Zeder backdrop
Zeder poster

ZEDER

1983 IT
August 25, 1983

A young journalist buys a used typewriter and notices some text still legible on the ribbon; he reconstructs the story of a scientist who discovered that some types of terrain have the power to revive the dead.

Directors

Pupi Avati

Cast

Gabriele Lavia, Anne Canovas, Paola Tanziani, Cesare Barbetti, Bob Tonelli, Ferdinando Orlandi, Enea Ferrario, John Stacy, Alessandro Partexano, Marcello Tusco
Horror Mystery
HMDB

REVIEWS (1)

MC

Marco Castellini

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Uno scrittore scopre, grazie al nastro usato di una macchina da scrivere, alcune strane informazioni sui "terreni K". L'uomo si appassiona subito a questo mistero ed inizia le sue ricerche, che lo porteranno a scoprire l'esistenza di un particolare tipo di suolo nel quale chi vi viene sepolto ritorna in vita… Un meritatissimo plauso va fatto, innanzitutto, alla 20Th Century Fox che dopo l’ottima riedizione de “La Casa dalle Finestre che Ridono” ci regala un’altra perla rimettendo in catalogo il secondo horror della trilogia di Avati, “Zeder”, per anni introvabile ed ora disponibile finalmente in DVD e VHS in un ottimo riversamento audio e video. Si tratta di un ottimo film diretto da un regista che nelle sue, purtroppo rare, incursioni nell'horror ha sempre saputo lasciare un segno importante del suo passaggio. Bravissimo come sempre il protagonista Gabriele Lavia, già interprete di altri capolavori del genere come “Profondo rosso”. “Zeder” è l’ennesima prova del talento macabro di Avati: quella che poteva risolversi in una banale storia di zombi si trasforma, sotto la sapiente guida del maestro bolognese, in un affascinate film gotico che ricerca la paura negli angoli più bui e nelle ataviche paure dell’animo umano. Come per il suo precedente cult Avati sceglie ancora una volta un’ambientazione sui generis, quasi “inadatta” per un film dell’orrore, come la riviera romagnola. Ma grazie al suo talento e al suo profondo senso del gotico e del macabro il regista riesce a trasformare anche l’assolata costa riminese in un luogo ricco di misteri e inenarrabili segreti. Nell’insieme, quindi, una pellicola quasi perfetta: un'ottima sceneggiatura (firmata, come già accaduto per “La Casa dalle Finestre che Ridono”, dallo stesso regista con la collaborazione del fratello-produttore Antonio e di Maurizio Castano), un tema musicale inquietante ed ossessivo (composto da Riz Ortolani), suggestive scenografie e, soprattutto, una regia davvero magistrale. Curiosità: lo spunto per l’idea di partenza del film fu data ad Avati proprio da un esperienza vissuta in prima persona: in quel periodo infatti il regista aveva comprato una macchina da scrivere elettrica usata, cercando di cambiarle il nastro scoprì, proprio come il protagonista-scrittore del film, che su di esso erano rimaste impresse le parole scritte dal precedente proprietario! Da notare, infine, come il soggetto, con la storia dei terreni che riportano in vita chi vi è sepolto, ricordi fin troppo da vicino quella che Stephen King proporrà ai suoi lettori alcuni anni dopo in “Cimitero vivente”; ma lo stesso Avati, in una nostra recente intervista, ha dichiarato che ritiene il tutto una pura coincidenza, non pensando affatto che King fosse venuto a conoscenza del suo film prima di scrivere “Pet Sematary”.