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Roberto Giacomelli
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In seguito ad uno sfortunato rientro nell’atmosfera terrestre, uno shuttle americano si frantuma in milioni di frammenti che vanno a disseminarsi un po’ ovunque sul suolo statunitense. Lo shuttle però era entrato in contatto con una misteriosa forma di vita extraterrestre e ora i suoi frammenti si fanno veicolo di una pericolosa spora aliena che si insinua nell’organismo umano e lo muta: chi è venuto in contatto con la spora e si addormenta si trasforma in un essere incapace di provare sentimenti. Gli esseri desensibilizzati si diffondono a macchia d’olio e la psichiatra Carol Bennel si trova a dover combattere contro il suo ex marito desensibilizzato e gran parte dei cittadini che vogliono trasformarla come loro ed eliminare suo figlio Oliver, che sembra essere la chiave per l’estirpazione dell’epidemia.
1955. Appare nelle librerie americane “The Body Snatchers”, un romanzo di fantascienza scritto da Jack Finney, che provava a descrivere un’invasione aliena sotterranea atta alla sostituzione degli esseri umani con copie extraterrestri prive di emozioni.
1956. Viene prodotto “The Invasion of the Body Snatchers” (ribattezzato da noi “L’invasione degli ultracorpi”), la trasposizione cinematografica del romanzo di Finney ad opera del regista Don Siegel.
Un film meno ottimista dell’originale letterario che è stato letto come una metafora della paura statunitense della minaccia comunista combattuta durante la Guerra Fredda.
1978. Philip Kaufman realizza “Terrore dallo spazio profondo”, un remake del film di Siegel, con protagonisti Donald Sutherland, Brooke Adams e Jeff Goldblum. Il film di Kaufman è fino ad oggi la versione più pessimista e orrorifica della “saga”.
1993. Abel Ferrara è al timone di “Ultracorpi – L’invasione continua”, una sorta di sequel/remake del film di Siegel che ottiene un’accoglienza piuttosto fredda sia dal pubblico che dalla critica.
2005. Prende il via in tv “Invasion”, un serial creato da Shaun Cassidy che racconta di un’invasione aliena in seguito ad un uragano. Anche se non direttamente collegato al romanzo di Finney, il serial “Invasion” ne ripropone le stesse caratteristiche e tematiche, con tanto di copie aliene svuotate dalle emozioni. Malgrado l’ottima qualità, “Invasion” non ha ricevuto il giusto successo di pubblico e il serial si è fermato alla prima stagione, rimanendo incompleto.
2007. Gli ultracorpi ritornano e questa volta al cinema. Il film che ripropone la celebre invasione immaginata da Jack Finney è “Invasion”, blookbuster diretto dal tedesco Oliver Hirschbiegel.
Pur mantenendo un approccio simile al romanzo e al primo film, “Invasion” si distacca fortemente dal plot originale e, probabilmente, tenta di fornire una lettura socio-politica agli eventi ben più volontariamente dei suoi predecessori, giocando soprattutto la carta della riflessione esistenziale. E’ incredibile notare come ogni decennio storicamente rilevante dal secondo ‘900 abbia avuto un’invasione degli Ultracorpi cinematografica; se infatti il film di Siegel arrivava sugli schermi proprio nel bel mezzo della Guerra Fredda e si faceva portatore (forse inconsapevolmente) di messaggi politici ben precisi, anche i suoi successori sono arrivati in momenti clou. “Terrore dallo spazio profondo”, il più pessimistico, si muove in uno scenario ancora scosso dal fallimentare intervento statunitense in Vietnam e si vede ancora inserito in un clima da Guerra Fredda e da mutamenti sociali e di costume rilevanti; “Ultracorpi – L’invasione continua” ha sulle spalle una Guerra del Golfo non troppo “popolare” e un massiccio riferimento al mondo militare. Il film di Hirschbiegel non poteva dunque tardare ad arrivare, dal momento che gli Stati Uniti sono stati e sono tutt’ora scossi da un clima di timore generale e di paura per il diverso adatto ad una rilettura fantascientifica. Ma forse le storia degli Ultracorpi, malgrado abbia sempre una certa attualità di fondo, tende anche a logorarsi con il tempo, poiché questo “Invasion” appare un po’ debole (così come lo era il film di Ferrara) se paragonato ai suoi antenati degli anni ’50 e ’70.
I maggiori difetti del film di Hirschbiegel risiedono nel prologo e nell’epilogo, ovvero proprio in quelle parti che da sole potrebbero decretare la riuscita o meno di un film. L’epilogo, probabilmente, non è neanche così “disastroso”, poiché rispecchia più fedelmente la conclusione del romanzo di Finney, donando una lettura speranzosa e “quasi” positiva all’intera vicenda, pur condannando in toto l’essere umano in quanto creatura imperfetta e immeritevole dell’esistenza. Ma è soprattutto il prologo, l’introduzione, che appare decisamente deludente. Il motore che scatena l’azione è l’incidente di rientro di uno space shuttle, il che potrebbe apparire anche come una buona trovata richiamando alla memoria l’incidente dello shuttle Columbia avvenuto nel 2003, e cavalcando così la moda già inaugurata dal serial tv di utilizzare un incidente realistico (e preso dalla vera cronaca) per annunciare la venuta della minaccia. Però il disastro e il dilagarsi dell’invasione vengono descritti con tale frettolosità e incompetenza narrativa da risultare quasi posticci, come se si trattasse di una manciata di scene aggiunte in post-produzione per giustificare l’incipit della vicenda.
Una sostanziale revisione è stata fatta sulla modalità di “trasformazione” degli esseri umani. Niente più baccelloni replicanti, ma una trasformazione dell’organismo ospitante la spora a livello genetico. Si è però voluto insistere molto sulla pericolosità del sonno, tanto che le scene più riuscite del film sono proprio quelle che descrivono la paura della protagonista nell’addormentarsi e i suoi tentativi di rimanere sveglia.
Il cast di prim’ordine annovera nomi del calibro di Nicole Kidman e Daniel Craig, ma se la Kidman se la cava alla grande donando alla sua Carol Bennell le giuste dosi di fragilità ed eroismo, Craig non appare molto convincente, relegato ad un ruolo marginale per l’evolversi della vicenda e visivamente fuori parte. La regia di Hirschbiegel (“The Experiment”; “La Caduta”) è sicuramente valida, anche se bisogna dire che il regista ha avuto non pochi problemi con questo film, tanto da essere stato licenziato dalla Warner Bros prima di portare a compimento le riprese ed è stato sostituito da James McTeigue (“V per Vendetta”) che ha completato il film occupandosi delle scene d’azione che, a detta dei produttori, erano poche o inadatte. Paradossalmente “Invasion” funziona meglio proprio nelle scene di suspense e d’azione, così da far pensare che una volta tanto i produttori hanno avuto buon occhio. Un grande merito va attribuito alla fotografia glaciale di Rainer Klausmann, che grazie a toni grigi e opachi, riesce a rendere a perfezione il clima di straniamento e diffidenza.
In conclusione, “Invasion” non può certo definirsi una delle migliori pellicole nella saga degli Ultracorpi, anzi, ci troviamo di fronte ad una delle trasposizioni del romanzo di Finney meno riuscite; malgrado ciò il film rimane comunque interessante e si fa apprezzare per un buon ritmo e per una certa cura nella messa in scena.
Curiosità. L’attrice Veronica Cartwright, che nel film interpreta la paziente in cura dalla Kidman, è una vera affezionata alla saga degli Ultracorpi. Infatti l’attrice aveva già preso parte a “Terrore dallo spazio profondo” e a tre episodi della serie tv “Invasion”.