Hatchet backdrop
Hatchet poster

HATCHET

2006 US
aprile 27, 2006

Martedì Grasso. Un gruppo di giovani turisti s'imbarca per visitare le spaventose paludi della Louisiana. Questi luoghi remoti sono infestati dallo spirito di Victor Crowley: la leggenda narra che si tratti di un uomo gigantesco, terribilmente sfigurato, ucciso per errore con un'accetta dal suo stesso padre. Quando la barca su cui stanno viaggiando affonda, gli ignari turisti scopriranno che le leggende hanno sempre un fondo di verità. E in questo caso si tratta di un fondo decisamente mortale!

Cast

Joel David Moore, Amara Zaragoza, Deon Richmond, Kane Hodder, Joleigh Fioravanti, Mercedes McNab, Joel Murray, Parry Shen, Richard Riehle, Patrika Darbo
Horror Commedia
HMDB

RECENSIONI (1)

LP

Luca Pivetti

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Un gruppo di giovani turisti che si erano imbarcati su una chiatta per l’Haunted Swamp Tour si trova improvvisamente, a causa di un disguido tecnico, disperso in una palude della Louisiana. È notte, buio ed umido, molto umido, ma questi diventano tutti problemi secondari quando i ragazzi, uno ad uno, periranno sotto i colpi bestiali di un essere deforme che sembra aver come unico hobby quello di fare a pezzi la gente. Inutile dire cha la nottata sarà lunghissima. “Hatchet”, primo lungometraggio horror dell’astro nascente Adam Green, è stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno della cinematografia del terrore americana del 2006, accaparrandosi un buon numero di premi da parte della critica specializzata e accattivandosi le simpatie di gran parte degli horror-fan americani. Una volta tanto non senza motivo. “Hatchet” è il tipico esempio di pellicola che non aggiunge niente di nuovo al panorama horror, ma che allo stesso tempo, col passare degli anni, potrebbe diventare un piccolo cult per gli amanti del cinema di genere; siamo di fronte ad uno slasher che fondamentalmente non propone nulla che non sia stato già detto negli anni ‘80, ma che quello che fa, lo fa dannatamente bene. Come al solito mi immagino già schiere di detrattori e finti-critici-impegnati che grideranno alla mancanza di idee e alla morte di un genere un tempo grande ma che ormai non è più in grado di dire nulla, ma mi sento di dissentire ampiamente. Il trucco, come spesso accade negli ultimi tempi, risiede tutto nel guardare il film con la giusta chiave di lettura. Se in “Hatchet” si cerca un film horror originale, impegnato e dai risvolti socio-politici è innegabile che si rimarrà delusi, ma se nel film di Adam Green si cerca divertimento, violenza e scene di morte sopra le righe non ci si potrà che esaltare come dei matti. “Hatchet”, infatti, non è altro che un grandissimo (nonché graditissimo) omaggio al filone slasher che va dai primi anni ‘80 fino ad oggi, un atto d’amore nei confronti di pellicole come “Venerdì 13”, “Le Colline Hanno Gli Occhi”, “Wrong Turn” o “Non Aprite quella Porta” che, con le sue citazioni e i suoi cammei, farà immediatamente breccia nei cuori dei patiti della ‘trippa’. Quello che infatti agli occhi dello spettatore (finto) esigente potrebbe sembrare il riciclo delle solite idee diventa quindi un divertito tributo ai vecchi film che andavano di moda 20 anni fai nei drive-in e nelle grindhouses, il tutto rielaborato in chiave moderna ma mantenendo sempre e comunque un occhio diretto al passato. “Hatchet” gioca dunque con i clichèes tanto cari agli slasher: anche qui ci si imbatte nel classico gruppo di teen-ager un pò scemi e alla ricerca di emozioni forti, anche in questo caso ci sarà una leggenda inquietante riguardo al luogo nel quale si svolge la vicenda, anche in questa occasione troveremo il solito body-count che pian piano diventerà sempre più truculento. Quello che però differenzia “Hatchet” dal gran numero di slasher usciti negli ultimi anni è la freschezza con la quale Adam Green è riuscito a dirigere la sua pellicola e l’ispirazione che si nota sia nei momenti più ironici che nei passaggi maggiormente crudi ed orrorifici. Questo ha permesso al film di non perder colpi in nessun momento, nonostante un quarto d’ora a metà pellicola nella quale il ritmo cala leggermente. Non solo: il regista ha dimostrato di saper maneggiare perfettamente un sottofilone estremamente chiuso in sé stesso come lo slasher e rielaborarlo a proprio piacimento, tributando il giusto onore alle pellicole sacre del genere ma non basandosi solo ed esclusivamente sulla metacinematografia spicciola. Altro grande pregio di “Hatchet” è quello di aver finalmente inserito all’interno del panorama horror una nuova figura negativa, un nuovo boogeyman che forse, nel tempo e aiutato dalla serializzazione (“Hatchet 2” è ormai alle porte), potrebbe ritagliarsi il suo spazio in una ipotetica “Slasher Hall of Fame” . Si tratta di Victor Crowley, gigante deforme e ritardato che si diverte a fare a pezzi le proprie vittime sia con un’accetta che a mani nude. In sé la figura non risulta particolarmente originale (siamo a metà fra un Jason e i personaggi di “Wrong Turn”), ma va comunque premiata la volontà, da parte di Adam Green, di dire la sua in un panorama sempre più affollato da modernizzazioni di vecchie figure dell’horror (che non sempre hanno sortito gli effetti sperati) piuttosto che da nuove idee. La stessa sceneggiatura, ad opera di Adam Green, che a prima vista potrebbe sembrare la solita accozzaglia di luoghi comuni del genere, riesce a distanziarsi da gran parte delle ultime produzioni, grazie ad un paio di buone intuizioni che rendono “Hatchet” un prodotto maggiormente completo ed interessante: l’inserimento di un fastidioso ed affamato coccodrillo è una gustosa quanto imprevedibile divagazione, così come l’inserimento di due coppie mature assieme ai classici teen-ager è riuscito a rendere il gruppo di vittime molto più vario ed interessante del solito. Persino la solita leggenda riguardo al boogeyman di turno appare ben scritta e risulta quasi toccante (il flashback nel quale viene raccontata mette in luce anche il lato più introspettivo e drammatico del regista-sceneggiatore). Si tratta di piccolezze, di dettagli, ma si tratta di finezze importanti e da non sottovalutare in un panorama cinematografico dove l’approssimazione spesso fa la parte del leone. Adam Green dirige in maniera dinamica e con fare divertito, coadiuvato ad una buona fotografia che rende al meglio il clima caldo ed umido delle paludi, un setting particolare utilizzato in maniera competente dal regista e la sua crew. E ora veniamo al comparto splatter-gore, l’asso nella manica di “Hatchet”. Nel film di Adam Green sarà possibile imbattersi negli omicidi più cruenti e fantasiosi che troverete negli slasher degli ultimi anni, il tutto ovviamente mostrato con dovizia di particolari. Troverete sbudellamenti assurdi, colonne vertebrali strappate, gambe che partono, teste che volano, torsi lanciati, teste aperte in due dalla bocca e tante, tantissime secchiate di sangue. Sangue che copre i volti, sangue riversato sul terreno e sangue sugli alberi. Insomma, sangue ovunque. Il cast è nella media del genere, con attori che si limitano a fare le loro parti senza grandi performance, ma una menzione in particolare va ovviamente a Kane Hodder (Jason in numerosi capitoli di “Venerdì 13”) nei panni del gigante violento Victor Crowley, mentre risultano simpatici i camei di Robert “Freddy” Englund e di Tony “Candyman” Todd ad inizio film, a dare il loro tacito assenso ad un nuovo boogeyman pronto ad ereditare il più presto possibile i loro antichi insegnamenti “Hatchet” è sicuramente uno dei migliori slasher del nuovo millennio, ricco di humour, ritmo, violenza e in grado di divertire e spaventare allo stesso tempo con i classici momenti da salto della sedia. Spassoso, irriverente come nei gloriosi anni ‘80, brutale e ultra-gore come insegna la cinematografia horror post-2000: non ci sono motivi per non amare questo film!!!

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