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Hypercube – Il Cubo 2 poster

HYPERCUBE – IL CUBO 2

Cube 2: Hypercube

2002 CA
aprile 15, 2002

Otto persone si risvegliano all’interno di una struttura composta da stanze cubiche comunicanti fra loro grazie a dei portelli situati nel mezzo delle pareti, compresi pavimento e soffitto. Durante il girovagare apparentemente senza costrutto i vari reclusi avranno modo, più o meno casualmente, di ritrovarsi tutti insieme e scoprire, tra una fuga e l’altra dalle trappole presenti nelle stanze, di essere tutti legati da un filo comune. Qualcuno li ha infatti rinchiusi in quello che arriveranno a dedurre essere un Ipercubo, concetto di cubo con una quarta dimensione sinora soltanto teorizzato dalla Fisica Quantistica.

Registi

Andrzej Sekula

Cast

Kari Matchett, Geraint Wyn Davies, Grace Lynn Kung, Matthew Ferguson, Neil Crone, Barbara Gordon, Lindsey Connell, Greer Kent, Bruce Gray, Philip Akin
Thriller Fantascienza Mistero
HMDB

RECENSIONI (1)

MR

Marco Ruggeri

Un gruppo di persone si risveglia all’interno di una struttura composta da stanze a forma di cubo, senza ricordare chi o cosa li abbia portati all’interno. Cercando una via che li conduca all’uscita, iniziano ad interrogarsi sui misteriosi meccanismi che regolano la prigione in cui si trovano, avvicinandosi ad una impossibile quanto inquietante verità: sono prigionieri di un ipercubo, una struttura finora soltanto teorizzata dalla Fisica Quantistica, dove alle tre dimensioni di cui sappiamo essere composti i solidi, se ne aggiunge una quarta, capace di aprire le porte ad una serie di realtà parallele alla nostra. Soltanto viaggiando attraverso le stanze e le molteplici realtà, il gruppo di prigionieri potrà avvicinarsi all’uscita e alla comprensione del misterioso numero ricorrente, il 60659, che sembra essere l’unica chiave per uscire dalla trappola mortale in cui sono stati imprigionati. Almeno sulla carta, questo “Hypercube – Il Cubo 2” sembrava dotato di una serie di premesse convincenti, capaci di scongiurare in partenza la paura di trovarsi di fronte ad uno dei tanti sequel senz’anima, tanto cari al cinema moderno. Produzione più ricca del suo predecessore, regista dal gusto più moderno con una serie di esperienze importanti alle spalle (Andrzej Sekula è stato direttore della fotografia in svariati film, tra i quali “Pulp Fiction” e “American Psycho”, nonché regista di numerosi video musicali), effetti speciali dell’ultima generazione, trama avvincente e gustosamente incomprensibile: tutto sembra promettere qualcosa di più di un semplice ritorno alle atmosfere claustrofobiche del film di Vincenzo Natali, “Cube – Il Cubo”. Ma le premesse non sempre vengono mantenute. Anche ad un livello di analisi superficiale, il film evidenzia fin da subito tutte le sue debolezze: Andrzej Sekula confeziona una regia senza infamia e senza lode, saltuariamente condita da una serie di effetti digitali che, almeno dalle immagini dei primi trailers, sembravano di qualità nettamente superiore. Il cast fa del suo meglio per rendere la pellicola godibile, non riuscendoci affatto: nonostante lo sforzo, il film non appassiona e non spaventa quasi mai. Le carenze più evidenti però emergono ad un livello più profondo: la sceneggiatura infatti (curata, tra gli altri, dallo stesso Sean Hood che aveva lavorato alla stesura di “Halloween: Resurrection”, stavolta anche in veste di ideatore della storia), lascia l’amaro in bocca sotto molti punti di vista. Già dalla sequenza introduttiva che precede i titoli di testa, si capisce di essere davanti ad una brutta copia del film di Vincenzo Natali. Il film inizia con una carrellata sui futuri personaggi della storia, presentando da subito il mondo all’esterno del Cubo, e con esso una fantomatica quanto scontata organizzazione fantapolitica militare chiamata IZON, snaturando due degli elementi che più avevano contribuito a creare il mito intorno al primo film: il non sapere chi si celava dietro la creazione del Cubo e il dubitare persino dell’esistenza di un mondo al di fuori delle stanze. La teoria stessa dell’ipercubo, per quanto affascinante, risulta troppo astratta per essere compresa, vuoi per la completa mancanza di nozioni di Fisica Quantistica nello spettatore medio, vuoi per i pochi secondi dedicati alla sua spiegazione. La “strategia” delle realtà parallele, che sembra aprire strade infinite agli sviluppi della trama, seppellisce suo malgrado qualsiasi coinvolgimento dello spettatore: se nel primo film, per quanto complessa, la soluzione sembrava a portata di mano e raggiungibile con un ragionamento difficile ma logico (spingendoci a calcolare le vie di fuga insieme ai personaggi del film), qui tutto diventa ipotetico, irreale e pertanto lontano da qualsiasi tentativo di ragionamento. La troppa libertà di immaginare porta alla scomparsa della tensione, il mondo del “difficile ma possibile ” lascia il posto al mondo del “impossibile e completamente assurdo”, allontanando a forza lo spettatore: se tutto è possibile, le uniche persone che possono sapere come risolvere il rompicapo sono lo sceneggiatore e il regista. A noi spetta solo guardare e annoiarci. Le trappole che ci avevano promesso, poi, non hanno alcun sapore: al posto delle cattivissime diavolerie meccaniche (ma vi ricordate la tensione nella scena della stanza con i sensori per il rumore in “Cube – Il Cubo”? E la scena iniziale? Roba da mozzare il fiato…), sono comparse futuribili ma allo stesso tempo incomprensibili torture. Una parete che si avvicina e uccide (?), una serie di lastre trasparenti che decapitano (ma che è, ghiaccio?) e una sfera-rasoio alquanto improbabile che spappola un personaggio inghiottendolo nel nulla. Mah… La mancanza più grave e imperdonabile è però la totale assenza di profondità psicologica nei personaggi, completamente piatti e stereotipati: senza questo approfondimento si è perso anche il sottile e cupo messaggio che impreziosiva un film già di per sé perfetto come quello di Vincenzo Natali. Se i prigionieri non riuscivano a convivere in uno spazio ristretto senza massacrarsi tra loro, cosa ne sarebbe stato dell’umanità intera? Valeva davvero la pena che i personaggi della storia si salvassero? La risposta diventava chiarissima alla fine del film: soltanto il “ritardato”, colui che viveva nella sua realtà di purezza e di innocenza, lontano dagli egoismi e dalle prepotenze della razza umana, meritava di guadagnare l’uscita dal Cubo, diventando una sorta di ultimo uomo sulla Terra, un sopravvissuto sul quale ricostruire un mondo migliore. E invece cosa ci rimane dal finale di “Hypercube – Il Cubo 2”? La certezza che i cattivi della IZON abbiano terminato la fase 2 e si apprestino ad iniziarne una nuova. A tal proposito, una sola prospettiva ci spaventa: che il “Cubo 3” non racconti altro che la storia di un povero gruppo di spettatori rinchiusi in una sala cinematografica, costretti a sopportare la tortura mortale della proiezione di un nuovo, inutile sequel. Un consiglio: se non avete visto “Cube – Il Cubo” noleggiatelo in cassetta e ignorate “Hypercube – Cube 2”: risparmierete i soldi del cinema. Se lo avete già visto, noleggiatelo ancora una volta. Saranno comunque soldi spesi meglio.

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