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LA DOLCE MANO DELLA ROSA BIANCA

2010 IT

REVIEWS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Marco, dopo un litigio con la sua ragazza, si mette al volante per allontanarsi il più possibile dalle delusioni della vita. Il cellulare squilla, Marco si distrae e investe una ragazzina in bicicletta. Tempo dopo, il ragazzo si reca al cimitero a visitare la tomba della ragazzina che ha ucciso, ma la vittima sembra essere tornata per pareggiare i conti. “La dolce mano della rosa bianca”, un bellissimo titolo che sembra rievocare suggestioni di certo cinema di genere anni ’70, soprattutto italiano e spagnolo, in cui numeri, animali e colori spadroneggiavano in lunghi, complessi e memorabili titoli. Davide Melini, autore di questo cortometraggio, sembra però voler percorrere altre strade e se non fosse per un’atmosfera goticheggiante che si respira nella scena al cimitero, non troveremo altri punti di contatto con il cinema che fu. Forse è meglio così, le operazioni nostalgia al giorno d’oggi sono fin troppo inflazionate. Melini, che scrive, produce e dirige il film, affronta una tematica seria e toccante come quella delle morti per incidenti stradali e la unisce all’elemento soprannaturale, alla ghost story. Il risultato è altamente soddisfacente, anche se il merito va più all’aspetto tecnico che a quello narrativo. La confezione di “La dolce mano della rosa bianca” è impeccabile, fotografia (di José Antonio Crespillo), montaggio (di Biktor Kero), musica (di Christian Valente e Ivan Novelli) e regia, tutto di prima qualità. La fotografia, che gestisce al meglio l’uso dei contrasti, è giustamente stata premiata al festival spagnolo “Cesur en Corto” e la musica ha il pregio di accompagnare con funzionalità sia le scene di tensione (con sound rock) che quelle di stasi (con toni leggeri). Anche la regia di Melini, che aveva già mostrato un ottimo senso del ritmo nel precedente corto “The Puzzle”, è elegante e allo stesso tempo virtuosistica, capace di un’ottima gestione nelle scene di tensione così come in quelle che descrivono la vita dei personaggi. Lì dove il lavoro di Melini risulta più debole, o per lo meno attaccabile, è la fantasia del soggetto e lo sviluppo narrativo dello stesso. Diciamo subito che risulta ben chiaro fin da subito dove “La dolce mano della rosa bianca” vuole andare a parare, vorrebbe creare una sorpresa, ma un minimo di esperienza con il cinema di genere suggerisce subito allo spettatore il colpo di scena. Poi anche il sottolineare la morale che si cela dietro il film con didascalie o quant’altro solitamente non è una mossa azzeccata, anche se nel caso del film di Melini la dedica che chiude la visione giustifica la scelta. Bravo l’attore protagonista Carlos Bahos, che risulta credibile nella trasformazione interiore che investe il suo personaggio. Buona, anche se meno evidente, anche la prova della giovanissima Natasha Machuca, che interpreta l’innocente e inquietante traghettatrice di anime. “La dolce mano della rosa bianca” è stato selezionato ed è arrivato in finale in moltissimi festival in tutto il mondo, compreso il celebre Festival del Cinema di Malaga; inoltre è stato trasmesso dalla tv spagnola nell’estate 2010. Premi e riconoscimenti meritati, sicuramente un lavoro più profondo di scrittura l’avrebbe portato anche più in alto.

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