Gummo backdrop
Gummo poster

GUMMO

1997 US
ottobre 17, 1997

Xenia. Ohio. Una cittadina di provincia è stata sconvolta dall'uragano Gummo. Il protagonista è un giovane ragazzino, contaminato dall'amoralità dei mostri che vivono intorno a lui e con i quali interagisce. Fuma e piscia sopra un cavalcavia con in testa orecchie da coniglio, uccide gatti insieme ad un amico per venderli ad un ristorante cinese e comprarsi della colla da sniffare, si lascia lavare dalla mamma in una vasca di acqua putrida, mentre mangia degli spaghetti.

Cast

Jacob Reynolds, Jacob Sewell, Nick Sutton, Chloë Sevigny, Darby Dougherty, Carisa Glucksman, Lara Tosh, Jason Guzak, Casey Guzak, Wendall Carr
Dramma Commedia
HMDB

RECENSIONI (1)

CR

Cristina Russo

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Tummler e Solomon sono due ragazzini disadattati che vivono a Xenia, cittadina distrutta da un tornado che ha causato un elevato numero di vittime, lasciando il paese in un forte stato di degrado e abbandono. I nostri trascorrono le giornate ammazzando gatti che rivendono poi ad un macellaio; usano i soldi per comprare la droga e pagare una prostituta mentalmente ritardata. I due interagiscono con il resto della comunità dando vita a situazioni grottesche e surreali. “Gummo” rappresenta l’esordio cinematografico del regista statunitense Harmony Korine, appena ventitreenne all’epoca della realizzazione del film. La pellicola è interamente costruita attraverso meccanismi che attingono a piene mani dal weird più puro e classico: non esiste una vera e propria trama né tanto meno una costruzione narrativa, ma solo una serie di siparietti che si alternano ciclicamente, in modo non consequenziale e rigorosamente illogico. Ciò che ci viene mostrato sono le vicissitudini di alcuni abitanti di Xenia, piccola città disagiata popolata perlopiù da personaggi bizzarri e sociopatici che sguazzano nella decadenza più assoluta. In buona parte improvvisato, “Gummo” vede la partecipazione di molti attori non professionisti, raccattati per strada: una scelta evidentemente dettata dalle intenzioni del regista di realizzare una sorta di (finto) documentario, apportando così quell’indispensabile tocco di realismo che rende l’opera ancora più scioccante. Le lunghe e statiche inquadrature rafforzano l’idea di base, esasperando volutamente le squallide scene di vita quotidiana vissute dai protagonisti, soffermandosi su dettagli apparentemente insignificanti e non funzionali allo sviluppo della “trama” ma molto evocativi. La pesantezza formale, che prevede la messa in scena di tutta una serie di situazioni frammentarie e spesso lasciate al caso, fornisce in realtà un cinico e puntuale ritratto della tragica e volgare condizione sociale in cui versano i personaggi. Questi ultimi, avvolti da una realtà totalmente distorta e lontani da ogni forma di civiltà, sono in balìa dei più bassi istinti primordiali, dove l’amoralità e l’assenza di valori umani la fanno da padroni. La crudezza e la brutalità visiva, di concerto con il violento impatto psicologico, disorientano e confondono lo spettatore, il quale, ad un certo punto, spinto da un’inevitabile brama voyeuristica, rinuncerà al tentativo di comprendere ciò che sta succedendo e si farà passivamente risucchiare nel vortice di follia e stranezza. L’approccio migliore è proprio quello di farsi trasportare dalle immagini e dalle emozioni, senza voler a tutti i costi cercare nei simbolismi che si susseguono una spiegazione che semplicemente non esiste. Tutta questa carne al fuoco, nonché la ripetitività circolare e quasi ipnotica dei meccanismi espressivi, sempre molto dilatati, nel momento in cui viene superata l’iniziale sensazione di stupore e sorpresa, rischiano di tradire la volontà del regista, intaccando proprio l’aspetto realistico del film che, a lungo andare, si affievolisce aprendo la strada ad una velata noia: una pecca tutto sommato accettabile che non inficia il risultato finale. L’atmosfera alienante e trasandata è ottimamente supportata da una colonna sonora che pesca nella scena metal estrema: da Burzum ai Brighter Death Now agli Elecrtic Hellfire Club ecc. Tra le varie tracce spiccano anche “Like a Prayer” di Madonna e “Crying” di Roy Orbison, che incorniciano due sequenze assolutamente geniali ed indimenticabili. “Gummo” è un viaggio allucinante negli eccessi, un trionfo di nonsense, lerciume e dramma; una feroce e quasi tangibile manifestazione del nichilismo più becero e abietto imposto dallo spirito di sopravvivenza e rassegnazione insito nella natura umana. Un’esperienza immaginifica forte, spiazzante e disturbante che prescinde da ogni sentimento di compassione ed empatia. Impossibile rimanere indifferenti difronte ad un’opera del genere, certamente di difficile assimilazione ma capace di imprimersi nella mente e nel cuore come poche altre. Assolutamente sconsigliata la visione ai più tradizionalisti e non avvezzi al genere in questione.

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