GG
Giuliano Giacomelli
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Un esiguo gruppetto di ragazzi con disturbi comportamentali, accompagnati da due psicoterapeuti, si dirige in uno sperduto paesino nelle campagne dello Yorkshire per trascorrere qualche giorno di isolamento lontano dalle distrazioni urbane. Non immaginano, però, che presto dovranno fare i conti con la stramba e poco ospitale popolazione del posto intenzionata a trasformare i forestieri nell’attrazione principale della loro sadica e perversa festa di paese.
“Inbred” è la fiera del già visto!
Assolutamente nulla di nuovo sotto il sole, o per meglio dire, sotto il cielo plumbeo e disincantato dello Yorkshire. Per tutta la durata del suo film, Alex Chandon non fa altro che proporci situazioni e personaggi visti e rivisti in un numero illimitato di pellicole dell’orrore. Come la tradizione vuole, ci troviamo di fronte il solito manipolo di ragazzetti antipatici destinati a diventare carne da macello, c’è il solito paesino sperduto lontano dalla civiltà e ignaro di cosa sia il progresso e ci sono i soliti redneck scontrosi vestiti da
boscaioli e che masticano tabacco. Appunto, come potete constatare voi stessi, non c’è proprio nulla di nuovo servito in tavola.
Ma pretendere novità da un film come “Inbred”, ossia un film di “serie c” consapevole e desideroso di esserlo, sarebbe come sparare sulla croce rossa. Il film di Chandon non ha alcuna pretesa se non quella di divertire gli amanti del cinema dell’orrore estremo che considerano la bellezza di un film direttamente proporzionale alla quantità di sangue sparso durante le scene.
La storia è davvero ridotta ai minimi termini, non c’è intenzione di approfondire alcuna situazioni e i personaggi – buoni o cattivi – sono solo delle macchiette stereotipate utili a riempire le scene e dire la battuta giusta al momento giusto. Si punta tutto sulla violenza, ogni cosa è lasciata solamente all’efficacia degli omicidi inscenati con fantasiosi e memorabili teatrini durante la perversa festa di paese. Teste tagliate con la mannaia, pance che esplodono, carote infilate nel naso fino ad arrivare al cervello, facce che
vengono spappolate dagli zoccoli di un cavallo cieco…insomma, lo splatter abbonda sereno per accontentare tutti gli amanti della violenza gratuita.
A rendere ancora più interessante il festino splatter ci pensa la sostanziosa dose di ironia che pervade buona parte della pellicola, un’ironia guascona ma non troppo invadente utile a stemperare scene tanto estreme quanto assurde e a comunicare ancora una volta lo spirito goliardico che muove l’intero film azzerando qualunque tipo di pretesa artistica.
Peccato solamente che tolta la componente ironico-splatter, “Inbred” non ha assolutamente più cartucce da sparare. Il film, scritto a quattro mani dallo stesso Chandon e Paul Shrimpton, in alcuni punti eccede in una narrazione un po’ fiacca dando l’impressione che non si sa davvero cosa raccontare in quelle piccole pause tra un ammazzamento e l’altro. Mentre la storia che muove l’intera vicenda, per quanto esile possa essere, soffre comunque della presenza di enormi buchi di sceneggiatura che con un po’ di impegno potevano tranquillamente essere colmati. A fine film non si
sa quale sia il motivo che spinge i membri della comunità a comportarsi in questa maniera folle, ma soprattutto non si sa come facciano i paesani a portare avanti certe tradizioni (festini simil sagre in cui ammazzano in pubblico chiunque metta piede sulle loro terre) e a farla franca senza che nessuno intervenga, come se nulla fosse.
Poco altro c’è da dire a proposito di questa pellicola che può essere considerata senza troppe difficoltà una sorta di remake britannico (in co-produzione con la Germania) non dichiarato del ben più celebre “2000 Maniacs” di Hershell Gordon Lewis, a sua volta già rifatto da Tim Sullivan con “2001 Maniacs” e rispettivo sequel.
Se siete amanti dello splatter e cercate un film da vedere a cervello spento allora avventuratevi pure nella visione di “Inbred”, ma se non rientrate propriamente in questa categoria cercate tranquillamente altrove.