MC
Marco Castellini
•
Francia XVIII secolo: in una regione isolata del sud del paese una serie impressionante di orribili omicidi, le cui vittime sono per lo più donne e bambini, sconvolge la popolazione, sempre più convinta che il colpevole dei terribili fatti di sangue sia un essere mostruoso, soprannominato "la Belva del Gevaudan". Re Luigi XV decide di inviare sul posto il cavaliere de Fronsac con il suo amico-collaboratore Mani, un indiano esperto in arti marziali, per investigare sugli omicidi e svelare il segreto della belva… Si tratta di uno dei film più costosi della storia del cinema francese, ed europeo in genere, con i suoi sessanta miliardi di budget, che trae i suoi punti di forza sia dal cast di grande richiamo (tra gli altri, la “nostra” Monica Bellucci ed il marito Vincent Cassel), sia dall’estrema cura delle scenografie e dei costumi, sia, infine, dalla scelta di un soggetto (basato su un evento storico, sapientemente romanzato per l’occasione) originale ed intrigante. Il regista Cristophe Gans (“Crying Freeman“) dirige la pellicola scegliendo di non darle un’impronta precisa, mescolando elementi diversi, presi qua e là da vari generi cinematografici (sapientemente selezionati tra quelli più amati dal grande pubblico): si passa così dall’horror puro, all’action movie alla John Woo, passando per il film d’avventura e il giallo investigativo in stile “Sleepy Hollow”; se, sotto un certo punto di vista, la scelta può risultare azzeccata (la commistione tra diversi generi fa si che il film possa essere apprezzato da un pubblico più eterogeneo) dall’altro porta la pellicola a perdere un po’ di identità. Alla fine le sequenze di maggiore impatto risultano essere quelle d’azione, per lo più interpretate da un Mark Dacascos in grandissima forma, e la scena, con cui si apre il film, della morte della contadinella, sbranata dalla “belva”. Discutibile anche l’altra scelta “basilare” del film, ovvero quella di mostrare “la bestia”: come insegnano le regole del “thriller” crea molta più suspense quello che si cela nel buio, ciò che lo spettatore può soltanto immaginare, piuttosto che ridondanti effetti speciali (tra l’altro, nel caso in questione, neppure molto ben realizzati). In definitiva “Il Patto dei Lupi” si potrebbe definire una sorta di “Kolossal Hollywoodiano”, del quale possiede anche tutti i pregi (alta spettacolarità, grande impatto visivo) ma anche i difetti (esasperazione delle situazioni, scarso spessore dei personaggi) che riesce comunque a far trascorre un paio d’ore di divertimento.