof” (in Italia “A prova di morte”), diretto da Quentin Tarantino e “Planet Terror”, di Robert Rodriguez; in Europa, però, dopo il clamoroso flop al botteghino Usa, “Grindhouse” è stato brutalmente diviso in due e distribuito con due differenti uscite, snaturando così l’operazione nostalgia a cui Rodriguez e Tarantino avevano dato vita. A PROVA DI MORTE. Le auto usate dagli stuntmen durante le scene pericolose dei film d’azione sono definite “a prova di morte”, cioè devono assicurare allo stunt alla guida l’assoluta integrità fisica. “A prova di morte” è anche la roboante auto che funge da estensione corporea e arma micidiale per il folle Stuntman Mike, un magnifico e rinnovato Kurt Russell che regna sulle strade americane e sulle vite di giovani e disinibite fanciulle, rigorosamente coperte da shorts, attillati top e infradito. Nel suo quinto film (allungato di circa 25 minuti per la distribuzione in single feature europea), Tarantino è riuscito a frullare un eclettico mix di generi, dando vita ad un’opera dall’irresistibile gusto vintage e dalla irrefrenabile voglia di citazionismo. In “A prova di morte” si ha una netta divisione in due parti: una prima parte vuole chiaramente rifarsi all’horror slasher di quelli che venivano prodotti 25-30 anni fa; dunque assistiamo ad una passerella di affascinati e peccaminose fanciulle spiate, provocate e messe alle strette da un villain sopra le righe, un boogeyman di quelli fumettistici, che hanno una profonda cicatrice a solcare il volto, un abbigliamento vistoso e una fuoriserie nera come la pece decorata da un inquietante teschio bianco; un primo tempo che si concede momenti sexy e anche qualche zampata splatter, che di certo non guasta mai. La seconda parte sfocia nell’action puro e grottesco: eroine che vendono cara la pelle (e non a caso lavorano nel mondo del cinema come stunts…nel film così come nella realtà!), inseguimenti mozzafiato e dalla grande spettacolarità, con qualche momento di ilarità, utile per smorzare l’eccesso di adrenalina nello spettatore. Il tutto è amalgamato con una tale maestria e naturalezza da rendere il complesso e studiatissimo mix come una reale pellicola da Grindhouse, a tratti ingenua e semplicistica e a tratti volutamente trash, con tanto di effetto invecchiamento di pellicola, salti e ripetizioni nella traccia audio e improvvise incursioni del bianco e nero. TARANTINO STYLE. Odiato da molti, ma amato da ancor più persone, lo stile caratteristico di Quentin Tarantino è ormai uno spaccato del cinema postmoderno, una ventata d’aria fresca che nei primi anni novanta riuscì a dettar nuove regole e, ancora oggi, sembra avere decisamente tante cose da dire, malgrado in molti videro nell’eccessivo citazionismo del bellissimo “Kill Bill” una sorta di punto d’arrivo per la carriera del regista. In “A prova di morte” Tarantino riesce a superare se stesso e andare oltre il citazionismo “killbilliano” e fare un film che è realmente uscito da una macchina del tempo, non un semplice assemblaggio di citazioni a ridosso dei più disparati generi, ma un vero e proprio nuovo genere di pellicola, ipertrofica e iperbolica, vecchio nella resa estetica ma nuovo di zecca nelle idee. Il marchio di fabbrica tarantiniano è rappresentato, come di consueto, da esagerati e fantasiosi dialoghi, a volte talmente volgari da risultare kitsch; naturalmente si eccede anche nel citazionismo più classico che va dalla citazione velata a quella esplicita (gustosissima la citazione a “L’Uccello dalle piume di cristallo” accompagnata da “Violenza in Attesa” di Morricone), da quella semplicemente nominale a quella fisica. Infatti tra le protagoniste del film figura Sydney Tamiia Poitier, figlia di Sidney Poitier, star di tanti polizieschi e action hard boiled degli anni ’70, ma anche Zoe Bell, la stuntwoman che ha fatto da controfigura ad Uma Thurman in “Kill Bill” e qui nei panni di se stessa; si rimane poi colpiti nel trovare una Rose McGowan platinata che evidentemente omaggia una delle attrici cult per Tarantino: Barbara Bouchet. Interessante poi ritrovare Michael Parks nel ruolo dello sceriffo texano Earl, personaggio già interpretato per Tarantino in “Kill Bill” e per Rodriguez in “Dal tramonto all’alba”, qui in un divertente e spiritoso cammeo. Ma si può comunque affermare che la scelta del cast effettuata da Tarantino è praticamente perfetta, dalla maestosa presenza di Kurt Russell a tutti i ruoli minori, sapientemente scelti con criterio di logica. Inutile soffermarsi sulla eccellenza registica dell’opera e sulle oculate scelte musicali (eccezionale “Hold Tight”che anticipa la scena dell’incidente), sorprendente è poi l’ottima fotografia curata dallo stesso Tarantino. Insomma, “Grindhouse – A prova di morte” è un adrenalinico, divertentissimo ed ineccepibile dichiarazione d’amore ad un cinema che ha segnato un’epoca; un film condotto con maestria e compiaciuto divertimento: assolutamente consigliato ad ogni fan dell’exploitation cinematografico. Meriterebbe anche mezzo voto in più.